di Roberto Braibanti
Le poche righe di oggi ve le scrivo da Riccione,dove si svolge il 2 #congressoSEL . Perché credo che la discussione in atto in un piccolo partito della sinistra vada al di là del suo perimetro, ma abbracci molte delle domande aperte in questo paese.
La domanda è: serve ancora una sinistra in questo Paese? Prima di rispondere vi propongo uno sguardo all’indietro, nella nostra memoria.
1) indietro, per esempio, al 4 dicembre 1999 a Seattle, dove 50.000 persone avevano capito DOVE ci avrebbe portato la globalizzazione dopo 15 anni. E lo avevano detto urlando, tra manganellate e deportazioni e spesso anche vera tortura, anche a Genova e poi a NY, Madrid, Roma, Lisbona, Dublino.
2) indietro alle proteste del decennio passato, gridate spesso da soli, nell’indifferenza di larghissime fette della società italiana, contro il razzismo diventato legge dello stato, ai lager istituzionalizzati (CIE), alla trasformazione del diritto internazionale di accoglienza in una persucuzione attuata contro gli ultimi di questo mondo: la Bossi/Fini .
3) indietro a un’idea di diritti umani universali, che siano vero rispetto e pieno diritto per tutti, al di là di sesso, razza, religione, idee politiche. Cosa non scontata e non vera in troppa parte del nostro Paese.
4) indietro alla continua richiesta fatta in questo decennio, di una politica attenta alle persone e non al profitto finanziario. In cui il denaro sia un mezzo per lo sviluppo sociale e non l’unico obiettivo a cui tendere. In cui le banche tornino a essere un mezzo per lo sviluppo di un Paese e non un sistema conservativo di se stesso .In cui la redistribuzione del reddito, in un paese con enormi diseguaglianze nei redditi, non sia uno slogan buono per le campagne elettorali ma un progetto di crescita sociale. L’unico possibile per venir fuori da una crisi strutturale come quella che stiamo vivendo.
5) indietro alla continua, costante richiesta di una politica che veda l’ambiente non come un qualcosa da depredare ,ma un’opportunità straordinaria. In cui la Green Economy, il no al consumo del territorio, per il km 0, per i rifiuti 0, per le energie rinnovabili da contrapporre a un sistema basato ancora sui derivati del petrolio e sul carbone (dopo la tragedia di Fukushima e la disastrosa scommessa nucleare), per un vero progetto di recupero del dissesto idrogeologico drammatico di questo Paese, siano la base di partenza di un VERO progetto nazionale di uscita dalla crisi facendo finalmente qualcosa di STRUTTURALE.
6) indietro alla richiesta di una giustizia vera. Una giustizia che sia dura con i reati veri e non solo con i poveri cristi. In cui esista, per esempio, il reato di disastro ambientale da equiparare ai reati mafiosi, perché la #TerradeiFuochi rappresenta qualcosa che non può essere derubricato a un episodio locale. E’ invece la punta dell’iceberg di un sistema che temo abbia coinvolto (e coinvolga) tutto il nostro Paese e larghe fette di Africa e Europa. Una giustizia in cui non si punisca un ragazzo che fuma un po’ d’erba allo stesso modo (o più duramente) di chi svaligia una casa (o peggio di chi, col falso in bilancio, rapina una nazione ogni giorno). Una giustizia in cui un processo non duri 15 anni e in cui la custodia preliminare non sia un mezzo ingiusto e incostituzionale per nascondere l’impossibilità di avere delle sentenze in tempi certi.
7) indietro a quando pochi strillavano inascoltati le differenze tra un liberismo ingiusto e il liberalismo.
8) indietro alle battaglie sull’emancipazione della donna e sulla sua difesa nell’orrore di un’aggressione continua e costante di larghe sacche di maschilismo ancora molto, troppo nascoste nella presunta modernità della nostra società.
9) indietro alla costante denuncia che la sinistra tutta grida da piu di un decennio sulla progressiva e inesorabile distruzione della scuola/università.
10) indietro alla costante richiesta di una politica che porti la CULTURA dove dovrebbe essere di diritto in questo paese, senza discussioni. Cioè alla base di un progetto di valorizzazione e di sviluppo in cui i Beni culturali siano il vero perno si una politica turistica di qualità VERA, in quanto vero ben comune unico e incopiabile nel mondo intero.
11) indietro alla lotta e alla denuncia sulla richiesta di un sistema informativo da cambiare totalmente. In cui l’informazione è in gran parte al servizio di poteri forti, di “amici degli amici”, di una politica maggioritaria nei numeri ma minoritaria e autoreferenziale nelle azioni. In cui le ragioni e la missione dell’informazione come vero 5 potere di controllo, da più la sensazione di essere diventato null’altro che il metodo per anestetizzare le masse.
12) indietro alla denuncia di tutti i populismi, di destra e/o drammaticamente privi di idee e linee politiche (M5s), che rischiano di invadere l’Europa con ricette facili da raccontare ma impossibili e sopratutto distruttive, da applicare. Anche in Italia siamo in questa stagione, in cui prevale, come consenso, chi urla alla luna piuttosto di chi cerca alternative reali oltre che alternative allo status quo.
13) indietro a quella favola che ci è stata raccontata per vent’anni, in cui la flessibilità sul lavoro ci è stata spacciata come libertà. Noi, lo ricordo, non ci abbiamo MAI creduto.
Ecco la domanda è dunque non sul rischio che un partito piccolo nei numeri, ma grande nella sostanza dei temi trattati e delle risposte proposte, possa scomparire tra un anno con la nuova legge elettorale proposta da Renzi/Berlusconi. No, la domanda è se questo Paese, la sua democrazia, può permettersi di perdere questi argomenti?
Se può perdere il diritto di opposizione, di denuncia di temi scomodi, popolari, di contrasto alle lobby sia nazionali che internazionali? Si può fare a meno delle grida di quei ragazzi massacrati a Genova, a Seattle o a Madrid una decina d’anni fa come oggi, ma sopratutto delle loro ragioni? Si può perdere un patrimonio di cultura, di energia, di volontariato, di proposta politica?
E’ quello che si sta derubricando nel Palazzo, con un slogan superficiale di esigenza di governabilità, un vero omicidio delle minoranze (tutte) e sopratutto dei temi che rappresentano storicamente in questo Paese. E sappiamo tutti quanto questo sia pericoloso.
Ricordiamoci che Piero Calamandrei nel 1945 fu nominato membro della Consulta Nazionale e dell’Assemblea Costituente in rappresentanza del Partito d’Azione. Aveva quel partito lo 0,5 di consenso elettorale… Ieri, aprendo questo congresso, Nichi Vendola ha detto: “Non ho nessuna voglia di iscrivermi a nessuna delle correnti interne del Pd. Perchè il Pd non è il mio né il nostro destino. Loro sono il nostro interlocutore ,non sono la nostra resa. Noi non intendiamo scioglierci fino a quando non nascerà il cantiere della sinistra del futuro”.
Ecco, allora pensiamo davvero a un soggetto politico che sappia raccogliere tutti i temi citati più su, che vada oltre i nomi, i partiti conosciuti oggi. Ma che sappia ricononoscerne le ragioni gridate da cittadini, movimenti, minoranze etniche, sociali, malati terminali. E lo dico a Rodotà, a Landini e a tutti quelli che oggi si battono per questi temi ,nelle città, nei paesi, sui territori. Non so se ne avremo la forza, il tempo, la possibilità. Ma mi piacerebbe pensare che ci provassimo tutti, da domani, unendo il tanto che ci unisce dal poco che ci divide.
26 gennaio 2014