Un principio fondamentale di uno Stato in genere, ma particolarmente di uno Stato costituzionale come il nostro è che il monopolio della forza venga esercitato dallo Stato stesso attraverso organismi deputati allo scopo. Sto parlando di Forze di polizia che, proprio perché vigilano in ordine al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, abbisognano di regolamenti tali da garantire efficienza e trasparenza. La sicurezza è un diritto fondamentale del cittadino. Una precondizione per la partecipazione alla vita civile e democratica, perché una percezione di insicurezza ingenera uno stile di vita caratterizzato dalla chiusura verso gli altri e da una richiesta di misure restrittive delle libertà personali. Il famoso scambio tra la libertà con la sicurezza. E’ un tema molto delicato che non va assolutamente banalizzato, infatti agli operatori di polizia è richiesta una determinata professionalità che è il risultato di studio, addestramento, esperienza e tanto altro. Una particolare attenzione, come giustamente deve essere, viene posta sull’uso legittimo delle armi da fuoco in dotazione, in quanto, se usate male, creano molti più danni rispetto a quelli che si vogliono evitare e/o reprimere, tenuto anche conto che nel nostro Stato, in linea con la nostra tradizione giuridica, si fa giustizia non si pratica la vendetta. Lo Stato assume su di sé la faglia che si crea nella comunità con la perpetrazione di un reato con l’intenzione di fondo della riduzione del danno.
Tutto quanto sopra esposto ha come presupposto, però, la presenza delle Forze dell’ordine. Nonostante che da varie parti si faccia notare che il numero dei reati, in valore assoluto, sia diminuito negli ultimi anni, e ciò lo si deve soprattutto al miglioramento dell’attività di polizia giudiziaria e di sicurezza, c’è una percezione diffusa tra i cittadini di insicurezza. Una sorta di continuo pericolo per se stessi, per i propri famigliari. A parere dello scrivente, queste fenomeno dipende molto dal clamore mediatico di certi efferati delitti. Spesso vengono confezionate trasmissioni televisive che, quasi in modo morboso, non risparmiano alcun dettaglio allo spettatore e con un taglio volto a vellicare i peggiori istinti.
Comunque, anche se la percezione diffusa di insicurezza non ha un riscontro nella realtà, occorre dare risposte all’opinione pubblica. Ma le risposte devono sempre rientrare in una cornice istituzionale e, quindi, rafforzando e migliorando ancora di più le Forze di polizia, nonché assicurando la certezza della pena. In realtà, quest’ultimo aspetto, in qualche modo, ha un riscontro in argomento, laddove nel provvedimento viene previsto un inasprimento delle pene per la violazione del domicilio.
A questo proposito, quello che preoccupa molto lo scrivente è la nascita e il consolidamento di un senso comune, secondo il quale, al fine di ottenere maggiore sicurezza, non ci si avvale meglio e di più della polizia, ma si fa da sé, armandosi. Al momento, questo senso comune, fa riferimento solo per difendersi nella propria abitazione, ma nulla autorizza a pensare che possa tracimare in un modo ancora più nefasto, tenuto conto anche di una certa imprenditoria politica della paura.
In questo nuovo scenario che, in sintesi, ho provato a delineare, l’Esecutivo sta approvando un provvedimento teso a dare una maggiore possibilità di “reazione” ai privati cittadini in caso di furto nella propria abitazione, facendo venire meno la proporzionalità tra offesa ricevuta e reazione alla stessa. Quest’ultima è una proporzionalità di rilevanza costituzionale, come fatto più volte presente dalla quasi totalità dei Magistrati e dei costituzionalisti. Anche se non viene detto esplicitamente, ma il messaggio implicito che questo provvedimento in cantiere lancia all’opinione pubblica è quello di provvedere da soli alla difesa della propria abitazione, sminuendo, quindi, la funzione centrale delle Forze di polizia.
Inoltre, la diffusione tra privati cittadini di armi da fuoco è da ritenersi preoccupante, in quanto una arma è sempre potenzialmente pericolosa e nulla garantisce su un uso appropriato.
Ecco perché, a parere di chi scrive, sarebbe opportuno un ripensamento da parte del Legislatore su questa materia, provando ad ascoltare i vari soggetti istituzionali che già hanno espresso profonde perplessità in merito.
A conclusione, vorrei chiarire che i suggerimenti, le critiche non presuppongono una ostilità pregiudiziale nei confronti dei Governi che di volta in volta sono in carica..
In una democrazia, non c’è un autocrate che dall’alto decide cosa è giusto e cosa è sbagliato. In una democrazia, coloro che sono investiti di una Autorità governativa ascoltano gli organismi intermedi (partiti, sindacati, movimenti, associazioni, cittadini, etc.) per poi decidere, assumendosene la responsabilità politica.
di Vincenzo Vacca