Il suo addio al Napoli, consumatosi in quel modo così mediaticamente drammatico e, forse soprattutto, per andare a indossare la maglia dell’odiata rivale di sempre, la Juventus, continua a far rumore. Ma presumibilmente sarà così per sempre. E’ stato in grado di spodestare dal trono di ‘core ‘ngrato’ quel José Altafini dopo 40 anni. A ulteriore testimonianza di quanto il rancore sia lungo a durare dalle parti del Vesuvio. Parliamo, ovviamente, di Gonzalo Higuain. Che oggi non indossa più il bianconero, cacciato, allontanato, scaricato se si vuole usare una serie di eufemismi, dalla ‘Vecchia Signora’. Che aveva scelto in tempi non sospetti di puntare tutto su Cristiano Ronaldo.
“No ma è colpa di tutti noi, non sua… Lavezzi si è lasciato male, Cavani idem, con Sarri in panchina è stato contattato un altro allenatore, e con me si è preso 94 milioni (90, ndr). Tutti hanno problemi con lui e la gente insulta gli altri. Io con i tifosi del Napoli non ho nulla da dire di negativo, sono stati tre anni bellissimi. Mi hanno amato e ora mi odiano. Un giorno racconterò quello che penso, ora non posso”.
Parole che fanno il paio con quel “es tu colpa” urlato al San Paolo nella sfida di Coppa Italia dell’aprile 2017. Un festeggiamento rabbioso dopo quel gol che valse l’accesso alla finale della competizione e nella cui esultanza Higuain scaricò tutta la tensione accumulata per i fischi ricevuti dal pubblico di Fuorigrotta. Che lo ha sempre accusato di essere un traditore, anzi, Il traditore per eccellenza.
E ancora il ‘Pocho’ Lavezzi: “Tornare al Napoli? C’era la possibilità, ma De Laurentiis non ha voluto. Se tornerò in Italia, non sarà al Napoli”. Non da meno Pepe Reina: “Quello del Napoli sarà ogni volta il primo risultato che chiederò perché questa città mi è entrata dentro. Sarei rimasto qui per sempre, senza di lui”.
Frasi mai troppo leggere a testimonianza di rapporti per nulla facili con chi poi è andato via. Conseguenza o causa di ciò è lasciato alla libera interpretazione, come per ogni amore che finisce, in cui ragione e torto si confondono e perdono tra le braccia, in questo caso i piedi, e le (tante) parole di chi resta e di chi parte.
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