Attualità

La pace è ciò di cui abbiamo più bisogno

Da tanti angoli del mondo soffiano venti di guerra. Ucraina, Terrasanta, Siria, Sud Sudan, Mar Rosso, solo per citarne alcuni, ma sono ben 35i Paesi del mondo percorsi in questo tempo da violenza e conflitti. Una guerra mondiale a pezzi, come ha avuto ripetutamente modo di dire Papa Francesco.

Qual è l’atteggiamento dell’Europa di fronte a questa guerra globale?

I dati sono impietosi.

In Italia dal 2013, secondo Greenpeace, si è speso il 132% in più per gli armamenti, e nell’ultimo decennio- secondo il rapporto Arming Europe – le spese militari nei paesi Nato dell’Unione europea sono aumentate di quasi il 50 %, dai 145 miliardi di euro del 2014 ai 215 miliardi del 2023 (con un aumento di quasi il 10% rispetto al 2022), a scapito di altre voci di spesa. In Italia ad esempio la crescita di spese per armi tra il 2013 e il 2023 supera di gran lunga anche quelle previste per la costruzione di scuole (+3%) ed i ospedali (+33%), che frutterebbero migliaia di nuovi posti di lavoro – per l’esattezza il quadruplo – rispetto a quelli ottenuti per l’armamento.

Eppure il recente sondaggio annuale dell’Istituto di ricerca Swg mostra che nove italiani su dieci sono in disaccordo con la partecipazione alle missioni militari e Nato: 87% contro 13% (dato più alto degli ultimi quindici anni). Un dato schiacciante, in crescita da 15 anni, ma che nel 2023 ha raggiunto un record significativo; specie se letto insieme a quello che la pace è un tema prioritario per 3 italiani su 4

L’opinione pubblica, stremata da crisi belliche, economico-finanziarie, sanitarie, afferma quindi che la pace non è un’opzione astratta e buonista, bensì una necessità realista, concreta e conveniente per salvaguardare l’umanità dalla propria fine.Le ultime manifestazioni per la pace della società civile – in 100mila a Roma e di 10mila giovani a Napoli – ne sono un esempio eloquente.

Come mai allora queste istanze della società civile hanno poca risonanza?

Senz’altro i popoli sono spesso poco e male rappresentati dalle loro classi politiche, atomizzate, scollegate dalla realtà delle relazioni e capaci solo di politiche intergovernative.

In realtà esiste un continuum etico-politico tra il macroambito globale dell’umanità e il microambito di donne e uomini comuni e di cittadini ordinari, attraverso le loro azioni e le loro scelte.

Forse è proprio questo un punto decisivo: la pace non nasce da sé, non viene da sola, non scende dall’alto, ma richiede piuttosto una costruzione paziente e quotidiana di una trama fragile,da tessere personalmente e insieme.

Padre Davide Maria Turoldo nel suo “Cercate la pace” scriveva: “Non c’è nulla di più incerto, di più fragile, di più quotidiano della pace”.

C’è ad esempio una responsabilità personale e collettiva a livello individuale, familiare, sociale, nazionale e internazionale di non costruire la pace: nella mentalità ordinaria di accondiscendenza verso le ingiustizie e le povertà, nel tacere conformista e lamentoso rispetto all’aggressività sempre più diffusa nelle nostre città, nei rapporti interpersonali sempre più rarefatti e conflittuali.

Quando in una società si tollera la cultura della divisione, l’odio verso l’altro e la demonizzazione del diverso, anche se non c’è ancora la guerra, di fatto non c’è già più la pace.

E poi la pace non è mai scontata. Soprattutto in un tempo come il nostro in cui, a differenza che nel 20° secolo, sono crollate ideologie e movimenti di massa portatori di ideali assoluti, come il pacifismo; e in cui peraltro sta venendo meno la generazione della guerra, dei testimoni del male assoluto della Shoah che hanno manifestato l’orrore per la guerra e la necessità di una cultura di pace.

Il testimone ora passa a noi. Non possiamo più parlare della guerra come qualcosa di lontano, che ci è estraneo, visto che in qualche modo ci siamo tutti dentro. Viceversa la pace è ciò di cui oggi abbiamo più bisogno: questo chiama in causa anche noi, personalmente e collettivamente.

Occorre costruire con creatività, qui e subito,una nuova cultura della pace da comunicare a tanti, specie alle giovani generazioni. Come scriveva profeticamente Baumann: «La guerra si sconfigge solo se diamo ai nostri figli una cultura capace di creare strategie per la vita, per l’inclusione».

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Mario De Finis

Docente, formatore e autore di testi in ambito universitario. Credo che promuovere insieme una cultura inclusiva e di pace, ispirata da amicizia e solidarietà, possa cambiare la vita e la storia. A partire dai giovani e dai più fragili.

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