“Ho chiuso con te”, l’ultimo avvincente romanzo di Emanuela Esposito Amato

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"Ho chiuso con te", l'ultimo avvincente romanzo di Emanuela Esposito Amato

Leggere è un toccasana per la mente, un libro è un’opportunità per ampliare le nostre prospettive, e ancor di più poi se tratta argomenti sociali di cui spesso non se ne parla abbastanza. Ecco ciò che ho pensato dopo aver letto ( e tutto d’un fiato ) “Ho chiuso con te”, l’ultimo romanzo di Emanuela Esposito Amato, edito da Edizioni Guida. Una storia legata alla vita di due gemelle di Caivano (Na) uguali fisicamente ma totalmente diverse caratterialmente. La morte violenta dei genitori segnerà per sempre le loro vite, fino ad incamminarsi verso strade diverse una volta diventate adulte: Lola inseguirà il suo sogno di diventare stilista d’alta moda a Parigi, mentre Nina resterà a Napoli impartendo lezioni di pittura e vivendo tra un eccesso e l’altro. Dopo svariati anni trascorsi nella totale indifferenza di una sorella verso l’altra, una tragica notizia costringe Lola a fare ritorno alle origini, nella sua Napoli, e da lì inizia un susseguirsi di emozioni che lasciano il lettore con il fiato sospeso. Tutto ruota attorno ad un elemento chiave, un qualcosa che si insinua come un serpente velenoso che mina e lede i rapporti umani: la manipolazione psicologica e la conseguente dipendenza affettiva, il tunnel senza uscita di qualsiasi rapporto. Come un affamato d’amore, il partner con dipendenza affettiva spesso si accontenta delle briciole e in alcune circostanze giustifica perfino i comportamenti violenti dell’altro pur di rimanere nella relazione. Le quattro voci narranti ( Lola, Nina, Alessandro, giovane avvocato in carriera e dedito alla politica, e la stessa città Caivano ) ci trascinano in una storia affascinante che oscilla tra presente e passato, senza mai annoiare il lettore, facendo emergere caratteristiche di ogni personaggio per quello che è nella realtà contrariamente a ciò che si crede, nulla è come può sembrare all’apparenza. Già, nulla è come sembra, un chiaro riferimento al concetto delle “maschere pirandelliane” voluto dall’autrice e che porta alla riflessione su ciò che siamo e ciò che facciamo trasparire di noi al mondo, siamo tutti soggetti camaleontici, capaci di indossare una maschera diversa a seconda delle circostanze in cui ci troviamo, e quindi anche il pensiero che gli altri hanno di noi è soggettivo, può non corrispondere alla realtà. Il personaggio forte della storia, Lola, riesce a togliere la maschera del bon ton parigino per rimboccarsi le maniche una volta tornata a Napoli, e per portare avanti una sorta di piano diabolico escogitato da sua sorella Nina per sostituirsi a lei, riuscendoci però solo in parte perché, pur essendo uguali fisicamente, c’è sempre un qualcosa che ci distingue!

Un plauso particolare devo farlo all’autrice, capace di stuzzicare l’appetito del lettore con dei capitoli molto brevi, una sorta di rapide scene di un film appassionante, intrigante e dalle tematiche sociali di grande rilievo quali l’amore vero, i rapporti manipolatori, il narcisismo, la violenza domestica, la ricerca della verità. Ho avuto il piacere di poter conoscere Emanuela Esposito Amato tramite piattaforme social, sono riuscito a farmi strappare anche un’intervista che ha rilasciato per i lettori di RoadTv Italia:

Emanuela Esposito Amato, scrittrice di spicco del panorama editoriale partenopeo: presentati ai nostri lettori, parlaci un po’ di te!

Sono Emanuela Esposito Amato, nata a Napoli, dove vivo ancora. La mia formazione in Lingue e Letterature Straniere Moderne mi ha portato prima a insegnare francese nei licei della città e, successivamente, a dedicarmi completamente alla scrittura. Ho trascorso periodi significativi a Parigi, dove ho approfondito i miei studi e la mia ricerca sul periodo letterario medievale. Da bambina, l’amore per la lettura mi ha aperto le porte alla scrittura. Ho seguito corsi di scrittura creativa con la Scuola Omero a Roma e la Scuola Holden a Torino, e continuo ad aggiornarmi e a studiare arricchendo così le mie competenze narrative. La mia prima pubblicazione, “Il Diario segreto di Madame B.”, è stata seguita da altre opere che hanno riscosso interesse e riconoscimenti. Il romanzo “Uno squillo per Joséphine” ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti e premi, segnando un momento importante nella mia carriera letteraria.

Recentemente, ho pubblicato “Ho chiuso con te”, il mio ultimo lavoro letterario che sta già ottenendo attenzione e apprezzamento sia dal pubblico che dalla critica. La vita a Napoli e i periodi trascorsi a Parigi hanno entrambi contribuito a formare la mia visione artistica, influenzando le tematiche e lo stile delle mie narrazioni. Le due città, con le loro atmosfere uniche e la loro ricca offerta culturale, continuano a essere fonte di ispirazione per il mio lavoro. Oltre alla letteratura, il mio interesse spazia in vari campi artistici, dal cinema alla musica, con una predilezione per la musica classica e il jazz. Considero i viaggi non solo come una forma di svago, ma come un’occasione per arricchire il mio background culturale e comprendere meglio le diverse tradizioni, inclusa la gastronomia, che trovo essere un aspetto fondamentale delle culture locali.

“Ho chiuso con te”: quando e come nasce l’ispirazione per la sua stesura? Hai avuto momenti di blocco o è stato scritto tutto d’un fiato?

Per “Ho chiuso con te”, non posso dire di aver avuto una fonte d’ispirazione precisa. Le mie storie e i personaggi tendono a manifestarsi in modo quasi surreale, facendo capolino nella mia mente prima che le idee e le trame inizino a fluire. Questo processo, piuttosto intuitivo all’inizio, si trasforma presto in un lavoro più metodico. Mi dedico alla progettazione della struttura narrativa, delineo una scaletta dettagliata e rifletto sugli snodi cruciali della storia. Questo romanzo, in particolare, si è rivelato la sfida più complessa che abbia mai affrontato. Nonostante non abbia sperimentato blocchi creativi nel senso tradizionale, la complessità della sua struttura ha richiesto un impegno notevole. Ho scelto di narrare la storia attraverso tre voci distinte, tutte alla prima persona, ciascuna con le proprie peculiarità e sfumature, il che ha imposto una cura particolare nella caratterizzazione e nell’interazione tra i personaggi. La credibilità della trama e l’incorporazione dei flashback hanno rappresentato ulteriori sfide. Ho voluto esplorare l’infanzia delle due protagoniste femminili, Nina e Lola, inserendo ricordi del loro passato in modo organico alla narrazione. Caivano, un comune dell’hinterland napoletano, assume qui un ruolo quasi di narratore, fungendo da sfondo vivente che rivela e custodisce gli eventi chiave e i segreti del passato delle protagoniste. Questa scelta ha permesso di radicare profondamente la storia nel suo contesto, conferendo al luogo un ruolo attivo nel disvelare la trama. La stesura di “Ho chiuso con te” è stata quindi un processo articolato, che ha richiesto un equilibrio tra ispirazione spontanea e rigorosa pianificazione strutturale. Il risultato è un romanzo che spero sia al tempo stesso coinvolgente e tecnicamente solido, capace di trasportare i lettori nel cuore pulsante delle vite dei suoi personaggi e del luogo che ne costituisce l’essenza.

Il racconto è ambientato tra Napoli e Parigi, ma con cenni anche a Caivano, città tristemente nota alle cronache per episodi di degrado sociale: come mai questa scelta? E cosa pensi si possa fare per risollevare le sue sorti?

La scelta di far parlare anche “Caivano” nel mio libro è stata principalmente una decisione stilistica, mirata a offrire una prospettiva inconsueta. Utilizzare Caivano come voce narrante mi ha permesso di descrivere dall’esterno gli eventi accaduti durante i primi otto anni di vita delle gemelle in un contesto fortemente disgregato, sia dal punto di vista famigliare che sociale. Volevo che Caivano assumesse il ruolo non solo di sfondo per le vicende raccontate, ma anche di un vero e proprio personaggio narrante, capace di offrire una visione d’insieme sugli avvenimenti e sulle dinamiche interpersonali che si sviluppano nel corso della storia. Combattere lo stato di degrado e abbandono in un’area come Caivano, nell’hinterland napoletano, richiede un approccio sfaccettato che coinvolga diversi settori della società, dalle istituzioni locali alle comunità residenti, fino al supporto di entità nazionali. Ecco alcune strategie che, a mio avviso, potrebbero essere efficaci:

Riqualificazione Urbana: Investire in progetti di riqualificazione urbana per migliorare le infrastrutture pubbliche, rinnovare gli spazi verdi, e creare aree di aggregazione sociale. La riqualificazione di parchi, piazze, e spazi pubblici può contribuire a migliorare la qualità della vita dei residenti e a ridurre il senso di abbandono.

Educazione e Formazione: Potenziare l’offerta formativa e le opportunità educative per i giovani, con particolare attenzione alla prevenzione della dispersione scolastica e all’inclusione sociale. Programmi di formazione professionale e di apprendistato possono aiutare i giovani a trovare occupazione e a costruire un futuro migliore.

Sicurezza e Legalità: Rafforzare le misure di sicurezza attraverso una maggiore presenza delle forze dell’ordine e programmi di prevenzione del crimine. Iniziative di educazione alla legalità possono aiutare a contrastare la cultura dell’illegalità e a promuovere la partecipazione civica.

Turismo e Cultura: Valorizzare le risorse culturali, storiche, e naturalistiche del territorio attraverso la promozione del turismo sostenibile. Progetti culturali e turistici possono contribuire alla riqualificazione dell’immagine dell’area e alla sua economia.

Ogni strategia dovrebbe essere adattata alle specificità del contesto locale, tenendo conto delle esigenze e delle aspettative dei residenti. La chiave di un possibile successo, a mio parere, risiede nell’adozione di un approccio globale che integri sviluppo economico, coesione sociale, e sostenibilità ambientale.

Una delle principali tematiche del libro è il narcisismo: ecco, cos’è nell’effettivo?

Il narcisismo, nel mio libro, è intrinsecamente legato alla tematica della manipolazione. Questa connessione emerge dall’eccessiva concentrazione sull’io, caratteristica tipica del narcisismo, che spesso si traduce in comportamenti manipolativi nei confronti degli altri. Il bisogno di ammirazione e la mancanza di empatia si manifestano nel tentativo di controllare e influenzare le azioni altrui a proprio vantaggio.

Immergendomi nell’analisi del narcisismo, ho scoperto come la manipolazione possa diventare uno strumento per mantenere o accrescere il senso di superiorità del narcisista. Nel tessuto narrativo, la manipolazione si rivela una strategia per orientare le relazioni secondo i bisogni e i desideri del narcisista, spesso a detrimento del benessere altrui. Confrontarmi con il narcisismo e la manipolazione mi ha permesso di tracciare un quadro dettagliato delle dinamiche di potere all’interno delle relazioni umane. Il romanzo indaga le conseguenze di tali comportamenti sia per le vittime della manipolazione sia per i narcisisti stessi, i quali possono trovarsi in un circolo vizioso di bisogni insoddisfatti e relazioni disfunzionali. L’analisi si estende alle strategie di sopravvivenza e di resistenza messe in atto da chi si confronta con la manipolazione narcisistica, evidenziando l’importanza della consapevolezza e della resilienza nel mitigare gli effetti nocivi di tali dinamiche. In ultima analisi, il libro offre una visione approfondita su come narcisismo e manipolazione s’intreccino, influenzando significativamente il tessuto delle relazioni personali e sociali.

L’amore spesso rende ciechi, diventa terreno fertile per i manipolatori … ecco, cos’è la manipolazione affettiva? E ci sono differenze di genere del manipolatore?

Per me, la manipolazione affettiva è un fenomeno che trascende i generi, manifestandosi in relazioni di vario tipo e contesto. Consiste in un esercizio di potere sottile ma distruttivo, in cui il manipolatore sfrutta le emozioni e i sentimenti della vittima per trarne vantaggi personali, orientando decisioni o comportamenti spesso a discapito della salute emotiva e psicologica dell’altro. Questa forma di manipolazione si alimenta dell’intimità e della fiducia, pilastri dei legami affettivi, rendendo arduo per la vittima identificarla e difendersi. Il manipolatore affettivo è abile nel generare un senso di colpa nella vittima, inducendola a sentirsi responsabile per situazioni o emozioni oltre il proprio controllo. Questo senso di colpa diventa uno strumento potente per il manipolatore, poiché erode l’autostima della vittima e ne aumenta la dipendenza emotiva, rendendola più vulnerabile a future manipolazioni. La manipolazione affettiva non discrimina in base al genere: uomini e donne possono essere entrambi vittime o autori di queste dinamiche. Le tecniche manipolative, tuttavia, possono differire in base al contesto culturale e alle dinamiche di potere tra i generi, riflettendo spesso stereotipi e aspettative sociali legati al ruolo di ciascun sesso nelle relazioni.

È fondamentale riconoscere che la manipolazione affettiva può manifestarsi in svariate forme, dall’isolamento della vittima dal suo contesto sociale alla minaccia sottile di perdita di amore o sostegno, fino all’impiego di lusinghe o seduzione per ottenere conformità. A prescindere dalla sua forma, il fulcro della manipolazione affettiva risiede nell’abuso di potere e nella violazione dei confini personali, con l’intento di dominare e controllare l’altro. Superare la manipolazione affettiva richiede un processo di presa di consapevolezza e di rafforzamento della propria autostima e dei propri limiti personali. La chiave per difendersi da queste dinamiche nocive sta nell’identificare i segnali di allarme, promuovere un dialogo aperto e onesto nelle relazioni e cercare supporto esterno quando necessario.

Più di una volta viene fatto riferimento alle “maschere” di Pirandelliana memoria …

Il riferimento alle “maschere” che pervade il mio lavoro trova un’eco profonda nell’aforisma di Oscar Wilde: “Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero.” Questa osservazione si intreccia strettamente con le riflessioni di Pirandello sulla fluidità dell’identità e sul concetto di “Uno, nessuno e centomila”, sottolineando come la maschera, lungi dall’essere un semplice strumento di occultamento, possa diventare un mezzo attraverso cui la verità più intima di un individuo riesce a manifestarsi. Per me, l’uso delle maschere nel mio romanzo non è solo un omaggio alla complessità dell’essere umano delineata da Pirandello e Wilde, ma è anche una riflessione su quanto profondamente queste maschere siano radicate nel tessuto della nostra esistenza. Mi interrogo costantemente: dietro la maschera che indossiamo, c’è davvero qualcuno? E soprattutto, esiste una distinzione netta tra la maschera e il volto, o sono ormai diventati indistinguibili?

Questa indagine si rivela particolarmente pertinente nell’era contemporanea, dove le identità sono sempre più fluide e molteplici, e dove i social media e le piattaforme digitali amplificano l’uso delle maschere, permettendoci di presentare al mondo versioni di noi stessi curate e spesso idealizzate. Attraverso la mia scrittura, cerco di esplorare questi concetti, invitando i lettori a riflettere sulla natura delle maschere che indossiamo quotidianamente e sul significato profondo che esse celano. In ultima analisi, ciò che emerge è un’indagine sulla verità umana, complessa e stratificata, che si nasconde dietro la semplicità apparente della maschera.

Riesci a catturare l’attenzione del lettore in ogni singola “scena” del racconto, caricandolo di suspence … hai mai pensato di far diventare anche un film questo tuo libro?

L’idea di trasformare il mio libro in un film è un pensiero che ha attraversato la mente di molti lettori, così come la mia. Il libro è stato scritto utilizzando una tecnica di scrittura immersiva, arricchita dall’impiego di cliffhangers in numerosi capitoli, elementi che hanno contribuito a mantenere alta la tensione narrativa e a catturare l’attenzione del lettore pagina dopo pagina. La possibilità che queste storie prendano vita sullo schermo è affascinante e, in un certo senso, una progressione naturale del lavoro di un narratore. Molti lettori hanno espresso il desiderio di vedere le vicende narrate nel libro trasposte in una dimensione cinematografica, dove la suspense e l’intensità delle scene possano essere esaltate da immagini e suoni. Tuttavia, la strada che porta dalla pagina stampata al grande schermo è complessa e disseminata di sfide. Nonostante l’interesse dimostrato dai lettori e la mia apertura a tale possibilità, trasformare un libro in film richiede la convergenza di molti fattori: interesse da parte dell’industria cinematografica, accordi sui diritti d’autore, la ricerca di un team creativo in grado di interpretare fedelmente la visione originale e, non da ultimo, il finanziamento del progetto. Sono consapevole di queste complessità e, pur mantenendo la speranza che un giorno il mio libro possa ispirare una trasposizione cinematografica, continuo a concentrarmi sulla mia passione principale: la scrittura. Se il futuro dovesse riservare la sorpresa di vedere le mie narrazioni prendere vita sullo schermo, accoglierei con entusiasmo tale opportunità, consapevole dei nuovi orizzonti espressivi che essa potrebbe aprire.

Tra i vari libri che hai scritto c’è uno che ti sta particolarmente a cuore?

Ogni libro che ho scritto detiene un posto speciale nel mio cuore, poiché ciascuno rappresenta una parte di me, un frammento del mio viaggio creativo e personale. Tuttavia, se devo isolare un’esperienza che mi ha toccato profondamente, devo parlare della pubblicazione del mio primo romanzo, “Il diario segreto di Madame B.” La strada verso la pubblicazione non è stata breve né semplice. Dopo un anno e mezzo di attese, speranze e inevitabili momenti di dubbio, un editore onesto si è avvicinato a me con una proposta che non prevedeva vincoli di acquisto o di pagamento da parte mia, un’offerta rara e preziosa nel mondo editoriale. La sensazione di tenere tra le mani il frutto del mio impegno, trasformato in parole stampate su carta, è stata un’emozione indescrivibile, un misto di sollievo, eccitazione e, soprattutto, pura gioia.

“Il diario segreto di Madame B.” non è solo il mio primo lavoro pubblicato; è la conferma che la perseveranza e la passione per la scrittura possono, infine, essere ricompensate. Questo romanzo segna l’inizio della mia carriera come scrittrice professionista e simboleggia il momento in cui il mio sogno di diventare autrice si è concretizzato. Ogni volta che ripenso a quel periodo, ricordo l’intensità delle emozioni provate, una miscela di gratitudine, orgoglio e l’immenso amore per la scrittura che continua a guidarmi in ogni nuovo progetto.

Emanuela venditrice: cosa faresti per invogliare un lettore ad acquistare “Ho chiuso con te”?

Se dovessi invogliare un lettore ad acquistare “Ho chiuso con te”, inizierei sperando sinceramente che la gente ritrovi il piacere della lettura in questi tempi frenetici. Oggi, purtroppo, si legge poco, e sembra che il tempo e la voglia di immergersi in un libro siano sempre più scarsi. Questo romanzo, tuttavia, offre un’occasione unica non solo per evadere dalla realtà ma per riflettere su temi profondi e universali che toccano la vita di ognuno di noi. Per invogliare ulteriormente, direi che “Ho chiuso con te” è un libro che, attraverso la storia di personaggi vividi e realistici, esplora la capacità di superare i traumi passati e la ricerca della propria identità. Inoltre, vorrei sottolineare l’importanza di sostenere gli autori contemporanei e l’editoria di qualità. Acquistando “Ho chiuso con te”, non solo si avrà la possibilità di immergersi in una storia che mi auguro appassionante, ma si contribuirà anche a mantenere viva la cultura letteraria, permettendo agli scrittori di continuare a raccontare storie.

E, come ulteriore incentivo, aggiungerei che in ogni libro c’è un pezzo di anima dell’autore, un invito a connettersi su un piano più intimo e profondo. “Ho chiuso con te” non è solo un romanzo; è un ponte tra me e i lettori, un’opportunità per condividere esperienze, paure, gioie e speranze. Vi invito a varcare questo ponte, a lasciarvi trasportare dalla storia, a trovare, forse, un pezzo di voi stessi tra le pagine.

Ci sarà un sequel di “Ho chiuso con te”?

No, il romanzo è autoconclusivo. Ognuno interpreta il finale come desidera, e del resto penso sia abbastanza chiaro…

Progetti editoriali futuri?

Attualmente, sono immersa nello sviluppo di una nuova trama, con personaggi che iniziano a delinearsi. Questo periodo è caratterizzato da un’immersione profonda in una varietà di temi e narrazioni, supportata da un’intensa documentazione. Non posso ancora dettagliare i miei futuri progetti; tuttavia, il mio obiettivo è offrire ai lettori esperienze narrative non solo avvincenti ma anche di rilevante impatto. Aspiro a esplorare percorsi narrativi inediti, pur essendo tutto ancora in una fase embrionale. L’entusiasmo per le potenzialità ancora inesplorate guida ogni mio passo verso la creazione di storie che spero saranno sia coinvolgenti sia innovative.

Ringrazio Emanuela per la sua disponibilità e per le emozioni che ci ha donato con il suo libro. Invito i nostri lettori a poter acquistare “Ho chiuso con te” nelle migliori librerie o seguendo questo link https://www.guidaeditori.it/prodotto/ho-chiuso-con-te/

Ad maiora, Emanuela!