I Dehoniani ospitano i migranti e poi li accusano di ingratitudine

Commenti paternalistici sono seguiti alla partenza senza preavviso di più di venti migranti stipati a Posillipo. Questa è ospitalità?

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Alcuni mesi fa aveva fatto discutere la decisione da parte del Comune di Napoli, in collaborazione con i Dehoniani, di ospitare un gruppo di migranti sbarcati sulle nostre coste all’interno di alcune stanze di un’aristocratica villa in località Posillipo. Oggi si viene a sapere che erano più di venti e che stamane almeno i 3/4 di questi sono andati improvvisamente e “inspiegabilmente” via.

Non si sa se questi uomini, donne e bambini, nel frattempo, fossero riusciti a divenire autosufficienti, se fossero riusciti lavorativamente a collocarsi nel territorio senza cadere nelle maglie della criminalità o del lavoro schiavile, se fossero stati arruolati nei servizi sociali per sostenere le fasce deboli che non usufruiscono dell’assistenza dovuta, se avessero avuto la possibilità di integrare, e poter spendere in autonomia, le loro alte professionalità e lauree nel tessuto produttivo locale; si preferisce invece lasciare tutto nelle mani del pressapochismo, per poter poi lasciar trasparire tra le righe dei commenti sfumature di miope disappunto e di inaccettabile paternalismo.

Tra le dichiarazioni più discutibili ricordiamo quello di padre Massimo Bellillo, superiore provinciale dei Dehoniani: “Li abbiamo accolti con amore dando loro quello di cui c’era bisogno. Non è bastato, forse avevano già altre idee per il futuro”.

Non si può esagerare la spocchia e il tono smargiasso del sacerdote, il quale spinge ad interrogarsi su quali fossero i fini strategici con cui è stata pianificata (?) la loro ospitalità.

Cosa è l’ospitalità? Stipare dei clandestini tra quattro pareti di tufo (per quanto siano localizzate in una delle più belle location napoletane) o fornire di quegli elementi di base a degli esseri umani che sostano nella nostra terra per poter poi migrare nuovamente? Siamo certi che i nostri ospiti volessero amore cristiano e fratellanza, paternalismo e subalternità, oppure una vita migliore? Sarebbe stato più opportuno ascoltarli prima di proferire sentenze? Sarebbe stato più opportuno conoscere le loro storie e le loro aspettative prima di poter trarre, frettolosamente, conclusioni di cattivo gusto sulla loro presunta ingratitudine?

Ancora una volta fenomeni di questo genere spingono a ritenere che una riflessione pubblica e laica sull’ospitalità è necessaria e urgente. Ancor di più deve essere inaugurato, finalmente, un colto dibattito sulla questione dell’ospitalità europea a Napoli e ciò non per continuare a raccontarci menzogne ma, persino, per ritornare a immaginare un futuro nuovo per noi tutti a partire da una cultura mediterranea e ospitale.