Costume e Società

L’insicurezza collettiva di questi anni

L’insicurezza collettiva di questi anni

La Lega e FdI, da quando è scoppiata la pandemia, sono in continua ricerca volta a catturare i consensi elettorali di quella fetta di popolazione, non piccola, che continua a rifiutare di vaccinarsi.

Anzi, negli ultimi mesi, Salvini è ossessionato dalla concreta possibilità che FdI possa superare, al momento solo sulla base dei sondaggi, il peso elettorale della Lega. Basti pensare che la Meloni, in un recente sondaggio, ha già superato il suo alleato di destra per quanto attiene la preferenza su una eventuale nomina a capo del Governo tra gli elettori della Lega stessa e di Fratelli d’ Italia. Quindi, per Salvini è scattato una sorta di allarme rosso e le sue recenti dichiarazioni stanno lì a dimostrarlo, di fatto, in barba a una politica sanitaria volta alla tutela della salute degli italiani.
L’ altro giorno ha fatto propria una pseudo assertazione scientifica da convinto No vax, secondo la quale “le varianti nascono come reazione al vaccino” e, come era da prevedere, ha suscitato l’ immediata reazione dell’ intero mondo scientifico contro questa affermazione che non ha alcun fondamento, ma che vuole strizzare l’occhio alla platea di elettori che compongono il variegato fronte dei No vax.
Bieca strumentalità politica a parte, comunque un problema di percezione di insicurezza collettiva esiste e con la quale bisogna fare, volenti o nolenti, i conti. Ritengo che le questioni nate dal Covid a proposito del vaccino, del Green Pass, del rapporto tra vita e libertà, fra individuo e comunità, sono altamente divisive ma affondano le loro radici in un contesto condiviso: l’ insicurezza.
Pur essendo in presenza di parti che si contrappongono duramente tra loro, hanno però in comune una condizione, ovvero una acuta percezione di vulnerabilità: del corpo singolo, per quanti non vogliono essere “contaminati” dal vaccino, nonché del corpo collettivo per coloro che ritengono di poter salvare sé stessi solo nella misura in cui si costruisce una salvezza collettiva.
Questo reciproco “sentire”, questa speculare paura esistenziale conduce a una delegittimazione delle parti contrapposte, in quanto gli uni vedono gli altri come portatori di un pericolo mortale, infatti le posizioni più sfumate, moderate, dialoganti, che forniscono risposte su basi oggettive, sono minoritarie.
Il citato fenomeno divisivo esprime sostanzialmente l’ insicurezza generalizzata che ha origine non dall’ inizio della pandemia, ma che costituisce la cifra del nuovo millennio. A partire dall’ insicurezza prodotta dal terrorismo, rappresentata dall’ immagine delle Twinn Towers che crollano su sé stesse, ma non solo quelle; l’ invulnerabilità dell’ Occidente sfidata e mortificata e che non è stata riparata e garantita dalle guerre afgane e irachene che dall’ 11 settembre sono scaturite.
Infatti il terrorismo ha continuato a colpire e resta un elemento che agita il nostro immaginario e la nostra vita concreta di tutti i giorni.
La percezione di insicurezza si è aggravata, inoltre, in conseguenza della crisi economica del 2007/2013 che ha fatto platealmente venir meno le promesse della globalizzazione e dello sfrenato neoliberismo e ciò ha provocato in molti strati sociali di molti Paesi le asprezze dell’ austerità.
Tutte queste insicurezze sedimentate una dopo l’ altra nella società e nel nostro immaginario hanno significativamente corroso la fiducia che l’ Occidente ha di sé stesso e questo ha indebolito le democrazie, facendo la fortuna di populismi e sovranismi.
Ma anche “l’ età dell’ insicurezza” costituisce una storia umana e, pertanto, se ne possono attenuare le evidenze più dolorose al fine di una nuova stabilità. Certo, se il sentimento prevalente dell’ esistenza comune è l’ angoscia a causa dell’ insicurezza, il primo compito di forze politiche responsabili non è quello di alimentarla, bensì di elaborare progetti per un nuovo ordine incentrato sulla individuazione e sul superamento degli aspetti negativi del precedente ordine.

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Vincenzo Vacca

Sono un artigiano della scrittura. Provo a scrivere non per un desiderio estetizzante, ma per un bisogno di provare a sollevare dubbi. Le certezze esibite mi inquietano. Mi ritengo un uomo che fa domande e mi incuriosiscono le risposte che, in genere, non mi soddisfano.

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