Non solo smog. C’è un altro nemico invisibile che incombe sulle città: è l’inquinamento acustico. L’Italia, come riporta meteoweb, è al secondo posto dopo gli Stati Uniti nella classifica dei Paesi più ‘assordati’. Con Napoli che, dopo New York e Los Angeles, sale sul podio delle città più rumorose. E’ quanto emerge dai dati contenuti nel Consensus Paper ‘Coping with noise’, frutto di un tavolo di lavoro multidisciplinare che ha valutato e integrato con una revisione della letteratura scientifica i risultati di un’indagine Gfk Eurisko, promossa da Amplifon e condotta su 8.800 persone di 11 Paesi: Italia, Usa, Francia, Gran Bretagna, Portogallo, Belgio, Spagna, Australia, Paesi Bassi, Nuova Zelanda e Germania.
Considerando il numero di rumori sgradevoli, la frequenza e la durata dell’esposizione, è stato calcolato un ‘Indice di esposizione al rumore’ (Exposure Noise Pollution Index, Enpi). Se in media il 28% della popolazione risulta esposto a un eccesso di decibel (Enpi alto o medio-alto), prendendo in esame gli abitanti che lamentano il maggior livello di rumore (Enpi alto) gli esperti hanno stabilito che i Paese più assordati risultano gli Stati Uniti (16%) e l’Italia (10%), seguiti da Francia, Gran Bratagna e Portogallo (7%). Chiude la classifica la silenziosa e ‘compassata’ Germania (2%). Le città più rumorose sono New York (36%) e Los Angeles (24%), seguite da Napoli (15%), Parigi (10%), Londra, Bruxelles e Porto (8%). L’Italia, dunque, contende agli States il primato della rumorosità: il 29% della popolazione tricolore è troppo esposto al rumore (Enpi alto o medio-alto) e il 41% lamenta un incremento dei decibel rispetto al passato (contro una media internazionale del 34%).
Tra le grandi città italiane, Napoli (Enpi alto del 15%) è quella che si fa sentire di più, superando per intensità di decibel Roma (9%), Milano e Torino (8%). A ogni latitudine, le fonti più frequenti di rumore sono le strade (esposizione medio-alta del 33%), le conversazioni tra le persone (28%), la musica di sottofondo (25%) e il trasporto pubblico (21%). Anche bambini (18%) e vicini di casa (18%) sono considerati una fonte inesauribile di baccano, più delle sirene di emergenza (17%), di tv-radio ad alto volume (17%) e dello squillare dei telefoni (14%). Ma il nemico può attaccare anche dal cielo: il traffico aereo cittadino è considerato una fonte di disturbo sonoro dall’11% della popolazione. Zoomando sulla Penisola, alcune fonti di rumore sono più frequenti nelle città italiane che negli altri Paesi. Dopo i rumori della strada (esposizione medio-alta del 39%), musica (32%), conversazioni (30%) e trasporto pubblico (28%), spiccano il continuo squillare dei telefoni (25% contro una media internazionale del 14%) e i rumori di disturbo da parte dei vicini (25% contro 18%).
Per misurare la salute dell’udito degli abitanti delle grandi città è stato calcolato l’Hearing Index. L’indice valuta, sulla base della percezione degli intervistati, la capacità di udire correttamente una persona in un ambiente più o meno tranquillo e di tollerare un rumore di sottofondo durante una conversazione. In media il 28% della popolazione ha un Hearing Index scarso, spia di difficoltà di udito, con punte del 34% negli over 55. Quanto agli italiani, il 27% ha un basso Hearing Index, indicativo di una qualche difficoltà di udito, ma si tratta di una percentuale inferiore alla media internazionale (28%) e ben lontana dal 38% della Nuova Zelanda, dal 32% del Portogallo e dal 30% dell’Australia. L’impatto dell’inquinamento acustico sull’udito è risultato infatti particolarmente forte in Nuova Zelanda, Australia, Portogallo, Regno Unito e Belgio. I Paesi più consapevoli dei rischi legati al troppo rumore sembrano essere Portogallo (44% di alta e medio-alta conoscenza), Italia (42%), Germania (28%) e Stati Uniti (28%). Tuttavia, la consapevolezza non sembra frenare alcuni comportamenti che possono esporre l’udito a un eccesso di rumore: dalla musica ad alto volume alle discoteche, fino ai concerti.
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