Intervista a Giada Cinquegrana dei Giovani per la Pace di Napoli.
Incontriamo Giada – 21 anni studentessa universitaria al terzo di Biotecnologie per la Salute – dei Giovani per la Pace, un movimento di giovani legato alla Comunità di Sant’Egidio concretamente impegnati a diffondere una cultura della pace e della solidarietà a partire dai poveri, dai bambini, dagli anziani, da chi è solo e senza una casa.
Sei appena tornata da un viaggio “speciale”. Puoi raccontarci qualcosa in proposito?
Il 30 luglio 2024, insieme a un gruppo di amici dei Giovani per la Pace di Napoli, sono arrivata a Matola, in Mozambico, al centro nutrizionale della Comunità di Sant’Egidio che garantisce cinque pasti a settimana – uno al giorno dal lunedì al venerdì – a circa 400 bambini del quartiere, in maniera del tutto gratuita. Il Centro non solo offre un supporto alimentare ma è un luogo che sostiene tantissimi bambini anche nello studio, grazie alla presenza dell’“Esclinã”, una scuola composta da tre classi dove circa 90 bambini tra i 3 e i 5 anni iniziano il loro percorso scolastico.
Cosa avete fatto lì con gli altri amici dei Giovani per la Pace?
Abbiamo proposto alle maestre del luogo – Sonia, Susanna e Paula – delle attività manuali che sviluppassero nei bambini il senso dell’IO in tutte le sue forme e la relazione di questo con l’ambiente circostante. Successivamente loro le hanno riprodotte a loro volta, testimoniando l’affetto e la cura che queste donne nutrono ogni giorno per i nostri amici più piccoli. Abbiamo poi avuto tempo per giocare e festeggiare insieme, tutti uniti a cantare e ballare insieme in un grande cerchio.
Chi avete incontrato oltre i bambini?
Durante la nostra visita, abbiamo conosciuto molte persone della Comunità e ascoltato da loro molte storie toccanti. Ad esempio al centro DREAM di Zimpeto, che ospita un laboratorio di biologia molecolare e offre assistenza a persone affette da AIDS, tubercolosi, ipertensione, diabete ed epatiti, abbiamo conosciuto Cacilda Massango. Cacilda, dopo aver scoperto di aver contratto l’HIV, è diventata attivista di “EU Dream”, movimento in difesa del diritto alla salute e all’accesso gratuito alla terapia per i malati di AIDS, bambini compresi.
Ci ha raccontato la sua storia di rinascita e di come centinaia di donne malate di AIDS, grazie alla intraprendenza e alla forza di un sogno condiviso, siano riuscite a ritrovare la vita e a dedicarla a loro volta aiutando gli altri, proprio come è accaduto a lei.
Take-home message?
Dai ragazzi della Comunità di Matola e della capitale Maputo ho imparato cosa significa realmente far parte di una grande famiglia e sentirsi fratelli, anche se distanti 8000 km; che siamo tutti sulla stessa barca e che possiamo sostenerci a vicenda solo se stiamo insieme. Ci hanno accolto con amore e profondo senso di amicizia, dandoci un forte senso di comunità che unisce tutti e che mi ha fatto sentire a casa perché questa esperienza straordinaria mi ha ricordato che anche nella nostra città di Napoli ad ogni domanda di povertà, c’è una risposta di umanità operosa della Comunità di Sant’Egidio.
In questo viaggio infatti ho ricevuto da ogni persona incontrata un dono grande e prezioso che porterò sempre con me nel servizio ai poveri a Napoli. Ogni sorriso, ogni abbraccio e ogni momento condiviso mi ha arricchito profondamente, e sono determinata a trasmettere questi valori agli altri amici di Sant’Egidio con cui svolgo la Scuola della Pace.
C’è quindi un legame profondo tra quello che hai sperimentato in Mozambico e quello che vivi quotidianamente a Napoli?
Si. Anche i bambini che seguo alla Scuola della Pace del centro storico partenopeo, proprio come quelli incontrati in Mozambico, chiedono a gran voce di essere ascoltati. Crescono infatti in un contesto difficile, fatto di violenza, povertà, emarginazione e solitudine, e noi insegniamo loro le parole e i gesti dell’amore e della speranza, in un linguaggio universale che unisce tutti e solleva dal dolore.
Me lo hanno insegnato anche i bambini della Esclinã che sono riusciti a trasmettermi quanto sia semplice amare, e che non serve avere molto per essere felici: in una realtà dove spesso non si ricevono tutte le attenzioni di cui un bambino avrebbe bisogno, anche un semplice abbraccio può bastare.
Parli dell’incontro con i poveri come occasione di speranza per il futuro……
E’ così! In questo mondo che scarta, che mette da parte la debolezza ed esalta l’egoismo, il servizio ai poveri è una profezia. Proprio a partire dalla “periferia”, ovvero dai più esclusi della società – dai bambini, a chi vive per strada, agli anziani – impariamo a cogliere e a coltivare i segni di speranza. La loro amicizia, in Africa come a Napoli e ovunque, è per noi fondamentale ed è l’esempio concreto di come questa porti frutti buoni e duraturi nel tempo.