Invecchiare oggi: un’opportunità di futuro per tutti

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Invecchiare oggi: un'opportunità di futuro per tutti
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Secondo le Nazioni Unite negli ultimi 50 anni l’invecchiamento della popolazione italiana è stato uno dei più rapidi tra i Paesi maggiormente sviluppati, con una quota di ultra65enni che nel 2050 ammonterà al 35,9% della popolazione totale: rispetto agli anni ’50 si vive vent’anni in più.

Un “nuovo” invecchiamento che non ha precedenti nella storia – quindi privo di modelli, riferimenti ed istruzioni d’uso – che richiederebbe anzitutto uno sforzo di maggiore comprensione di questo processo da parte di tutti rispetto alle attuali rappresentazioni piatte e riduttive.

Anzitutto la consapevolezza di una nuova evidente verità storica: secondo Laura Carstensen, direttore dello Stanford Center on Longevity, “gli anziani sono l’unica risorsa naturale in aumento sul pianeta”.

Per la società si tratta di una straordinaria opportunità da cogliere, di una risorsa inestimabile e in continua espansione, da valorizzare ed utilizzare.

Per gli anziani, di una nuova lunga fase della vita in cui poter reinventarsi e ripartire. Nel suo “L’età da inventare” Vincenzo Paglia – presidente della Pontificia accademia per la vita e attento studioso ed osservatore delle esperienze e dei bisogni delle persone anziane – ne parla come di “un periodo scandito dal tempo degli affetti, della riflessione, dal contributo offerto alla comunità, e pieno di energia e di futuro”.

L’attuale rappresentazione declinista dell’invecchiamento, focalizzata sull’aspetto di progressiva perdita di capacità (con conseguenti problemi – soprattutto di salute – da risolvere), oggi fa posto a una visione dell’invecchiamento come fase aggiuntiva di anni di vita subito dopo l’età adulta: l’età “super-adulta” come l’ha definita il sociologo Francesco Morace.

Certo nella nostra società frammentata, consumista e giovanilista, oggi osserviamo l’emarginazione e l’isolamento sociale degli anziani a causa della loro presunta minore utilità, attrattività e dinamicità. Ma al contempo assistiamo allo sviluppo di una differente longevità, con comportamenti ed aspettative più aderenti alla realtà corrente: in termini di aggiunta di anni di qualità di vita, ma anche di maggiore flessibilità di comportamento e di maggiore tempo per dedicarsi a ciò che più sta a cuore.

Il poeta Thomas Elliot scrive rispetto a questa nuova vecchiaia “I vecchi dovrebbero essere esploratori”.

Insomma dovremmo “navigare” l’invecchiamento, una realtà finalmente non standardizzata (in passato se ne parlava come di una rigida sequenza della vita in cui bisognava essenzialmente riposarsi!), bensì in continua evoluzione, come un puzzle da comporre.

Lo psichiatra Vittorino Andreoli nella sua Lettera a un vecchio, invita a pensare a questo tempo dell’esistenza – legato a nuovi stili di vita e visioni del mondo – come ad una metamorfosi di crescita e di trasformazione interiore (analoga al passaggio dall’infanzia all’adolescenza), da interpretare e vivere nel suo significato.

Oggi ad esempio andare in pensione e vivere questi venti o anche trenta anni in più dopo la pensione,  – al contrario che per i baby-boomer del passato – non significa smettere di essere persone di valore, appiattite e depotenziate.

Al contrario, attitudini corrette (alimentazione, sonno, attività fisica) e soprattutto il senso di contare, di essere utili, di avere uno scopo, di essere non soli bensì insieme agli altri, permettono agli attuali Longennials di poter vivere questo tempo con serenità e soddisfazione (secondo l’Istat è così per più dell’80% di loro), e di poter esprimere l’intelligenza emotiva e la ricchezza di sentimenti che li contraddistingue.

Molte persone in pensione o in attesa di pensione, sono disponibili – se gliene si dà l’opportunità concreta – a mettere a disposizione e a trasmettere il proprio prezioso bagaglio di esperienza, conoscenza, competenza e saggezza alle giovani generazioni. I giovani a loro volta trovano in questi nuovi anziani ascolto e comprensione: un’ancora di stabilità affettiva ed emotiva in realtà esistenziali spesso disgregate e solitudinarie.

L’incontro, l’amicizia e la solidarietà tra generazioni, ponte tra passato e futuro – come nell’esperienza di Sant’Egidio – arricchisce entrambi e può contribuire in modo significativo a dare valore alle nostre società del futuro, rendendole più inclusive, coese e pacificate.

Una buona notizia, che può aggiungere un tassello di speranza a questo nuovo anno.