La scuola non è un reality, la scuola è vita
di Loredana De Vita
No, non si può tacere dinanzi alla richiesta fatta agli insegnanti di un video provino per essere assunti, come racconta sull’Espresso Galatea Vaglio mostrando il suo sconcerto che è anche il mio.
Non si può tacere perché non si sta assistendo alla parodia di un film già di per sé comico, quanto a una turpe metodologia che sporca la dignità delle persone e il valore delle istituzioni atte a servire il popolo in una democrazia, non a mortificarlo.
Una richiesta, docenti che per essere assunti devonoprodurre un breve video da inviare ai dirigenti scolastici, lascia davvero il retrogusto amaro del qualunquismo.
Possibile? Possibile che sia vero?
Un “casting for teachers”, sembra il titolo di uno show americano, ma è la nuova deriva di un governo che si esibisce nella vana riproduzione di un sé che abbia consapevolezza del proprio ruolo ma che, ancora una volta, rivela tutta la sua debolezza e ignoranza.
Non è solo un’offesa alla persona, ma una proposta indecente che settarizza e discrimina in base a non si sa bene quali principi.
Un nuovo reality in cui ci si debba esibire nell’apparire e non nella sostanza del proprio essere e del proprio credere; un nuovo spettacolo in cui la spettacolarizzazione di se stessi ha ben poco a che vedere con l’insegnamento e la formazione.
Una richiesta spudorata per un governo che vuole che la scuola resti adagiata sulla superficie, trascinata dai venti e dalle correnti del gusto e degli interessi personali più che ancorata al ruolo primario di formazione dei ragazzi.
Una richiesta che discrimina e sceglie, ancora una volta, non in base a meriti reali (perché tutto in un video può essere falsificato ed essere ogni cosa come il suo contrario), ma a indegne selezioni svuotate di nesso con la realtà dell’insegnamento e della cultura.
Ecco che si decide di riempire vasi invece di accendere fuochi (desiderio obsoleto di un Yeats ormai ridotto all’idealismo puro); ecco che ci si accinge a preparare un personale docente disposto (per necessità) al ruolo di servo del padrone che lo ha marchiato del segno della sua scelta.
Insegnare, invece, è andare contro corrente, è mostrare che esistono altre possibilità, è restituire ai ragazzi la possibilità di scegliere un senso e di non essere marionette pilotate ad uso e consumo del padrone.
La scuola non ha padroni, perché se la scuola non è libera, niente ha da offrire ai giovani che sono naturalmente in ricerca di un posto nel mondo che sapranno e vorranno costruire.
La scuola deve essere libera e non condizionata dai gusti variabili del padrone di turno; la scuola è fatta da persone e non da esseri militarizzati al comando della bacchetta del direttore ignorante che serve solo il suo ego frustrato dalla brama di un potere che non sarà mai in grado di gestire.
Che cosa si insegna ai ragazzi che osservano i propri docenti selezionati attraverso un video? Forse che la finzione o la presunzione di verità pagano? Sì. Forse che abbandonare il confronto e le idee libere è tutto un gioco di potere? Sì. Forse che vivere una realtà virtuale è più reale del reale? Sì.
Sì, perché è così che si preparano persone smarrite e senza emozioni, è così che si prepara il terreno a una dittatura di fatto e nei fatti.
Che confusione, che disprezzo per una categoria, quella dei docenti, che merita molto di più per il ruolo di estremo fondamento che la scuola dovrebbe avere in qualsiasi contesto e qualsiasi civiltà che si definisca tale, e che disprezzo anche per i ragazzi privati della possibilità di essere indirizzati alla libertà.
Dietro tutto questo c’è un progetto, in realtà: scudisciare le menti libere, costringerle all’ossequio e alla sottomissione, spargere le ceneri della loro onestà sull’oceano di ingiustizie che i “prescelti” non potranno fare finta di non vedere e di non conoscere.
Dietro tutto questo c’è la deliberata azione di porre gli uni contro gli altri sfruttando i bisogni di ciascuno invece di rispondere alle necessità di tutti.
Dietro tutto questo c’è il preciso obiettivo di imporre alla cultura l’inchino ai poteri forti perché solo esercitando il controllo sulla cultura si può tessere la camicia di forza che imprigionerà le persone legandone il pensiero all’inutilità di un servizio inchiodato al bastione dell’ignoranza