Il primo lockdown imposto dalla pandemia da Covid19 lo scorso marzo, ha sconvolto la vita di tutti obbligando ad una riorganizzazione delle attività lavorative in quasi tutti i settori tra i quali anche quello della scuola.
L’istituzione scolastica offre lavoro ad un’infinità di persone, con funzioni diverse ma tutte necessarie perché l’offerta formativa sia completa.
Troppo spesso, purtroppo, quando si parla di scuola lo si fa con considerazioni limitate al ruolo di dirigenti, docenti, personale ATA ignorando che le categorie coinvolte sono molte di più, basti pensare agli autisti dei pulmini, a coloro coinvolti nel servizio mensa, a tutto l’indotto delle uscite didattiche e dei corsi tenuti da personale esterno specializzato. Ognuno, nello svolgimento della propria mansione, collabora alla costruzione della società del futuro attraverso la formazione delle generazioni più giovani e, essendo un ambiente basato sulla relazione umana, è tra quelli più sconvolti dall’avvento della pandemia.
A nessuno può aver fatto piacere vivere la conversione del lavoro in presenza in quello a distanza e veder sospeso del tutto il lavoro di alcuni settori della realtà scolastica.
Lo smart working ha interessato da subito anche la scuola in tutti i suoi ordini: ogni istituto scolastico si è attivato come meglio ha saputo per non interrompere il legame con gli studenti, né per quanto riguarda l’aspetto più propriamente culturale, inteso come svolgimento dei programmi, né per quanto riguarda quello umano e relazionale la cui importanza è fuori discussione.
Purtroppo si raccolgono molti commenti che lasciano intuire quanto sia poco conosciuto e compreso lo sforzo che la pandemia ha imposto al mondo scolastico …
Troppe le polemiche di questi mesi nei confronti del mondo della scuola, troppe e forse dettate da tutta una serie di problematiche che la pandemia ha provocato; ma il “diritto alla salute” ha la priorità sugli altri, ovviamente insieme a quello dal bisogno.
E’ vero che la scuola, soprattutto per i bambini che ne frequentano gli ordini dell’obbligo, svolge anche un ruolo di sostegno alle famiglie perché di fatto solleva per alcune ore i genitori dall’accudimento dei piccoli permettendo loro di lavorare ma riflettiamo: la pandemia è come una guerra! Chi può amarla? Mentre durante la 2^ guerra mondiale furono lunghi i periodi di chiusura delle scuole ed anche quelli in cui si faceva lezione per sole due ore (nella fascia oraria in cui era limitato il rischio di bombardamenti), proprio come la guerra va affrontata nel modo meno drammatico possibile anche l’attuale pandemia e, per fortuna, la chiusura delle scuole oggi non significa interruzione totale del loro ruolo. Come sempre si deve scegliere il male minore, che è la limitazione dei contagi rispettando i distanziamenti sociali, e allora ben venga la DAD! E sia ben chiaro che questo non significa non impegnarsi perché lo Stato aumenti le possibilità di aiuti concreti alle famiglie come, per esempio, i bonus baby sitter e altri ristori puntuali.
La DAD, oltre alla tanta fatica che comporta per i docenti, come ogni cambiamento didattico radicale, per gli alunni della scuola dell’infanzia e della primaria rappresenta anche un ulteriore impegno per i genitori la cui presenza è indispensabile. In cambio però essa dà loro la possibilità di conoscere meglio limiti e punti di forza dei figli, il loro percorso di studio e delle metodologie adatte; può essere un’opportunità di crescita di conoscenza e rispetto reciproci che potrebbe facilitare la creazione di una comunità famiglia/scuola con obiettivi realmente condivisi.
Discorso diverso invece per gli adolescenti, quasi sempre più “digitalizzati di professori e genitori”, che nella dolorosa privazione della relazione interpersonale vanno invogliati a vivere un aspetto positivo della solitudine; come suggeriscono degli psicologi può spronare alla crescita dell’autostima prendendo coscienza di capacità tenute silenti.
Da alcuni anni il mondo della scuola ha riconosciuto l’esigenza di adeguarsi all’imperante diffusione del linguaggio digitale introducendo, giusto in tempo, la figura dell’animatore digitale, figura fondamentale nella realizzazione della DAD (didattica a distanza) per i vari ordini di scuola e della LEAD (legami educativi a distanza) per le scuole dell’Infanzia che sottolinea, proprio per la fascia d’età dei suoi alunni, l’importanza dell’aspetto affettivo.
L’anno scolastico 2020/21 è dunque iniziato con un’organizzazione più dettagliata sia per lo svolgimento della didattica in presenza che per quella a distanza; sembra doveroso nei confronti di chi ha lavorato e lavora ancora tanto per non negare il diritto allo studio, alla relazione con i coetanei, alla speranza di un futuro migliore.
Per conoscere tutto il lavoro che ha preceduto le lezioni a distanza la testimonianza della dottoressa Valeria Limongelli, dirigente del 33 C.D., che racconta quante energie siano state investite fin dall’inizio della pandemia da parte sua e del suo staff per mettere in moto la macchina organizzativa delle attività didattiche in piattaforma sia per la scuola primaria che per quella dell’Infanzia garantendo, fin da settembre di quest’anno scolastico, con un’alternanza di attività in sincrono ed in asincrono per 5 giorni a settimana per tutti e 2 livelli scolastici del suo Circolo Didattico.
La dottoressa Tiziana De Marino, in veste di animatrice digitale dello stesso C.D. ha pianificato sin da giugno scorso, con il team digitale, dei corsi di formazione per tutti gli insegnanti formando dei gruppi secondo le competenze di base di ciascuno. I corsi sono partiti a settembre e continueranno per tutto l’anno permettendo utili momenti di confronto tra i partecipanti. Pur confermando la mole del lavoro che ha coinvolto tutto il personale della scuola, ne sottolinea i risultati positivi: questa “full immersion nel digitale” ha favorito una crescita professionale dei docenti con ripercussioni sicuramente positive anche per il futuro in quanto il linguaggio digitale è ormai imprescindibile.
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