Gomorra, chi è Enzo Sangue Blu? I veri volti dietro i personaggi della serie

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Gomorra chi è Enzo Sangue Blu

Gomorra chi è Enzo Sangue Blu? Il giovane boss che guida la sua ‘paranza’ di soldati alla conquista di Forcella, si ispira liberamente alle vicende di Emanuele Sibillo, baby camorrista ucciso con un colpo alla schiena a soli 19 anni.

Continua la rubrica di Road Tv Italia alla scoperta dei veri volti cui sono stati ispirati i personaggi di ‘Gomorra – La Serie’, che si appresta a raggiungere la quarta stagione. Nelle prime puntate ci abbiamo raccontato le vicende di Paolo Di Lauro, alias Pietro SavastanoRaffaele Amato, il cui volto si è trasformato in quello di Salvatore Conte e Cosimo Di Lauro, le cui atmosfere cupe si specchiano in quelle di Genny Savastano.  Adesso vogliamo parlarvi di uno dei personaggi dell’ultima stagione della serie: Enzo Sangue Blu. Il baby boss portato in scena dalla splendida interpretazione di Arturo Muselli, che si ispira a una delle figure più controverse della camorra moderna: Emanuele Sibillo.

Gomorra, chi è Enzo Sangue BluBarba lunga, incolta, come un terrorista dell’Isis, ma che nascondeva una faccia da bravo ragazzo. Di quelli forse nati solo in un contesto sbagliato. Ma che se fosse cresciuto altrove sarebbe diventato un giornalista, come raccontato nel documentario andato in onda su Sky “Dio non manderà nessuno a salvarci”, e invece è stato ed è tutt’oggi ricordato come ‘ES17’. Le iniziali del suo nome e il numero 17. Quello che corrisponde alla ‘S’ nell’alfabeto. Ma anche, nella smorfia napoletana, quello della sfortuna da sconfiggere. Caduto sotto i colpi di pistola dei suoi rivali durante la cosiddetta ‘terza faida di Forcella’.

La terza faida di Forcella

Durata da fine marzo 2013 al 2 luglio 2015, ovvero proprio il giorno dell’omicidio di Emanuele Sibillo. Una guerra che ha visto contrapposti da un lato il cartello Mazzarella-Del Prete-Buonerba e dall’altra la cosiddetta ‘Paranza dei bambini’, chiamata così proprio per la giovane età dei suoi componenti. Afferente alla terza generazione dello storico clan Giuliano, affiancata proprio dai clan Sibillo, Brunetti e Amirante. Questi ultimi alleati del clan Ferraiuolo-Stolder e appoggiati esternamente dal gruppo Rinaldi di San Giovanni a Teduccio. L’obiettivo era il controllo dei rioni di Forcella, Maddalena e Duchesca.

La notte del 2 luglio 2015 in via Oronzio Costa

L’atto finale, come detto, avviene nella notte del 2 luglio 2015.  Emanuele Sibillo nel giugno di quell’anno era sfuggito

Gomorra, chi è Enzo Sangue Blu
Emanuele Sibillo portato in ospedale la notte del suo omicidio

a un blitz delle forze dell’ordine, in cui furono arrestate circa 60 persone, tra luogotenenti, killer ed estorsori. Da quel momento era diventato a tutti gli effetti un latitante, insieme con il fratello Pasquale, detto ‘Lino’. C’erano entrambi quella sera in via Oronzio Costa, a pochi passi da Forcella, per partecipare a una cosiddetta ‘stesa’. Ovvero quando, a bordo di scooter e moto, i giovani camorristi sparano in aria o contro palazzi in una particolare zona, per dimostrare chi comanda lì. Un modo per segnare il territorio. E così sarebbe dovuto essere anche allora. Ma quella notte i Buonerba lo stavano aspettando. E in una strada chiusa e troppo stretta per girare senza dover scendere dal mezzo, hanno risposto a quegli spari con il fuoco a quei bersagli che ormai erano scoperti.

Un solo colpo, tanto è bastato. Un proiettile alla schiena che ha spento la vita di Emanuele Sibillo. I cui ultimi istanti sono riportati nell’agghiacciante documentario prodotto dalla Divisione Digitale del Gruppo Gedi (Espresso), in collaborazione con 42° Parallelo e Sky. Con le videocamere di sorveglianza che riprendono una moto di grossa cilindrata arrivare al pronto soccorso dell’ospedale Loreto Mare. E due persone che trasportano in braccio un corpo. E’ quello del baby boss che a 19 anni era già uno dei più temuti della malavita napoletana. Un omicidio festeggiato dai suoi assassini, come riferito dagli inquirenti attraverso le testimonianze di alcuni pentiti, con un brindisi a bordo di un gommone partito dal Borgo di Santa Lucia due giorni dopo. “Abbiamo buttato giù quello più pesante”.

Due anni e mezzo dopo l’omicidio, il gup del Tribunale di Napoli, Paola Piccirillo, ha condannato all’ergastolo Gennaro Buonerba, Antonio Amoroso, Luigi Criscuolo e Andrea Manna.