L’omicidio di Saman Abbas pone stringenti interrogativi anche a noi che ci avvaliamo di maggiori libertà e di maggiore possibilità di autodeterminazione.
Si sta molto discutendo di Saman Abbas, la ragazza pakistana uccisa dai suoi familiari in Italia perché ritenuta una persona che si era allontanata e contrapposta alla cultura tribale, misogina e sessista che imperava nella sua famiglia.
La ragazza era certamente allarmata da quello che stava maturando nei suoi confronti, infatti lo aveva confidato al suo fidanzato e allo stesso tempo gli aveva chiesto di avvertire la polizia in caso non l’avesse sentita per 48 ore consecutive.
Questo non è stato sufficiente. Tant’è che è stata ugualmente assassinata stroncando il suo desiderio di vivere una vita libera, affrancata da soffocanti regole. Sulla base di quello che è successo, possiamo senz’altro parlare di un tipico femminicidio.
Saman Abbas non è l’unico caso di una frattura generazionale, ma potremmo a giusta ragione definirla una rivolta generazionale, all’interno di una famiglia, i cui componenti – assassini o conniventi – hanno sciaguratamente deciso di avere una loro congiunta morta piuttosto che libera dai loro asfissianti principii.
Si rimane annichiliti di fronte a tanta ferocia perpetrata da chi si ritiene, invece, dovrebbe assumere una funzione di protezione nei riguardi della propria discendenza. Ma l’annichilimento, l’indignazione non bastano. L’omicidio di questa ragazza pone stringenti interrogativi anche a noi che ci avvaliamo di maggiori libertà e di maggiore possibilità di autodeterminazione.
Io sono del parere che non facciamo abbastanza nei confronti di ragazze come Samam. Non si tratta solo di affrontare la questione del loro inserimento, della loro integrazione, ma anche di dare a loro la possibilità concreta di avvalersi dei nostri stessi diritti proteggendole dai loro familiari e parenti che vogliono a tutti i costi replicare modelli tribali nella nostra Europa.
Bisogna fornire a queste giovani donne degli strumenti adeguati per reagire al fine di non mettere in pericolo lo loro stessa vita.
Questo non viene sempre garantito e, comunque, non sempre in modo sistematico.
In queste odiose vicende emerge anche un altro aspetto. Vale a dire il fatto che persone come i familiari di Saman vivono da anni nel nostro Paese senza conoscere e rispettare le regole della nostra convivenza civile e democratica. Infatti, io credo che gli uomini e le donne che vengono da altri Paesi, in particolar modo da quelli in cui non vige il diritto e la democrazia, devono da subito essere portate a conoscenza delle nostre fondamentali regole.
Delle sanguinose vicende di cui stiamo parlando, la religione non ha e non deve avere alcuna rilevanza. Nel nostro Paese, tutte le religioni sono tutelate. Quello che diventa di estrema importanza è il rispetto per le nostre regole e per lo Stato di diritto. Queste cose, però, vanno insegnate a chi entra in Italia, creando le condizioni per uniformarsi alle regole della nostra democrazia.
Sono necessari, quindi, sull’esempio della Germania, processi di formazione e informazione finalizzati a conoscere i diritti e i doveri.
Una vera e propria alfabetizzazione volta alla democrazia che sia calibrata anche sull’esperienza precedente delle persone. Ne consegue una educazione alla parità tra uomo e donna che è uno dei valori fondanti della nostra civiltà moderna e democratica.
Quando si accolgono persone di altre culture, bisogna puntare con decisione alla loro vera integrazione. A questo scopo non sono da escludere anche vere e proprie battaglie culturali perché, se le donne come Saman vengono concretamente sostenute, possono esse stesse rappresentare una chiave di volta per disinnescare pulsioni integraliste. In questo modo diventerebbero le protagoniste dell’integrazione di donne e uomini.
E’ una questione cruciale e va affrontata in tempo anche per fronteggiare fenomeni di xenofobia che si alimentano anche sulla base degli episodi tribali che avvengono.
L’Europa, aprendosi al mondo, mostra i suoi valori democratici e quelli relativi al rispetto della libertà delle donne che ha faticosamente costruito nel corso dei secoli. La stragrande maggioranza di chi emigra nel nostro continente lo fa anche e soprattutto per avvalersene.
Per tante donne come Saman la strada per la libertà femminile non sarà facile e noi europei, figli di una grande storia fatta di sangue e di conquiste, non possiamo stare solo a guardare.