Green Italia Campania: inserire nel Recovery Plan un progetto di resilienza del lungomare di Napoli. Maturo: intanto partiamo con il restauro del cosiddetto Molo Borbonico

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Il forte impatto emotivo causato dal crollo del moletto di via Caracciolo deve indurre ad alcune riflessioni utili per definire quali misure intraprendere per ridurre il rischio che episodi simili possano ripetersi.
In linea di massima, i temi che questa vicenda fa emergere possono essere sintetizzati in tre punti:
1. Gli eventi estremi naturali, intensificatisi con il riscaldamento globale e i conseguenti cambiamenti climatici.
2. La cura del territorio, che deve essere efficacemente garantita da chi è delegato a questo compito.
3. La tutela della memoria storica.
La violenta mareggiata ha determinato tanti danni sul lungomare ma non è la prima e non sarà l’ultima.
C’è però un fattore nuovo.
Questi eventi, a causa dei cambiamenti climatici, diverranno sempre più frequenti e violenti e, per tale motivo, è necessario individuare misure di resilienza finalizzate a proteggere il lungomare, nel rispetto delle caratteristiche paesaggistiche dei luoghi.
Certo il crollo del moletto poteva essere evitato se gli interventi fossero stati tempestivi ma i poteri amministrativi che governano la fascia costiera sono molti (Demanio Marittimo, Autorità portuale, Comune di Napoli, Soprintendenza) e la lentezza delle procedure burocratiche è nota. Logica vorrebbe che gli Enti preposti individuassero soluzioni amministrative in grado di rispondere in modo adeguato e veloce alle emergenze.
La parte crollata va ricostruita ma questa azione  deve inserirsi in un quadro complessivo mirato a ripristinare le originarie condizioni di tutto il bordo del lungomare.
La soluzione progettuale del 1870, poi realizzata, che prevedeva una forma parabolica della sezione per assorbire la spinta delle onde e respingerle in modo passivo,  non opponendo resistenza alla violenza del moto ondoso e con fori di drenaggio per l’allontanamento delle acque nello stesso tempo, è ancora oggi una risposta ingegneristica efficace.
Inoltre essa  garantisce il  “contatto” fisico e percettivo tra la città e il mare, oggi ostacolato dalle scogliere realizzate nel 1980.
Da queste riflessioni è evidente che il moletto va ripristinato ma, in parallelo, è necessario e urgente procedere al restauro architettonico di tutto il fronte mare con attenzione all’individuazione di soluzioni resilienti e coerenti con le caratteristiche architettoniche dei luoghi, da salvaguardare e valorizzare anche ripristinando le misure di pedonalizzazione.
In una prospettiva strategica, questa proposta potrebbe essere inserita tra i progetti del Comune di Napoli da candidare nell’ambito del Recovery Plan, essendo perfettamente coerente con gli obiettivi individuati dall’Unione Europea mirati alla sostenibilità ambientale e alla resilienza ai cambiamenti climatici.
Intanto mentre la burocrazia farà il suo corso – come propone Carmine Maturo portavoce nazionale di Green Italia – “si potrebbe mettere mano al restauro del cosiddetto Molo Borbonico. Si potrebbero raccogliere, mettere in sicurezza e catalogare le pietre per poi ricostruire quel pezzo di identità del lungomare napoletano, tanto caro ai napoletani, così come è emerso dai social”