Irpinia, il dolore dopo la tragedia

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Un volo di 30 metri giù per il viadotto di Acqualonga. Poi, per la maggior parte dei passeggeri che erano a bordo di quel bus maledetto, il buio. Sono 38 le vittime accertate del tragico incidente avvenuto domenica 28 luglio nel tratto autostradale tra Monteforte Irpino e Baiano, nell’avellinese. Le vittime, quasi tutte provenienti da Pozzuoli, Marano, Giugliano, si conoscevano; spesso organizzavano pellegrinaggi e gite fuori porta. Domenica sera erano di ritorno da un weekend tra le Terme di Telese e Pietralcina.

Erano le 19 circa quando il bus ha iniziato a sbandare. Ancora piuttosto confusa la dinamica dell’incidente: pare che il pullman abbia iniziato a perdere pezzi durante la corsa, come riferiscono alcuni testimoni, probabilmente a causa di un impatto con la carreggiata. Parti del sistema di trasmissione sarebbero state ritrovate a oltre un chilometro di distanza dal luogo dell’incidente. L’autista avrebbe tentato di schivare le auto in coda nel traffico dell’ora di punta, poi, perso completamente il controllo del mezzo, si sarebbe schiantato giù dal viadotto, morendo sul colpo come la maggior parte dei passeggeri adulti.

A salvarsi sono stati (inspiegabilmente) alcuni bambini. Sono storie di dolore ma anche di speranza, le loro. Usciti miracolosamente vivi da un impatto devastante. Nessuno si spiega come sia stato possibile, nemmeno i medici del Santobono, dove alcuni dei piccoli, Cristoforo, 2 anni, Francesca, 3, Arianna, 10, sono attualmente ricoverati, in lotta tra la vita e la morte. In totale si contano 19 feriti, tra quelli che erano a bordo del bus e gli automobilisti rimasti coinvolti nella terribile gimcana.

Oggi, giorno dei funerali, il Governo ha proclamato il lutto cittadino. Intanto l’inchiesta aperta dalla Procura di Avellino ha già i suoi primi indagati: si tratta dei fratelli Lametta, titolari dell’azienda di noleggio bus Mondo Travel (uno di loro, Ciro, era l’autista del mezzo). A quanto pare il bus era stato revisionato nel marzo 2013 ma risaliva al 1995. Bisognerà accertare se le condizioni del veicolo fossero ottimali oppure non idonee a un viaggio di quel tipo. L’autopsia sul corpo dell’autista invece servirà a confermare o escludere un eventuale malore, oppure l’uso di alcool o sostanze stupefacenti che avrebbero potuto causare la perdita di controllo del mezzo. Secondo quanto riferito da alcuni testimoni, tra cui anche un operatore della rete autostradale, il bus procedeva a velocità piuttosto elevata rispetto al limite di 80 km/h fissato in quel tratto, caratterizzato da una pendenza del 3% e da una ampia curva in discesa.

E si riaccendono anche le polemiche sulla pericolosità di quel tratto di autostrada maledetto, spesso teatro di incidenti: l’ultima strage nel 2003, quando a perdere la vita furono 5 persone. Proprio per questo motivo quel tratto di strada era stato ricostruito nel 2009: le travi originarie erano state demolito con l’esplosivo e ne erano state costruite di nuove. Ma a destare maggiori dubbi per il pool del procuratore Rosario Cantelmo, è  la tenuta della barriera di cemento e acciaio che delimitava il viadotto: come il bus sia riuscito a sfondarla, precipitando nella scarpata, resta di fatto un mistero. Perizie specifiche sono in corso per accertare tutti i dettagli dell’incidente, e non si esclude un possibile coinvolgimento nelle indagini di Autostrade per l’Italia e delle ditte che hanno effettuato i lavori di manutenzione, soprattutto se si considera che in quel tratto, a causa di un cantiere, era presente anche un restringimento di carreggiata che portava da due a una le corsie percorribili.

“Nella mia carriera di magistrato non ho mai visto nulla di simile”. Queste le parole del Procuratore Cantelmo dinanzi alla tragedia che ha sconvolto l’Italia intera. Un motivo in più per accelerare le indagini. Ai parenti delle vittime, straziati dal dolore, resta soltanto la speranza della verità.