Non è uno slogan pubblicitario ma lo stratagemma architettato e posto in atto dalla Agenzia Entrate Riscossione in combutta con il Ministero della Giustizia e che viene denunciato da numerosi avvocati partenopei.
Il sistema è stato ben congeniato e funziona molto semplicemente in virtù dell’art.16, comma 1-bis e 1-ter, del D.P.R. n.115/2002 che ha previsto la facoltà in favore del cittadino di poter iscrivere a ruolo i procedimenti giudiziari omettendo di corrispondere l’importo del contributo unificato e prenotandolo a debito per poi versarlo all’esito del giudizio in fase di esazione.
Il meccanismo che adesca il cittadino è però sostanzialmente diverso poiché la predetta norma che ha riconosciuto detta facoltà ha anche previsto che in caso di mancato versamento oltre al pagamento del contributo unificato mediante esazione vada anche elevata una sanzione pari al doppio dell’importo (il 200% del contributo unificato).
In buona sostanza il cittadino che non ha versato il c.u. all’atto della iscrizione a ruolo si troverà a dover corrispondere dopo qualche anno non solo la somma prevista per il c.u. non pagato ma anche il doppio del suo importo: per ogni singola causa il cittadino sarà tenuto a versare il triplo dell’importo del contributo unificato a distanza di un paio di anni.
Probabilmente se si fosse rivolto ad un usuraio avrebbe ottenuto un tasso nettamente inferiore rispetto al 200%.
È evidente l’ingiustizia e la incostituzionalità della norma anche in considerazione della disparità di trattamento riservata alla medesima Agenzia Entrate Riscossione che comodamente e liberamente attiva processi contro i contribuenti senza pagare il contributo unificato e senza subire la sanzione del 200%.
Il consiglio che si eleva dalla classe forense in pieno fermento dinanzi alla ennesima ingiustizia, oltre a quello di sollevare la questione di incostituzionalità del citato art. 16 che però esporrebbe il Magistrato di turno a ritorsioni come avvenuto al povero GdP di Napoli Dott. Cappiello tutt’ora vessato dai piani alti, è di impugnare le cartelle evidenziando che la norma, peraltro illegittima, impone in ogni caso agli uffici di avviare la pratica di recupero entro 30 giorni dalla iscrizione a ruolo del processo.
Detto termine di giorni 30, ritenuto sempre a vantaggio della Agenzia Entrate Riscossione non perentorio, è stato e viene tutt’oggi ampiamente violato dagli uffici che mediamente avviano la procedura di recupero anche dopo un paio di anni.
Ma non è tutto, alcuni professionisti avrebbero altresì rilevato e assodato che l’ufficio sapientemente e faziosamente procede alla emissione delle sanzioni nella misura del doppio solo ad avvenuto incasso della cartella esattoriale relativa al mancato pagamento: che interesse avrebbe ad avviare altre procedure se non vi sono spiragli di guadagno ?
Dinanzi a tale meccanismo diabolico la classe forense è compatta nel ritenere la necessità di non prestare il fianco all’Agenzia Entrate Riscossione, di contrastare la sua condotta, di sfilarle il passamontagna e di impugnare le cartelle relative al mancato pagamento dei contributi unificati sia per violazione dei termini, seppur non perentori, imposti dalla legge per l’avvio della procedura di recupero sia per la consapevolezza che una volta pagata la cartella l’ufficio successivamente, appurata la solvibilità del contribuente, procederà alla emanazione di ulteriore cartella per sanzioni ma questa volta di importo pari al doppio.
Una catena di Sant’Antonio ed una ennesima ingiustizia che metterà ulteriormente in ginocchio gli avvocati alle prese di fornire delucidazioni ai propri clienti su come possa essere possibile che per impugnare una cartella di qualche centinaio di euro senza aver disponibilità economica nonostante l’accoglimento del ricorso lo stesso contribuente si ritrovi poi un debito a ruolo pari a 3 volte l’importo del contributo unificato: Se avesse pagato direttamente ed ingiustamente l’importo della cartella avrebbe alla fine risparmiato!
Gli avvocati, o quanto meno quelli rimasti vista la profonda emorragia che colpisce la professione, vanno avanti con dignità e sperano sempre in un intervento del loro Ordine consapevoli che nonostante il cambio di guardia il risultato non pare sia cambiato.
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