C’è stato un tempo, agli albori della civiltà romana, in cui alle Donne e solo alle Donne, ma più precisamente alle mogli, era vietato bere vino, per evitare la turbatio sanguinis: “VINI USUS ROMANIS MULIEBRIDUS VETITUS ERAT, QUONIAM VINUM AD IMPUDICITIAM ET MORUM INTEMPERANTIAM INDUCIT”. Una lex regia attribuita a Romolo, prevedeva fino all’uccisione della Donna adultera, o sorpresa a bere vino; nel migliore dei casi, la morte della vittima avveniva per inedia: veniva condottadalla stessa famiglia in una camera sotterranea dove venivano posti un letto, pane, acqua, latte, olio ed una fiaccola e poi veniva murata viva. Nel peggiore, come nel caso di un certo Egnazio Metenio (Plin. n. h. 14.13 e Val. Max. ex Varr. 6.3.9.), sua moglie fu uccisa per sua mano a scudisciate e lo stesso non solo fu assolto dal reato, ma fu destinatariodei complimenti personali del re, proprio Romolo.
Controllare le Donne rigorosamente, onde monitorare la riproduzione dei cittadini di Roma.
Secondo il grandissimo studioso Antonio Guarino, che cita Pierre Noailles nel suo lavoro “Pagine di Diritto romano” (Jovene, 1995), il divieto di bere vino era espressione di un tabù della femminilità, per cui come alle donne era interdetto di ricevere dentro sé una linfa vitale che non provenisse dal marito, così doveva essere loro vietato di introdurre nel proprio corpo la linfa proveniente dalla terra. Interpretazione suggestiva, questa, ma davvero credibile.
Potremmo pensare che tutto questo sia finito, che l’incubo della violenza sulle Donne, nel gestirne il corpo e le scelte sessuali sia rimastofermo ad uno dei peggiori dettati normativi della storia dell’umanità, ma – ahinoi! – non è affatto così.
Rifletteteci. Portiamoci ad oggi. Dai dibattiti e le lotte femministe di quasi sessant’anni fa, da quello slogan che si gridava nelle piazze, all’indomani dall’approvazione della legge sul divorzio prima, e sull’aborto poi, quello che recitava “Il corpo è mio e me lo gestisco io (per intenderci)”, cos’è cambiato? Semplice. Abbiamo praticamente vinto la battaglia di Pirro. Soprattutto con la questione dell’aborto; abbiamo il diritto ad abortire, ma tanti e troppi medici si dichiarano obiettori e quando pure si riesca a trovarne uno od una che non lo sia, i tempi sono lunghi e snervanti, per non parlare delle occhiatacce e dei sermoni che una Donna è costretta a subire, quando per sua scelta autonoma ed indipendente, decide di interrompere una gravidanza. Abusi a causa di giudizi morali e disservizi tecniciche spesso disorientano la Donna (che chiede soltanto di accedere ad un servizio), già nella scelta dell’ospedale cui rivolgersi! Ci sono strutture con il 100% di obiettori di coscienza e quelle con una percentuale superiore all’80% per tutte le categorie professionali (ginecologi, anestesisti, personale non medico): cosa può fare, la Donna, con il suo bel diritto ad abortire sancito per legge, quando nella realtà qualcun altro dispone del suo corpo e delle sue scelte nei fatti concreti, nella pratica quotidiana, impedendole di accedere ad un legittimo servizio?
Il “Cambiare tutto, per non cambiare niente”, di gattopardiana memoria torna a ripresentarsi come un refrain di una canzone sanremese, ogni volta che penso a queste Donne; per questo, la stessa notizia dell’ok del Consiglio di Stato alla vendita della pillola dei cinque giorni dopo, la cd. “Elle One”, aragazze che hanno meno di 18 anni e che vogliono evitare una gravidanza indesiderata, senza l’obbligo della prescrizione medica, non mi ha lasciata del tutto convinta (ammetto, sono sfiduciata). Credo che altri ostacoli si presenteranno, per le Donne, anche in questo caso. “Diritti a metà”, li chiamo io.
Dagli abusi per così dire burocratici, a quelli psicologici, il passo è breve.
Premetto che dai dati in mio possesso, tra i casi del mio studio legale, sono davvero pochissime, le relazioni extra coniugali culminate in un rapporto stabile e duraturo dopo la separazione ed ancora meno, quelle coronate da altro matrimonio. Non lo dico per destabilizzare, sia chiaro, ma i fatti parlano chiaro. Alla Donna che “tradisce”, così come alla Donna “terza incomoda” di un rapporto di coppia, le si attribuiscono gli aggettivi denigratori più disparati, tutti finalizzati allo svilimento ed alla critica sociale dell’espressione sessuale femminile, quando lontana dal codice non scritto, (certamente farcito dai concetti di etica e morale d’ispirazione religiosa). Si chiama “Slut shaming” e significa letteralmente “Umiliazione da puttana”. E’ sulla base di questi retaggi avanguardisti, che le Donne vengono schernite e colpevolizzate per i propri comportamenti sessuali: da uomini, od altre donne, che con la solita candida “bontà d’animo”giungerebbero a dubitare financo della violenza sessuale che un’altra Donna potrebbe aver subito, giustificando l’atto con il solito “se l’è cercata!”.
Valeria me l’ha raccontata così.
“Ho conosciuto G. quando sono stata assunta in ospedale; siamo stati amici e colleghi per un anno, ma abbiamo subito provato una forte attrazione reciproca, dal primo sguardo. Non avevo legami, in corso, ma lui era sposato da dieci anni ed aveva due figli. Confesso che è stato complicato gestire la nostra relazione, ma a conti fatti, si vedeva più con me, che con la moglie e la famiglia. Non gli ho mai chiesto di abbandonarli per me; non sono mai stata il tipo da romanzi rosa e non mi sono mai illusa sul nostro rapporto. Era un periodo molto intenso di lavoro e stavamo bene, insieme. Ci siamo fatti compagnia, in qualche modo. Il sesso, poi, tra noi, è sempre stato bollente e le notti insieme, quando non presi da emergenze, erano assolutamente travolgenti. Poi, una telefonata di G. da casa sua, al mio cellulare – una telefonata per così dire “hot” – seguita da alcuni messaggi e la moglie ci ha scoperti. Da quel momento è stato l’inferno. Mi ha denigrata in ogni modo; ha diffuso le immagini che mi scambiavo con suo marito tra tutti i nostri contatti in comune; ho dovuto cambiare prima il numero di cellulare e poi quello dell’utenza domestica; lei era furiosa, ha fatto più di una scenata a lavoro e sono stata costretta a chiedere il trasferimento, per evitare il licenziamento. Con G. ho interrotto subito, nonostante le sue insistenze e le sue promesse che mi lasciavano del tutto indifferente, perché non ho mai pensato ad una vita a due con lui, come ti ho detto. Non so che fine abbia fatto. Oggi vivo in un’altra città e sono felice di essere uscita da quell’incubo”.
Valeria è una Donna forte e determinata, che non solo ha vissuto sulla propria pelle atti di “Slut shaming”, ma è stata vittima di un reato gravissimo, quale quello del “Revenge porn”, introdotto nel nostro ordinamento dalla Legge n. 69 del 19 luglio 2019 (entrata in vigore il 9 agosto dello stesso anno). L’art. 10 della legge 69/2019 definita “Codice rosso”, infatti, inserisce nel nostro codice penale l’art. 612-ter: il cd. delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti. Non è certamente questa, la sede per analizzare l’articolo in questione, ma quanto detto basti, per comunicarvi che dal “revenge porn” ci si può difendere e si può ottenere Giustizia.
Diffusione di immagini e video sessualmente espliciti che avviene, secondo la pratica sessuale di web generation, anche con il consenso delle parti. Giochini erotici apparentemente senza conseguenze, ma che spiegano come siano cambiati i nostri rapporti, in questo presente permeato dalla social culture. Tantissime, le persone che utilizzano portali web creati appositamente per cercare relazioni extraconiugali (!!!) e tantissimi, i soggetti che scelgono di introdurre nelle proprie pratiche sessuali, quella dello scambio di video od immagini hot, attraverso mezzi come whatsapp, o gli stessi social network; quasi un continuum del sesso telefonico di vecchissima generazione. Il problema sta – quando si tradisce – nel non farsi beccare, però.
Me lo spiega C., che ho conosciuto scrivendo questo pezzo, raccontandomi della sua relazione extra coppia (non è sposata, ma ha un compagno), con un uomo conosciuto per caso, su TikTok.
“In tempo di pandemia mi sentivo come in trappola: non potevo uscire, lavoravo in smart-working ed il mio compagno invece, al contrario, usciva al mattino presto e rientrava tardissimo, perché era tra coloro che erano autorizzati a stare fuori per il suo lavoro. Mi sono sentita stressata e trascurata e non mi andava per niente a genio, l’idea di starmene ferma con la minaccia Covid sempre più vicina. E’ stato allora che ho scaricato un’app che mi aveva incuriosita per il suo carattere di intrattenimento divertenteed è così, con un seguirci a vicenda, che ho conosciuto L. ed è stato bellissimo”.
“Questa relazione continua?” – le chiedo io –
“Sì: ci siamo anche incontrati, siamo stati a letto insieme, ma preferiamo fare sesso a modo nostro, come abbiamo sempre fatto” – mi risponde –
“Il tuo compagno? Lo ha scoperto? Come ti senti, in questa duplice situazione?”– l’incalzo io – “Non gli faccio alcun male. Amo tantissimo, il mio compagno. L. è come una fantasia che realizzo nel concreto e non abbiamo un rapporto di esclusività. Parliamo poco delle nostre giornate, dei nostri pensieri. Ci interessa altro!” – ride –
“Non che voglia entrare nei particolari ed essere invadente, ma in cosa consiste il rapporto virtuale con L.?” – le chiedo, senza imbarazzo –
“Ci videochiamiamo, mentre… Tante foto e messaggi. E poi, con lui, ho imparato ad utilizzare il dildo. Sapessi che gran scoperta! A volte, penso che potrei fare a meno di entrambi gli uomini, oggi che ho Mr. Brown; in pratica, tradisco entrambi con lui” – mi dice, scoppiando in una risata che, confesso, contagia anche me–
C. è una “traditrice”. Una Donna che sostiene in tutta sincerità di amare il suo compagno di vita e che dopo averci provato, ad andare concretamente a letto con l’amante, ha scelto per la strada più semplice e per lei più appagante e divertente. Non sente alcun senso di colpa e si sente felice e libera, ancora oggi, dopo l’effetto pandemia che l’aveva condotta dritta verso l’affascinante sconosciuto.
Sono certa che, leggendo, starete formulando un giudizio, positivo o negativo, su C. (è pur sempre nella natura umana, farlo), ma vi invoglio a riflettere e ad andare a fondo, senza falsi moralismi, nel vostro più intimo sentire. Credo che se lo farete davvero, il pregiudizio di prima lettura cadrà come d’incanto.
Quanto siamo condizionati, dalla morale di stampo religioso, nel formulare opinioni e giudizi, sulle relazioni e sul sesso? Quanto incide, nella nostra Vita, il concetto di “peccato”? Ma cosa sarà mai, questa idea dicolpa, secondo la quale ci sarebbe un terzo, al di là ed al di sopra di noi esseri umani, pronto a puntare il dito e negare la nostra stessa natura di esseri senzienti, giudicandoci e punendoci, per il nostro diverso agire? E’ sulla base di queste idee bigotte e superate, che in tante e tanti, tra coloro che fanno una scelta di Vita diversa dalla nostra, sono costrette e costretti a subire la gogna da parte di chi si batte il petto giorno e notte e si fustiga, pur di reprimere desideri e spinte del tutto istintive e naturali, che appartengono anche a loro?
Scelte. E’ solo una questione di scelte. Non c’è peccato e non c’è reato, quando la relazione è consenziente e tra maggiorenni. E’ soltanto il ciclo della Vita e reprimerlo, nascondendolo a se stessi, prima che agli altri, nuoce gravemente alla salute. Occorre tatto e cautela, e soprattutto rispetto nei confronti del proprio compagno e della propria compagna di Vita e la sincerità credo sia fondamentale, nei rapporti, ma in sé, l’atto infedele non è, né sarà mai “peccato”; lo sono gli atti di violenza, lo sono le guerre, lo sono le cattiverie, i pregiudizi, gli stereotipi, mai il sesso e l’amore.
C. mi ha offerto su un piatto d’argento, poi, l’occasione per introdurvi un argomento cui tenevo tanto e del quale in pochi ne sussurrano (figurati parlare): il piacere femminile libero e indipendente dalla presenza di compagne o compagni. Sto parlando dei sex toys, che in tantissimi e tantissime utilizzano anche in coppia, superando qualsivoglia tabù imposto dalla nostra società del “tiro a bersaglio”. L’87% delle Donne non riesce a raggiungere l’orgasmo con la sola penetrazione, pertanto, l’aiuto di un dildo, ad esempio, può aiutarle nella realizzazione del proprio piacere. Oggi, in commercio, ve ne sono di ogni specie e fortunatamente anche i materiali con i quali sono realizzati sono di altissima qualità, a dispetto di 15-20 anni fa, quando occorreva davvero una buona dose di coraggio, nel farne utilizzo. Esplorare il proprio corpo e sperimentare, può essere buona pratica per tutte e tutti, da sole e soli, oppure in coppia. Una serie tv che ho amato moltissimo, “The bold type”, ne parla direttamente attraverso le sue protagoniste, arrivando a tante Donne, giovani e meno. Un mercato in crescita, quello dei sex toys, che invoglia anche ad investire, dati i trends. E non mi parlate di peccato, vi prego.
La storia di F. è molto intensa. Una Donna che ha visto infrangere il suo sogno di amore e famiglia e che non senza difficoltà si è rialzata, dopo la tempesta.
“Pensavo fossimo felici. Pensavo di avere accanto un uomo e non un bambino, ma dopo la nascita del nostro secondogenito, affetto da una malattia che comporta ritardo cerebrale e fisico, mi sono ritrovata sola. Mio marito mi ha lasciata con i miei figli, nel tentativo di cancellare dalla sua vista quel figlio che per me è speciale, ma che per lui rappresentava solo un fagotto di stracci e carne senza valore. Si è gettato tra le braccia di un’altra donna in un attimo e ho scoperto che ha cominciato a frequentarla dalla prima diagnosi di nostro figlio” – mi dice –
“Come stai, oggi?” –le ho chiesto, deglutendo e gettando giù un nodo alla gola –
“Tommaso (nome di fantasia, n.d.r.) fa piccoli progressi impercettibili, ma per me che sono la madre sono passi enormi che non lo porteranno alla guarigione, lo so bene, ma che gli consentiranno di essere più presente a se stesso. Per il resto, vivo sola con i miei figli e lavoro saltuariamente; grazie ad un contributo statale, riesco ad essere sostenuta da una operatrice socio sanitaria che mi aiuta nell’occuparmi di Tommaso. Sapessi quanto è difficile, oggi che è grande, portarlo in bagno e lavarlo: piccole cose che per molti appaiono di routine, quasi insignificanti, ma che per me rappresentano ostacoli alti come montagne. La mia prima figlia è iscritta all’università con profitto e spero vivamente per il suo futuro” – mi racconta sospirando, con un velo di tristezza –
“Lui? Il tuo ex?” – domando –
“Ha un’altra famiglia. Se n’è costruita una come piace a lui, come quelle del Mulino Bianco. Provvede come da sentenza del Tribunale ai miei figli, ma nulla più. Ogni tanto, si fa sentire con nostra figlia e si vedono di rado. Con Tommaso ha interrotto i rapporti; pensa che una volta, al telefono, ebbe a dirmi che non vuole vederlo nemmeno in fotografia” – risponde –
E’ difficile ascoltarla, senza provare sentimenti forti, ma continuo e le chiedo: “E tu? Come immagini il tuo futuro, F?”
“Sereno. Sai perché? Sarò anche sola, sarò anche non abbiente, ma ho il cuore che trabocca d’amore, per Tommaso e per Ornella (altro nome di fantasia, n.d.r.). Ho scelto di essere madre e sono felicissima del mio ruolo. L’unica preoccupazione è per Tommaso, quando non ci sarò più, ma m’impegnerò affinché non gli manchi alcunché. Ai miei figli ho insegnato l’Amore e non li ho mai messi contro il padre, mai, pur se si è comportato così. Sono fiduciosa, per il futuro. Sto aspettando una risposta per un lavoro e se dovesse andare bene, metterò da parte tutto il possibile, per loro che sono la mia Vita” – conclude –
“Ti auguro ogni Bene, F. Sei una Donna speciale” – le dico –
La sento sorridere e penso a quanta ricchezza abbia dentro e mi abbia donato, ma lei “sono solo una donna” – mi fa –
Ed io “Hai detto tutto”.
Il profilo del maschio alfa traditore, spesso e volentieri corre a braccetto con quello dell’immaturo ed irresponsabile. Nella storia di F., come quella di S., anche lei madre di un figlio speciale e meraviglioso, abbandonata insieme a lui da un marito afflitto da una personalista narcisista e manipolabile, il refrain è sempre lo stesso. Disagio, problematica, dolore = fuga, possibilmente con donne che – in questo caso è d’obbligo – sono interessate unicamente alla sfida ed al proprio vantaggio (larealizzazione della propria coppia), ignorando molto probabilmente del tutto l’uomo che pensano di aver conquistato. Importante è aver vinto, poi che ci si stanchi dopo due mesi chissenefrega! Queste, sono quelle donne che definisco più maschiliste degli uomini.
Lawrence Josephs (Professore di Psicologia al Gordon F. Derner Institute of Advanced Psychological Studies della Adelphi University, nello Stato di New York; psicoterapeuta familiare e di coppia a New Yorked autore, tra gli altri, di “Infedeltà”, pubblicato lo scorso anno da Raffaello Cortina Editore), sostiene che le persone che rimangono insieme per scelta e felicemente si attestano intorno al 25% considerando la specie umana nel complesso.Gli altri hanno vite di coppia che mantengono perché “non hanno alternative, magari non li vuole nessuno, hanno paura di essere scoperti, hanno istinti sessuali meno intensi”.
E’ un dato di fatto, per il prof. Josephs, davanti al quale non occorre gridare allo scandalo, ma v’è da dire solo che quando ci hanno detto “Vi sposerete, avrete figli e vivrete insieme felici e contenti”, non corrispondeva del tutto a verità. Più semplicemente, la società costruita su basi patriarcali secondo la quale ci si doveva sposare, avere una famiglia e mai separarsi, oggi può reggere solo nel Principato di Monaco. Monogamia non significa necessariamente felicitàe sono tante, le coppie che vivono forme alternative di relazione: dallenon-monogamie consensuali, allo scambismo, al poliamore; importante, come sempre, sapere che tra l’accettare una situazione alternativa imposta da un membro della coppia, ma non desiderata e lo scegliere di non cogliere le opportunità sessuali per non turbare l’altro, mortificando se stessa o se stesso ed i propri desideri, passa quella insoddisfazione che può tramutarsi in gelosia, nel primo caso ed in frustrazione, nel secondo. In entrambi i casi ci sarebbe un sacrificio: per questo, di fronte alle divergenze di opinione, è bene sedersi, parlarsi e decidere ciascuno per il proprio bene.
Nel caso in cui si stia vivendo una relazione matrimoniale, quando la coppia scoppia anche e soprattutto per infedeltà, per tanti è inevitabile il ricorso ad avvocati e psicoterapeuti.
Ma cosa prevede, il nostro ordinamento giuridico, davanti all’infedeltà matrimoniale?
Il secondo comma dell’art. 143 del codice civile è molto chiaro, in merito e fa figurare quale primo tra i reciproci doveri coniugali, proprio l’obbligo alla fedeltà. Tradotto in termini fuori dal linguaggio giuridico, “se ti sposi non puoi avere rapporti sessuali con altre/altri al di fuori del tuo coniuge”; non solo: oggi si intende che “non possono tenersi comportamenti ed atteggiamenti che possano in qualsiasi misura ledere la fiducia reciproca, l’onore e la dignità dell’altro coniuge”. E qui casca l’asino, perché la giurisprudenza, attenta ai tempi che cambiano, ha rilevato come non sia solo il tradimento fisico a comportare una violazione dell’obbligo di fedeltà, ma anche, per esempio, la ricerca di relazioni extraconiugali tramite internet.
Ma veniamo alla domanda più quotata, al mio studio, quando mi si presenta un caso di tradimento, cioè la cd. richiesta di addebito. Preciso che in caso di separazione giudiziale, l’art. 151, secondo comma, c.c. prevede che il giudice, qualora ricorrano le circostanze e ne venga fatta richiesta, possa dichiarare a quale coniuge sia addebitabile la separazione a causa del comportamento contrario ai doveri coniugali. In cosa consiste, questo “addebito”? Semplice: il fallimento della vita coniugale viene attribuito al coniuge traditore, con conseguenze patrimoniali e successorie. Tra di esse, figura l’impossibilità di attribuzione dell’assegno di mantenimento, come statuito dall’art. 156, primo comma, c.c., al coniuge responsabile della fine del matrimonio. Il coniuge può solo, purché vi siano i presupposti, ottenere il diritto agli alimenti ex art. 438 c.c., che consiste nell’attribuzione di una somma di danaro con cadenza periodica, quale strumento di sostentamento.Inoltre, ai fini successori, il medesimo perde la possibilità di godere degli stessi diritti successori del coniuge non separato, salvo il diritto ad un assegno vitalizio se al momento dell’apertura della successione godeva del diritto agli alimenti a carico del coniuge deceduto. Per richiedere l’addebito, occorre provare che prima del tradimento non sussistesse già una crisi coniugale ma, al contrario, che dall’infedeltà sia scaturita la crisi sfociata successivamente nella richiesta di separazione.
Un ulteriore aspetto sul quale si intende focalizzare l’attenzione è quello del possibile risarcimento del danno causato dalla violazione dei doveri coniugali. L’azione di risarcimento è esercitabile a prescindere dalla pronuncia di addebito in sede di separazione. Da ciò discende che, qualora il tradimento sia consumato durante la crisi coniugale e, dunque, non sia idoneo a configurare l’addebito della separazione, non si esclude comunque la possibilità che il coniuge fedifrago venga condannato al risarcimento dei danni, ben potendo tale condotta integrare un illecito.Per ottenere il risarcimento, è ovviamente necessario che la violazione dei doveri coniugali cagioni una lesione a dei diritti costituzionalmente garantiti. Non basta, ad esempio, la mera infedeltà ma essa deve concretizzarsi in una lesione dell’integrità psico-fisica. Il tradimento, come ribadito da ultimo dalla Corte di Cassazione, Sez. VI civile, nell’ordinanza n. 26383/2020, deve generare un’offesa “che superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale, in ipotesi, quello alla salute o all’onore o alla dignità”. Il risarcimento del danno, ad esempio, può essere riconosciuto a favore del coniuge tradito pubblicamente e con modalità umilianti tali da ledere la sua dignità. Un altro caso di risarcimento può rinvenirsi nel tradimento che abbia generato una lesione della salute del coniuge tradito. In tal caso, però, non basta la sussistenza di un mero turbamento per la fine del matrimonio; piuttosto, è essenziale dimostrare che l’infedeltà abbia comportato gravi ripercussioni psico-fisiche.
L’infedeltà, in Tribunale, finisce negli atti di una separazione giudiziale: lunga, costosa e stressante.
Credo sia un punto sul quale riflettere non a matrimonio compiuto, bensì molto tempo prima, se la nostra idea di coppia non coincide esattamente con quella del nostro o della nostra partner. Sono troppi, i legami matrimoniali che finiscono in Tribunale: quasi il 50% delle coppie che vive il giorno più bello tra parenti danzanti e coppe di champagne. Nessuno costringe alcuno: ricordiamocene.
“In Oriente, tra un uomo ed una donna, c’è solo Luce”, diceva Eva Green, interpretando la principessa Sibilla, ne “Le crociate” di Ridley Scott, 2005.
Non abbiate paura dei vostri sensi. E nemmeno di quell’onta del “peccato” che vi hanno insegnato esistere ed a sciacquare con l’acqua santa e sterili preghiere.
Siate leali con voi stessi e – consentitemi – con chi vi è accanto. E poi, scegliete per la vostra Vita.
A proposito di films, mi permetto di consigliarvi una mini serie che ho amato moltissimo e che figura tra i primi posti della classifica Netflix (non che ciò importi granché, ma la dice lunga sui nostri gusti, in fatto di cinematografia): “Anatomia di uno scandalo”. Non voglio spoilerare, ma c’è un mix notevole di argomenti ai quali dedicare le nostre riflessioni: il tradimento, gli abusi sulle donne, la personalità narcisistica di taluni uomini… Insomma. Se vi va, dateci un’occhiata.
In conclusione, consentitemi un piccolo, banale consiglio.
Fate attenzione, quando inviate immagini, o video a sfondo sessuale.
E qui, la storiella divertente, che funge a mo’ di sorbetto al limone di fine pasto, prima del dolce, servito – spesso – proprio ai pranzi ed alle cene di matrimonio.
Molti anni fa, in attesa dell’esito degli esami scritti per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocata, sobbalzavo ad ogni notifica del mio cellulare di vecchia generazione. Fu così, che ad un “drin” di whatsapp, mi lanciai dalla scrivania, alla mensola della libreria dove avevo appoggiato il telefonino, nel vano tentativo di distoglierlo dal mio sguardo e dalla mia disponibilità.
Quale fu, la mia sorpresa? Un’immagine, che non riuscii subito a distinguere, perché era capovolta e scura. Notai subito che il numero dal quale era arrivato il messaggio non era tra i miei in rubrica e già la cosa mi mise in modalità sospetto, dopodiché… Capii.
Chiamai il mio ragazzo, oggi mio marito e gli spiegai l’accaduto, chiedendogli di dargli un’occhiata per capire se avevo inteso bene. Inequivocabile.
Poi lo raccontai a mia madre, ma ero tra il lasciar stare e l’indagare.
Chi era? Perché mi aveva inviato quel che mi aveva inviato? Era uno scherzo? Ma i miei amici non erano di certo tra quelli che facevano di questi scherzi!
Pensa che ti ripensa (ed oggi ringrazio il tizio, perché mi tenne distratta dalla questione esami), inspirai profondamente e chiamai. Mi rispose un giovane uomo, che trovatosi di fronte un’aspirante avvocata dedita alla tutela delle Donne vittime di abusi, per poco non ci lasciava le penne al telefono. Si scusò dicendomi che aveva sbagliato numero, che sì, era diretto alla sua ragazza, che era stata l’ultima cifra a farlo cadere in errore, che la cosa non si sarebbe ripetuta più.
“Bene. Mai più” – conclusi io –
La verità, e qui lo dico senza il benché minimo tentativo di velare lamia malizia, è che avrei volentieri chiamato lei, la sua lei, per dirle…
“Credimi, ragazza mia. Non ne vale assolutamente la pena”.
Alla prossima settimana, con la vostra Lady, per l’IGTV LIVE TALK, sabato 30 aprile, intorno alle 15.30, sempre sul MIO CANALE INSTAGRAM e poi, a lunedì 2 maggio, sempre qui, sulla nostra straordinaria ROADTV ITALIA, per leggerci e riflettere insieme, su un nuovo appassionante tema.
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