I recenti Campionati Europei di Atletica Leggera di Roma 2024,con i risultati eccezionali conseguiti dal team azzurro grazie anche a tanti atleti italiani di colore, hanno mostrato inequivocabilmente come l’atletica – e più generalmente lo sport – possano superare le barriere nazionali e unire persone di diverse origini culturali.
Come riportato nel Libro bianco 2007 della Commissione europea, lo sport dovrebbe contribuire a creare una società più integrata e, per tale ragione, promuovere la partecipazione dei gruppi meno rappresentati – tra cui anche i migranti – per i quali esso può costituire un importante strumento di integrazione.
Quindi un concetto di sport che dovrebbe essere centrale nelle politiche sociali e di welfare, in quanto da un lato vettore di quell’ampio concetto di benessere che – in linea con la definizione dell’OMS -coinvolge salute fisica, psichica e spirituale. Ma che dall’altro riguarda anche la realizzazione nel contesto di vitadelle potenzialità individuali dal punto di vista relazionale e di aspettativa sociale.
Lo sport dunque sinonimo di integrazione, un mezzo attraverso il quale perseguire
l’armonia sociale; un linguaggio universale perchè, citando Nelson Mandela, “parla una lingua che tutti conoscono”.
Ben vengano allora eventi come quello di Roma che sensibilizzano dal basso su diversità, inclusione e integrazione, soprattutto riproponendoall’opinione pubblica nazionale importanti questioni circa il riconoscimento dei migranti.
Infatti, a differenza di tanti altri stati (come gli USA) dove chiunque nasca sul territorio dell’Unione e sia soggetto alla sua giurisdizione ne è automaticamente cittadino (“ius soli” automatico e senza condizioni), in Italia il diritto di cittadinanza – nonostante il dibattito in corso sulla possibilità di estendere lo ius soli ai bambini nati sul suolo italiano da genitori stranieri – è basato soprattutto sullo “iussanguinis”, ovvero trasmissione della cittadinanza ai bambini sulla base della discendenza e non del luogo di nascita.
In particolare la Campania e Napoli, almeno dagli anni ’70 in poi – come racconta dettagliatamente Francesco Dandolo nel suo bel volume “Tracce- Storia dei migranti in Campania 1970-2020”, hanno visto crescere il numero di immigrati che tendono a radicarsi sul territorio, in modo più stabile e meno temporaneo rispetto al passato; una presenza davvero eterogenea e con una maggiore incidenza sociale, legata all’aumento del rapporto numerico tra immigrati residenti (56.153, con una percentuale del 6,1% della popolazione residente al 1° gennaio 2023, secondo l’ISTAT) e popolazione locale.
Tra i migranti la comunità straniera più numerosa è quella proveniente dallo Sri Lanka (ex Ceylon) con il 26,0% di tutti i migranti residenti nel territorio, seguita dall’Ucraina (13,4%) e dalla Repubblica Popolare Cinese (8,0%). La distribuzione della popolazione straniera residente a Napoli per età e sesso al 1° gennaio 2023 mostra chiaramente come la presenza degli immigrati “ringiovanisca “ l’età media della popolazione partenopea, ormai partecipe- anche se in maniera minore – della tendenza italiana alla denatalità.
Si tratta di dati che pongono all’attenzione pubblica i problemi legati ad una integrazione ormai irrinunciabile, che per essere efficace dovrebberiuscire ad alimentare e potenziare nella società pratiche inclusive e di convivenza, basate sulla capacità di garantire ai migranti dignità umana, libertà, sicurezza, giustizia e indipendenza, per renderli cittadini davvero soddisfatti e responsabili.
Per restare in ambito sportivo è proprio in tale contesto che può essere collocata e letta proprio in Campania l’esperienza dell’Afro-Napoli United, un’associazione sportiva calcistica nata nel 2009 a Napoli da un presidente di un gruppo di imprese sociali e da due mediatori culturali senegalesi. Un club dovehanno potuto giocare atleti immigrati e italiani, creato in modo da favorire e incentivare processi di integrazione, accoglienza e riconoscimento reciproco, rendendosi allo stesso tempo fautore di messaggi culturali.
Nata nel contesto dell’evoluzione dei fenomeni migratori nell’ultimo decennio, questa esperienza mostra oggi – in un clima di crescente e irragionevole xenofobia –analogamente all’evento di Roma 2024 – come il dialogo tra culture possa essere un fattore di successo e di crescita per tutta la società. Anche nel meridione.