Il 2023 è stato dichiarato dalla Commissione europea “Anno europeo delle competenze”. Il contesto globale di mutamenti demografici, economico-sociali, sanitari e ambientali di grande rilievo, richiede infatti azioni e investimenti dedicati a potenziare e valorizzare le competenze individuali, e a favorirne il collegamento con le opportunità lavorative: con effetti pianificabili sul mercato del lavoro e sulle dinamiche socio-economiche.
La foto dello scenario italiano è nota e chiara: calo demografico endemico da decenni, invecchiamento, importante contrazione numerica delle forze di lavoro anche a causa delle migrazioni lavorative di giovani italiani verso l’estero(negli ultimi dieci anni, quasi 300 mila giovani- un problema molto serio per la tenuta sociale ed economica del Paese), tendenza insostenibile alla parità numerica tra lavoratori e pensionati.
Secondo un Report di Union Camere e Ministero del Lavoro sulle “Previsioni dei
fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine” tra 2024 e 2028, serviranno tra 630mila e 727 mila lavoratori all’anno in più, con un fabbisogno rilevante per i settori di: costruzioni, industrie metalmeccaniche, commercio e turismo, salute.
Uno dei punti chiave di questo percorso dell’ “Anno europeo delle competenze” è la valorizzazione dei talenti degli immigrati, che ormai rappresentano stabilmente in Italia più dell’8% della popolazione, il 10,3 % degli occupati presenti (oltre 2,3 milioni).Prevalentemente lavoratori e contribuenti attivi (4,3 milioni) che contribuiscono alla produzione di circa il 9% del PIL nazionale (con picchi superiori al 14% in agricoltura e nell’edilizia), che pagano tasse e contributi (con un volume complessivo di Irpef versata di 9,6 miliardi), in misura maggiore dei servizi di welfare loro dedicati, con un basso impatto sulla spesa pubblica.
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) – in linea con letteratura in materia – sottolinea,proprio nei momenti di maggiore necessità, il ruolo delle competenze lavorative dei migranti nel colmare le lacune di capacità e di manodopera, promuovendo lo sviluppo socioeconomico del paese ospitante.
Non a caso, il Governo italiano, invertendo la rotta di riduzione dei permessi per motivi di lavoro degli ultimi 10 anni,dai 69 mila permessi per il 2022 ha previsto per il triennio 2023-2025 l’ingresso di 452 mila lavoratori non comunitari.
Nel prossimo decennio secondo l’ISTAT ci sarà in Italia una decrescita annua della popolazione in età potenzialmente lavorativa (15-64 anni di età) compresa tra le 350.000 e le 500.000 unità: l’arrivo nel Paese di giovani migranti, oltre a contribuire all’aumento delle nascite, risulterebbe essere anche il modo più rapido per ristabilire un equilibrio tra le attuali e future carenze di lavoratori.
Come evidenzia il Dossier Statistico sull ‘Immigrazione (Idos) 2023, tra i cittadini stranieri – mediamente più giovani degli italiani – c’è però una bassa corrispondenza tra la qualifica e il titolo di studio, con una incidenza di mansioni di basso livello – “overqualification ” – marcatamente più elevata rispetto agli italiani, con una differenza di ben 48,5 punti percentuali (dati Eurostat 2020): uno spreco di talenti che limita le opportunità di integrazione.
Come favorire allora un afflusso mirato e una valorizzazione di competenze qualificate di migranti che assicurino al tempo stesso la loro integrazione e lo sviluppo economico del sistema Italia?
Alcuni giorni fa è stato sottoscritto un protocollo sperimentale tra la Comunità di Sant’Egidio (insieme a Federazione Chiese Evangeliche, Tavola Valdese e CEI/Caritas) e il Governo italiano per i Corridoi Lavorativi: un nuovo strumento – al di fuori del decreto flussi -per l’ingresso regolare in Italia per motivi di lavoro di migranti economici, che fuggono da fame ed estrema povertà.
Per la prima volta il modello di accoglienza e integrazione dei corridoi umanitari si applicherà a chi vuol venire a lavorare nel nostro Paese, dopo aver effettuato una formazione con Corsi di lingua italiana e di tipo professionale nel proprio paese d’origine: una qualificazione finalizzata a rispondere alla sempre più pressante richiesta di mano d’opera straniera da parte di imprese italiane, specie nei settori sociale e sanitario.
In tal modo la migrazione economica diventa realmente uno dei modi per contribuire alla ripresa economica del nostro Paese.
Questa esperienza – virtuosa e replicabile al tempo stesso – mostra come la cultura dell’inclusione e dell’integrazione sia un volano di sviluppo economico, sociale e produttivo imprescindibile, specie se accompagnata da conoscenze, formazione, solidarietà e competenze. Un investimento strategico con un ritorno sociale ed economico evidente.
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