di Luigi Casaretta
Come era prevedibile, la risposta cinese alla visita sull’isola di Taiwan della speaker della Camera, Nancy Pelosi, quale alto rappresentante degli Stati Uniti d’America, non si è fatta attendere. Questa mattina, 11 missili Dongfeng sono stati lanciati nell’ambito di una operazione militare di esercitazione, tenutasi non molto lontano dalle coste della piccola isola di Taiwan, repubblica ritenuta “ribelle” dalle autorità di Pechino. La conferma anche dal ministero della Difesa di Taiwan sul lancio di “diversi missili balistici” da parte dell’Esercito popolare di liberazione (Pla) a partire dalle 13.46 locali (7.46 in Italia) nelle acque nordoccidentali e sudoccidentali dell’isola che in risposta ha attivato il sistema di difesa antimissilistico. Il ministero, ha inoltre, “condannato le azioni irrazionali” della Cina che:” minacciano lo spazio e la stabilità regionali”, confermando anche l’utilizzo di altre armi da fuoco per l’esercitazione militare.
La Cina, nel frattempo, attacca il G7 su Taiwan: “Sono gli Stati Uniti che hanno provocato i guai, la crisi e che continuano ad aumentare le tensioni”, ha affermato il ministro degli Esteri Wang Yi, commentando con toni aspri il comunicato congiunto del G7 che ieri aveva chiesto a Pechino di evitare una “aggressiva attività militare” a cui ha fatto eco Peskov, il portavoce del Cremlino, che dopo la visita della speaker della Camera statunitense sull’isola contesa ha criticato gli Usa parlando di: “una visita assolutamente non necessaria e una provocazione non necessaria”.
A rientrare nello scacchiere anche il Giappone che ha un’area di influenza economica nei mari coinvolti oltreché vicina ad entrambi i contendenti e alleata degli Stati Uniti, che già ha spinto il governo giapponese ad un riarmo; i ministri degli Esteri del’Asean, i 10 Paesi del sudest asiatico (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam), hanno avvertito che la crescente situazione di tensione intorno a Taiwan potrebbe innescare “conflitti aperti”.
La condanna arriva anche dall’UE, in cui il capo della diplomazia Ue Josep Borrell ha condannato le “esercitazioni militari mirate” della Cina intorno a Taiwan, osservando che la visita della speaker della Camera americana Nancy Pelosi sull’isola non è una motivazione valida. “Non c’è alcuna giustificazione per usare una visita come pretesto per un’attività militare aggressiva nello Stretto di Taiwan”.
Ma le operazioni in mare, per i cinesi andranno avanti; l’ambiguità del governo cinese nel rapporto con la Russia e con i paesi occidentali si conferma sempre più una mina vagante dell’ordine mondiale.
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