di Vincenzo Vacca.
La pandemia del Covid 19 sta accentuando una tendenza politica – istituzionale in corso già da diversi anni. Mi riferisco alla marginalizzazione del Parlamento con contestuale effettivo governo del Paese, in particolare nelle sue declinazioni territoriali, mediante la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ( la cosiddetta Conferenza Stato – Regioni).
Questa modalità governativa sta assumendo una tale egemonia che possiamo parlare indubbiamente di una sostanziale modifica della Costituzione materiale del Paese.
Quando si verificano queste radicali trasformazioni istituzionali di fatto nel governo di un Paese democratico, occorre suscitare una riflessione quanto più estesa possibile nell’ opinione pubblica, tra i partiti e nel vario sistema informativo della Nazione.
La giusta preoccupazione circa la seconda ondata di contagi del coronavirus, invece, mette assolutamente in secondo piano l’ attenzione verso quello che è un vulnus alla centralità del Parlamento.
Una centralità che fu solennemente scolpita dalle Madri e dai Padri della nostra Costituzione, perché il Parlamento non veniva considerato come una sorta di attendente dell’ Esecutivo, bensì il luogo principe di confronto, anche aspro, tra la varie posizioni politiche con la speranza che esse trovassero quanto più spesso possibile un punto di incontro, di mediazione. Insomma, il parlamentare, nel senso del verbo, doveva consistere anche in una capacità di contaminazione e di arricchimento volte ad approvare buone leggi, pur nella distinzione tra maggioranza e opposizione.
È sotto gli occhi di tutti che ormai da molti anni le Camere, sostanzialmente, si limitano ad approvare o meno i diversi decreti del Governo.
Addirittura, con alcuni Governi è capitato che venissero inseriti norme relative a materie diverse.
A tutto ciò, si sta aggiungendo, come accennato all’inizio, quest’altro aspetto nella conduzione del Paese: la territorializzazione della politica.
Un aumento sempre più crescente della potestà legislativa delle Regioni che trova in alcuni Presidenti di Regione una particolare accentuazione di questa tendenza.
Non sto mettendo in discussione i provvedimenti necessari per fronteggiare l’espandersi della epidemia, ma sto provando a evidenziare le modifiche fattuali al nostro ordinamento giuridico e alle questioni che sollevano nel nostro futuro prossimo.
Infatti, sia per sollecitare i giusti comportamenti individuali che per prendere le misure sociali ed economiche allo scopo di contenere i contagi, occorre individuare le attività da restringere in una ottica finalizzata a fare meno danni economici possibili.
Una operazione politica di grande importanza e che avrebbe dovuto avere come luogo “naturale” il Parlamento, ovvero il luogo rappresentativo di tutti i cittadini, indipendentemente dai luoghi territoriali di appartenenza.
Questo sarebbe stato possibile, però, con partiti strutturati e, quindi, con una dimensione sia territoriale che nazionale esprimendo in tal modo una vera ed efficace democrazia rappresentativa.
Invece, a causa della debolezza dei partiti, a tenere insieme le particolarità territoriali e le esigenze nazionali del Paese è il diretto rapporto tra il Governo e le Regioni che stabilisce in modo prioritario le linee di azioni.
È chiaro che in tutto ciò il Parlamento indietreggia sempre più, quasi rischiando una irrilevanza.
In questo inedito scenario istituzionale, possiamo senz’altro parlare di una preminenza dei territori rispetto a quella dell’unità del Paese, in quanto la sostanza della politica è gestita dai Presidenti delle Regioni (non a caso autonominatisi Governatori), al di là se siano di destra o di sinistra, perché più che l’ appartenenza partitica prevalgono le istanze economiche e sociali dei vari territori con l’evidente e conseguenziale rischio di una sorta di “cristallizzazione” dei territori.
Infatti, se la politica si trasforma integralmente in una variegata e cacofonica rivendicazione regionalistica, sostituendo definitivamente la rappresentanza politica parlamentare, si rischia seriamente che le diseguaglianze territoriali si approfondiscano ulteriormente, in quanto nel gioco politico entra a pieno titolo il peso specifico delle Regioni e non una visione unitaria del Paese che tenga conto che abbiamo ancora una questione Mezzogiorno da affrontare, pur in considerazione di tutti cambiamenti che sono avvenuti nel Sud d’Italia e che possono essere delle grosse opportunità da utilizzare.
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