I piccoli e grandi rischi di un tuffo in acque italiane
Meduse e Ricci i “nemici” più frequenti dei vacanzieri italiani
Nel Mar Mediterraneo salvo alcune eccezioni, di cui parleremo prossimamente, non esistono organismi marini potenzialmente pericolosi per l’uomo. Ci sono però alcune specie dotate di sistemi di difesa naturali in grado di provocare nell’uomo lesioni anche molto gravi in dipendenza del tempo di esposizione, del meccanismo di lesione e della risposta individuale del soggetto colpito.
Fra gli incidenti più frequenti ci sono le urticazioni delle Meduse, in particolare Pelagia noctiluca, una medusa molto comune nei nostri mari, presenta un cappello rossastro di circa 6 cm di diametro ed è fornita di 8 tentacoli di colore rosso vivace; di notte se spaventata, la pelagia emana una caratteristica luce violacea; e la Physalia physalis altra medusa presente sia nel Mediterraneo che nell’Oceano Atlantico e comunemente chiamata Caravella portoghese per la sua forma che ricorda vagamente un piccolo veliero. La caravella appare come una grossa vescica azzurra, gonfia di gas, che galleggia in superficie e dalla quale pendono in acqua lunghi e sottili tentacoli
In certi periodi si concentrano in grosse quantità nelle acque costiere spinte dalle correnti, ma sono in realtà gli esemplari isolati e inaspettati che vengono più inavvertitamente urtati in acqua.
Il vestire una maglietta o una muta riduce ovviamente di molto il rischio di entrarci in contatto.
Ecco cosa fare se siete urticati da una medusa:
- sciacquare con acqua di mare la parte colpita;
- rimuovere, proteggendovi le mani, eventuali tentacoli aderenti alla pelle, solo dopo accurato accertamento dell’assenza di nematocisti sulla cute dell’infortunato è consigliato applicare pomate o creme.
- Cospargete abbondantemente con alcool denaturato o, ancor meglio, aceto.
Nei casi più lievi eliminerà il bruciore, altrimenti produrrà un temporaneo sollievo. Toccature con ammoniaca sono efficaci, ma anche bevande alcoliche, profumi ecc. che inattivano la tossina. - Il veleno è termolabile, quindi immergere la parte colpita in acqua molto calda, 40-50°, per almeno 15 minuti ha un ottimo effetto calmante e talora elimina quasi del tutto il bruciore.
In casi estremi si può utilizzare lo scarico di raffreddamento del motore - applicare pomate antistaminiche o cortisoniche nelle ore e giorni successivi se il bruciore dovesse perdurare o rimanifestarsi.
Ai primi posti per frequenza sono anche le punture dei Ricci di mare. Questi spinosi Echinodermi vivono fra le rocce anche a bassissima profondità. I loro aculei calcarei penetrano facilmente la carne e quasi sempre vi si spezzano, rimanendovi conficcati anche parecchi millimetri in profondità. L’estrazione con una pinzetta è il miglior rimedio, ma spesso impossibile se il frammento è troppo profondo. In questo ultimo caso, regolari pennellature di tintura di iodio, che non solo disinfettano ma anche cauterizzano la pelle, rendono col tempo più facile l’estrazione. Esistono anche specifiche pomate che facilitano l’espulsione degli aculei, ma niente che funziona efficacemente ed in fretta.
A cura di OCEANUS onlus