Il demone della paura di Loredana De Vita

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Il demone della paura

Il mondo, il tempo, non si divide in vincitori e vinti. 

Siamo tutti perdenti, tutti colpevoli, tutti puniti dei mali di cui noi stessi siamo causa. 

Semplice scaricare tutto su nemici esterni le cui armi e follia alimentiamo con la nostra indifferenza e sete di potere. 

In realtà, cè un male unico, folle e indiscriminato che si radica e che non ci si sforza abbastanza di sradicarelodio. 

La paura e l’odio di essere messi da parte costituiscono il primo scalino verso il profondo precipizio che ci ingloba senza consentire, nella corsa verso il basso, di renderci conto di dove stiamo andando e dove arriveremo, né se c’è un fondo al termine di  questa caduta… Caduta di stile, di senso, di valori, di principi e rispetto umano. 

Sul declivio dell’odio declina la metamorfosi umana rendendo l’uomo sempre più simile a un ramo secco la cui biodegradabilità contaminata non può dare vita nuova a un tempo nuovo e un mondo nuovo. 

Lo vogliamo davvero questo tempo? 

Talvolta, siamo talmente stanchi di noi stessi e della vita che non ci curiamo di innalzarla ma solo di depredarla e annientarla. 

Creiamo nemici che possano giustificare la nostra inerzia, costruiamo passo dopo passo guerre con il gusto di deresponsabilizzarci delle nostre azioni e che anzi le giustifichino. Quel nemico fuori di noi, invero, è stato nel tempo incubato dentro di noi dalla paura di perdere i privilegi acquisiti da altri per noi nella nostra storia. 

Distruggiamo ogni principio di solidarietà e umanità attribuendone la colpa a ciò che è fuori di noi senza percepire quanto di quei nemici siamo i progenitori avendo abbandonato glideali da cui ha avuto origine la nostra democrazia.

Ci abbandoniamo alla solitudine e all’isolamento, contribuendo col nostro tacito consenso alla proliferazione dei mali del mondo (purché commessi contro altri).

Non siamo, però, altrettanto consapevoli di quanto il mondo sia in realtà piccolo e di quanto facile sia per il boomerang da noi scagliato ritornarci contro e colpirci a morte. Indifesi, non perché senza armi, ma perché abbandonati alla commiserazione auto ed etero diretta, perché isolati rispetto alle scelte positive e congrue della nostra responsabilità democratica, perché riversi sul nostro pieno egoismo ma incapaci di scorgerne i segni. 

Chi salverà la nostra libertà e la nostra democrazia? 

Non le guerre, presunte o proclamate, non l’odio che dà fiato all’anima mentre riempi le tasche di molti soliti profittatori, ma la verità e il bene. 

Avere ancora la capacità di scorgere il bene e la possibilità di vivere insieme, questa è la risorsa che conduce al superamento dell’odio, più che alla vittoria perché mai tra gli uomini ci sono vincitori e vinti. 

Finché tale divisione perversa rimarrà il criterio discriminatorio tra le persone e i popoli, non ci sarà un senso né una direzione, non un tempo, non un mondo non una donna o un uomo, non creature viventi, non esseri solidali e collaboranti… solo arida sabbia contaminata.

Nella situazione drammatica in cui ci siamo condotti e nella quale perseveriamo con uno strano gusto di morte, non dovremmo avere paura di dire la verità, anzi, di più, non dovremmo avere paura di fare la verità”. Sìfare la verità”, perché la verità è viva, si agisce, respira del respiro del nostro consenso o muore nello sguardo chino, prostrato e indifferente.

Non dobbiamo essere un popolo impolverato, un popolo accecato dalla paura conformista e liberatoria che accomuna contro laltro con la presunzione di salvare la vita a costo di quella dellaltro.

Non c’è salvezza nella morte dellaltro, ma solo la nostra polvere” che si trasforma in fango e che soffoca la nostra umanità nellabbraccio di morte che accomuna gli uni agli altri.

Non è questa la morte… la morte non è nel non poter comunicare, ma nel non poter essere compresi.

Non è questa la morte… e non è questa la vita.