Attualità

La priorità di educare gli adulti all’empatia

I recenti casi di violenza da parte di giovanissimi interrogano le nostre società.

Lo psicoterapeuta Alberto Pellai nel suo “Allenare la vita” sostiene che il malessere degli adolescenti non risalga tanto alle pur note problematiche legate al mondo della scuola (come l’alto grado di evasione scolastica), quanto ad una patologica relazione paritetica con un mondo di adulti che si percepiscono adolescenti.

Il profilo dei sempre più numerosi “forever-young”, caratterizzato da un preoccupante disallineamento tra età anagrafica e maturità psicologica emotivo-affettiva e relazionale, mostra un comportamento contraddittorio verso i giovanissimi che stanno crescendo, con modalità sia iperprotettive che di rinuncia al compito di guida e d’indirizzo. Questo atteggiamento lascia gli adolescenti soli, orfani di amore, in preda al vuoto, spesso alle prese con una realtà solo virtuale.

L’insicurezza e la cultura narcisista delle nostre società spingono infatti gli adulti ad essere presi solo da se stessi, inseguendo il sogno onnipotente e illusorio di un corpo che non invecchia e di una bellezza eterna, al di fuori del naturale scorrere del tempo: adulti perennemente al centro della scena, presidiata come unici artefici di ogni possibile novità, senza mettersi progressivamente e “naturalmente” da parte in favore delle nuove generazioni, anzi senza lasciargli alcuna chance.

A questi adulti autocentrati manca volontà, tempo e pazienza per un ascolto curioso degli interessi e dei sogni dei giovanissimi: proprio ciò di cui hanno bisogno le nuove generazioni per sentirsi sostenute e per affrontare il mondo con maggiore fiducia nel futuro e nelle proprie capacità.

Questo protagonismo presentista adulto, peraltro penalizza fortemente la “stabilità intergenerazionale”, perché rinuncia a trasmettere agli adolescenti passione per la progettualità e desiderio di migliorare il mondo.

Matthew Coleman e David DeSteno, psicologi della Northeastern University, nel  recente articolo “Intertemporal Empathy Decline: Feeling Less Distress for Future Others’ Suffering”, hanno dimostrato che la considerazione e l’empatia verso le generazioni future sono oggi purtroppo tendenzialmente minori rispetto a quella provata verso le generazioni presenti, e rispetto ai propri benefici immediati.

Ma le attuali azioni – o inazioni – del mondo degli adulti, abituati a dare priorità alla risoluzione dei problemi attuali e personali piuttosto che al futuro di chi sta crescendo, soprattutto sono foriere di conseguenze enormi nel prossimo domani sulla qualità della vita delle generazioni future, alle prese con le molte sfide globali in corso (transizione climatica, pandemie, guerre, intelligenza artificiale).

Come ha scritto Thomas Schramme, per fornire alle giovani generazioni risorse per crescere, è indispensabile viceversa coltivare ed esercitare verso di loro un atteggiamento di empatia, a livello individuale, sociale e politico-economico.

Varrebbe la pena far fare agli adulti un percorso emotivo e di riflessione, come quello di chi visita la Mostra “Facciamo pace?! La voce dei bambini sulla guerra” – attualmente in giro per l’Italiasulle testimonianze spesso inascoltate di piccoli, che chiedono lucidamente un mondo senza guerra, indicando come realizzare la pace.

Il mondo di noi adulti ha bisogno dello sguardo nuovo dei loro occhi, capaci di vedere cose che noi non vediamo, e di inventare con audacia una nuova vita.

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Mario De Finis

Docente, formatore e autore di testi in ambito universitario. Credo che promuovere insieme una cultura inclusiva e di pace, ispirata da amicizia e solidarietà, possa cambiare la vita e la storia. A partire dai giovani e dai più fragili.

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