La Superlega, è chiaro a tutti, nasce per appianare i debiti accumulati dalle squadre che maggiormente si sono esposte negli ultimi anni e non soltanto, come Fiorentino Perez vuole far apparire, per i mancati introiti dovuti dalla pandemia mondiale. Il Covid ha dato la stura a quello che è un progetto sempre voluto dai grandi club. In primis da Berlusconi verso la fine del secondo millennio, cavalcato poi da altri presidenti nel corso degli anni e che aveva dato il via a quel rinnovamento che aveva fatto abbandonare la vecchia Coppa dei Campioni per far posto all’attuale Champions League.
Un progetto per far approdare più di un club dei campionati che maggiormente erano visti come traino del panorama calcistico europeo e per consentire ai club, più forti economicamente, della Premier, Liga, Bundesliga e Serie A di partecipare con più di una squadra nella competizione allora nascente.
I rischi e la limitazione della vecchia Coppa dei Campioni non garantiva la presenza dei club che maggiormente investivano in acquisti e operazione e che comportavano un grande passivo nelle stesse società che non riuscivano ad approdarci. Così si era consentito prima a due società, poi tre ed oggi anche quattro club di questi campionati di partecipare alla Champions e di ottenere introiti, dalla partecipazione e dai diritti televisivi, sempre maggiori.
Ma come si può leggere da testi universitari economici s’innesta un processo in cui gli incassi ti portano a spendere sempre di più e quando la macchina poi s’inceppa, a causa di una mancata qualificazione, ecco accumularsi anno dopo anno debiti sempre maggiori. Il principio che muove la creazione di questa Superlega è proprio questo, la garanzia di avere un introito che va al di la del merito sportivo. Si pretendono garanzie sulla partecipazione e la gestione di tutti quelli che sono gli introiti. Non voglio vedermi riconoscere una quota minima rispetto a quelli che sono gli introiti e non voglio che ci siano elementi esterni, vedi altre squadre, che non mi consentano di pianificare e godere di questi stessi introiti.
Insomma un principio di partecipazione su quello che un merito non è. Un diritto feudale acquisito nel tempo e che non consente ai “non nobili” del calcio di poterne godere. Sarebbero i “Signori del calcio” a decidere chi deve partecipare in questa competizione tenendo fuori chi non ha quella nobiltà acquisita o pari alle dodici società fondatrici della Superlega.
In tutto questo la presa di posizione della Fifa e della Uefa è stata dura e decisa, questa Lega “non sa da fare”; Ceferin ed Infantino visti come dei Don Rodrigo 3.0 a non benedire questo matrimonio, ad invocare la lealtà sportiva e il merito acquisito sul campo su cui si fonda il principio di partecipazione.
La posizione di Uefa e Fifa è chiara ma anche la verità è altrettanto evidente. Il timore di campionati senza le nobili del calcio creerebbe un crollo economico delle due federazioni internazionali. Quale appeal economico da parte di sponsor e media avrebbero la Serie A o la Premier, l’Europeo o un Mondiale, la Champions o l’EL, senza questi clubs? Poco meno che zero e queste le dodici società fondatrici lo sanno molto bene.
Per questo la loro uscita allo scoperto mira forse più ad ottenere sicuramente delle maggiori percentuali economiche e soprattutto garanzie di partecipazione dalla Uefa e dalla Fifa che solo la loro Superlega gli garantirebbero.
E’ questo forse a cui aspirano le dodici società ribelli senza alcun dubbio e lo stesso Fiorentino Perez è stato chiaro nella sua intervista. Dopo la loro uscita allo scoperto e la dura posizione di Uefa e Fifa, e di tante società calcistiche che vedrebbero scendere vertiginosamente i loro introiti sia dai campionati nazionali e internazionali, si procederà ad un accordo intorno ad un tavolo, rotondo all’occorrenza, dove i dodici cavalieri della Superlega si dovranno sedere insieme a Uefa e Fifa per dividere diversamente il denaro che viene versato nelle loro casse da sponsor e media e che provengono, alla fine della fiera, sempre dalla stesse plebe, i tifosi.
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