di Vincenzo Vacca.
L’espressione “la cortina di ferro” veniva spesso citata qui in Occidente, dagli anni immediatamente successivi al secondo dopoguerra fino alla nomina a Presidente dell’ URSS di Michail Gorbacev, per indicare, come noto, la linea di confine sostanzialmente insuperabile in Europa tra i Paesi del blocco sovietico con quelli del blocco occidentale. Faceva parte di quelle locuzioni che davano immediatamente l’idea, in quegli anni che abbiamo alle spalle, dell’ordine mondiale dell’epoca. Un ordine mondiale basato quasi esclusivamente sulla divisione in due blocchi: Est ed Ovest. Da un lato il blocco dei Paesi comunisti dominati dall’Unione Sovietica, dall’ altro i Paesi occidentali, per lo più democratici, egemonizzati dagli Stati Uniti. Sulla base di questa divisione del mondo, ogni dinamica internazionale, comprese anche quelle interne di ciascun paese, veniva rapportata inevitabilmente, e comprensibilmente, a quella configurazione geopolitica mondiale.
Per quasi tutti gli eventi importanti si cercava di capire quale nuovo equilibrio, vero o presunto, tra i due blocchi lo avesse determinato. Quale strategia era sottesa circa la tenuta dei blocchi dominanti il mondo e/o quanto potesse essere originata da scricchiolii interni a uno dei due blocchi.
Basti pensare a tutto quello che fu detto e scritto per l’invasione dell’Ungheria nel 1956, vale a dire il timore che investì anche l’Occidente che il blocco del Patto di Varsavia potesse incrinarsi e questo avrebbe avuto un forte impatto all’interno del Patto atlantico. Poteva costituire, per un effetto domino, una messa in discussione dell’intero equilibrio mondiale.
A questo proposito, si potrebbe fare un esempio di casa nostra: il sequestro e l’ assassinio di Aldo Moro. Infatti, la sua idea di fare entrare nella maggioranza politica il Partito Comunista e magari addirittura nella compagine governativa era fortemente contrastata, anche pubblicamente, sia a Ovest che a Est, per motivi diversi, ma convergenti e cioè la tenuta dell’equilibrio tra i blocchi contrapposti. Un Partito Comunista presente in un Governo occidentale, per di più in un Paese come l’Italia che aveva una posizione particolarmente strategica rispetto al blocco sovietico, era una seria spina nel fianco per gli americani e per i sovietici, nonché per gli alleati di ciascuno di essi.
A dimostrazione di ciò, le inchieste parlamentari sul caso Moro e quelle penali hanno evidenziato, tra l’altro, in modi e in tempi diversi, una sorta di “intervento” diretto e indiretto di vari servizi segreti sia di Paesi comunisti che di quelli occidentali. E non è ancora chiara fino in fondo l’attività posta in essere durante quei giorni drammatici dai nostri servizi segreti che per questioni di alleanza internazionale si collegavano a quelli occidentali.
Per non parlare della guerra del Vietnam, completamente letta in ragione di influenze sovietiche o americane in Indocina. Una guerra che ha lacerato l’opinione pubblica occidentale, suscitando forti movimenti contrari.
Sono tutti esempi per ricordare quanto alla fine il lavoro di analisi era in qualche modo facilitato, perché gli assi portanti mondiali erano chiari. Contestati, ma chiari. Inoltre, tutti i contrasti, le contraddizioni interne ai blocchi venivano soffocati in nome del fine ultimo, la tenuta del blocco di appartenenza. E quei problemi, non affrontati adeguatamente, si ingigantivano sempre di più per tracimare inesorabilmente con la fine dei blocchi contrapposti.
Potrà apparire paradossale, e senza alcuna nostalgia, ma quella divisione internazione con due blocchi ha garantito un minimo di ordine nel caos mondiale. Un ordine ingiusto, spesso criminale. Con il crollo dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia e del Paese guida, viviamo adesso, da alcuni decenni, una situazione mondiale radicalmente cambiata e che impone chiave di lettura diverse. Si sono affacciati sulla scena mondiale con ambizioni da potenze mondiali o regionali nuovi Paesi che riempiono il vuoto lasciato dalle ex potenze mondiali. Non mi riferisco solo alla Cina, ma anche all’India, alla Turchia, a diversi Paesi arabi, e non ultimi, ai Paesi del Gruppo di Visegrad con la loro ambizione di creare una Internazionale nazionalista.
La stessa Russia di Putin, superata la fase dello scioglimento dell’URSS, sta di nuovo provando a diventare una potenza mondiale, mentre gli Stati Uniti hanno fatto la scelta di uscire da contesti internazionali difficili, già con Obama per arrivare a Trump con il suo slogan “America First” che ha definitivamente scelto una politica isolazionista che badi solo agli immediati interessi statunitensi, delegittimando tutti gli organismi internazionali: ONU, FMI, Unione Europea, OMS, etc. Per gli Stati Uniti di Trump quello che conta a livello internazionale sono solo gli accordi che di volta in volta si stipulano con specifici Paesi.
In questa nuova ed inedita situazione mondiale, ma sarebbe forse il caso di parlare di caos mondiale di non facile lettura e, quindi, di non facile individuazione di efficaci strategie volte a dare un nuovo ordine, è necessario un nuovo ordine, perché in una situazione caotica chi soccombe è sempre il Paese meno forte.
È ormai diventato banale sostenere non solo che l’Europa non è più “la fucina della storia” , ma lo stesso intero Occidente vive una forma perniciosa di declino. Questo ricolloca in una posizione diversa sia il rapporto tra Oriente e Occidente, ma anche il Nord e Sud del mondo.
Questa difficile e per tanti versi, drammatica situazione, è anche negativamente caratterizzata dalla mancanza di leadership che non è un problema che affligge solo l’Italia, ma non è esagerato dire angustia l’ intero mondo.
Le parole di Papa Francesco hanno una così vasta e profonda eco perché, oltre a venire da una persona tanto carismatica quanto apprezzata, sono pronunciate da quello che al momento è l’unico vero leader globale che intercetta i dolori e le speranze delle persone, soprattutto di quelle appartenenti ai ceti sociali deboli.
Ma tutte le questioni che ho provato sommariamente a dire non devono indurre alla passività o a pensare che l’unica forma di uscita dai problemi sia quella di ridurre il tutto a una dimensione nazionale o, per meglio dire, nazionalista. Innanzitutto, occorre essere consapevoli che occorrono Stati continentali se si vuole contare significativamente in un contesto mondiale.
Ecco perché occorre andare risolutamente verso il rafforzamento dell’Unione Europea per giungere alla creazione degli Stati Uniti d’Europa come alcuni sognatori a Ventotene pensavano. La storia ha dimostrato che non sempre i sogni rimangono in una dimensione onirica. Spesso i sogni sono diventati realtà e hanno evitato gli incubi reali.