di Lia Aurioso
In vacanza a Forio d’Ischia, ho avuto la ventura di conoscere un uomo davvero eccentrico, un’artista naïf, ostinato e “folle” nel realizzare, durante il corso degli anni, un suo progetto scultoreo col quale ha decorato gran parte della sua casa sita sul monte Epomeo e affacciata sul panorama mozzafiato di Panza e di Punta Imperatore, seguendo il suo estro, i miti e i simboli pagani e cristiani mescolando il sacro al profano, nel tentativo di fondere arte e vita.
Dopo esserci inerpicate, io e le due care amiche che mi hanno proposto la visita, ho fatto la conoscenza di Ambrogio Castaldi, uomo gentile, anticonvenzionale nei costumi e romito nelle abitudini, un uomo in cerca di senso e risposte, che pare aver trovato nel ciclo della vita, nell’erotismo, soprattutto, che induce Adamo ed Eva a conoscere il piacere e a riprodursi aprendo la storia all’eterno dualismo male/bene – Caino/Abele da lui raffigurati simbolicamente con la sfinge e l’aquila all’interno della ex cantina di casa, trasformata in una sorta di tempio istoriato. L’ aquila svetta, in pietra bianca, anche sulla sommità della casa come a confermare la scelta dello scultore in direzione del bene e della libertà.
Dunque i riferimenti alla Bibbia, all’arte e alla cultura ellenica, e ai temi degli affreschi pompeiani della Villa dei Misteri, sono i contenuti principali delle sue opere realizzate nel tufo verde della pietra locale.
“Il suo repertorio formale e simbolico rimanda alle antiche trabeazioni dei templi indiani, alle sregolatezze manieristiche di Arcimboldi, alle tensioni erotiche dell’Arcadia, alle mitologie “quotidiane e umane” delle deità ellenistiche, insomma ad un patrimonio storico ed artistico ampio e tutto mescolato per un’invenzione fantastica, che deraglia dalla regola divenendo la regola dell’autore, il suo mondo fiabesco, forse capriccioso, un “neo rococò” povero e moderno, infine un altare a se stesso.” E’ questo il parere dell’architetto e docente d’arte, Bruno Pappalardo, da me interpellato in merito al lavoro di Castaldi.
Ambrogio è a suo modo un filosofo, un tempo bellissimo uomo, un culturista devoto al dio Eros, ricercato dalle donne e dagli uomini in visita sull’isola e che ha imparato sulla sua pelle quanto il tempo non ci voglia bene. Appassionato fotografo e creatore di set, a partire dagli anni 60, è approdato alla fine del 900 alla scultura, per assecondare l’intima necessità d’esprimersi liberamente lontano da condizionamenti censori.
Ambrogio Castaldi è stato e continua ad essere un instancabile riproduttore di antiche iconografie scultoree realizzate con la forza dei muscoli e i semplici strumenti dello scalpellino, testardo ha fortemente voluto dar vita a un suo mondo estetico, affollato di miti e simboli, di cani guardiani, di mascheroni, di falli e ventri pieni di grazia, di un altare, di foto d’arte o licenziose, memoria di un’età d’oro, di una dolce vita approdata a Ischia e rubatagli da Kronos.
Alcune sue opere adornano ville e chiesette dell’isola mentre lui continua il suo lavoro artistico, coltiva il piccolo orto e il vigneto che circondano la casa costruita a metà strada tra la vetta dell’Epomeo e un mare spettacolare, un luogo frequentato, ne sono sicura, dagli dei dell’Olimpo nelle loro avventure carnali e meditative, tra coppe di biancolella e il profumo delle ginestre.
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