Le umiliazioni e i falsi storici a scapito del Meridione, e della cultura millenaria di cui esso rimane custode, sembrano non avere mai fine. Questa volta la falsa rappresentazione è giunta dalle pagine di un nuovo testo scolastico, “La discussione storica” degli storici Alberto De Bernardi e Scipione Guarracino, edito dalla Bruno Mondadori, casa editrice nota per essere presente nella illustre Fascia A dell’editoria italiana.
I due autori vantano una esperienza pluriennale nelle università e nei licei italiani, eppure già nel 2001 si resero protagonisti di non poco discutibili riflessioni sulla Seconda Guerra Mondiale e sul dopoguerra italiano. Questa volta le polemiche sono scattate in seguito alle proteste di una studentessa napoletana, Camilla Russo, dell’esponente dei Verdi Francesco Borrelli e del conduttore radiofonico Gianni Simioli, i quali hanno criticato aspramente il seguente brano sulla questione meridionale, tacciato di un certo razzismo.
“(…) sul tronco di una differenza di sviluppo economico hanno preso forma una organizzazione sociale ed una identità civile profondamente diverse da quelle delle regioni centro-settentrionali. Esse sono dominate da un individualismo diffidente, nel quale gli interessi della famiglia o del clan si antepongono e, inevitabilmente, si contrappongono a quelli dello stato e della collettività nazionale. Su questo sottofondo pesano gli intrecci clientelari e la pervasività della violenza come pratica diffusa e sostanzialmente accettata per la risoluzione dei conflitti, sul cui tronco sono sorte associazioni criminali di dimensioni gigantesche“.
Parole dal lontano sapore lombrosiano e di vetusta e sconfessata legittimità scientifica. Tra le polemiche più autorevoli a questo passo sul tema della questione meridionale, riportiamo quelle di Gabriella Gribaudi e Giuseppe Galasso.
“È pazzesco e mi stupisce che studiosi di quella levatura si prestino a riproporre considerazioni ispirate ad una sorta di antropologia razzista che era in voga all’inizio del Novecento (…). La tesi del familismo amorale, poi, che fu introdotta dal sociologo Banfield nel 1958, è stata oggi ampiamente rivista. Se si vuole proprio insistere su questo tema, allora almeno si dia retta a Paul Ginsborg, che estese la categoria del familismo agli italiani tout court, non ai soli meridionali” commenta la Gribaudi. Le fa eco Galasso: “Mi sembra ci si trovi al cospetto della stanca ripetizione di quel modello del familismo amorale che alcuni superficiali sociologi ed antropologi hanno attribuito al sud e su questa via è inevitabile che si cada in semplificazioni banali, per quanto orecchiabili, che certamente non aiutano a capire i fenomeni storici complessi“.
This post was published on Gen 14, 2015 18:45
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