L’editoriale di Vincenzo Vacca.
La guerra nel Vietnam ha segnato una opinione pubblica mondiale, in particolare, quella giovanile. La mobilitazione permanente degli anni 60 fino ai primi del 70 del secolo scorso ha caratterizzato fortemente la nuova generazione di quel periodo storico a tal punto che, tra le diverse definizioni che le sono state date, c’è quella della “generazione del Vietnam “.
La solidarietà nei confronti dei nordvietnamiti aggrediti dagli Stati Uniti è stata di una impressionante vastità e la giustificazione che il Paese nordamericano adduceva per quella guerra ovvero fronteggiare l’espansione del comunismo era considerata assolutamente risibile.
Non era un caso, infatti, che larga parte dell’ opinione pubblica statunitense anche non giovanile era contraria all’ intervento del proprio Paese in quel conflitto. Una contrarietà che cresceva con il crescere delle notizie drammatiche che una libera informazione forniva in ordine al teatro di guerra vietnamita.
Tutti sappiamo come è andata a finire creando negli Stati Uniti una vera e propria sindrome vietnamita.
Di quella brutta guerra, come sono brutte tutte le guerre, non si contano i films, i libri, le canzoni, e ogni forma di espressione artistica che evidenziavano le ferite profonde che causavano al popolo vietnamita l’ intervento diretto e massiccio di una superpotenza in un conflitto locale. Tra l’ altro, una guerra che è durata molti anni e che ha visto una sorprendente resistenza dei vietnamiti pur in considerazione che erano sostenuti dai Paesi dell’ est.
Non si metteva in discussione nel variegato mondo che si opponeva alla guerra che c’era uno stato aggredito e uno aggressore. Certo, si discutevano le cause che avevano originato quella guerra che diventava progressivamente ed intollerabilmente mortifera ma tutti i protagonisti non negavano che comunque era in atto una feroce violenza nei confronti in un intero popolo.
Da quando la guerra nel Vietnam è finita, nel mondo è cambiato tutto e, quindi, sarebbe sbagliato fare dei paragoni storici. Però, perché non paragonare la genuina giovanile mobilitazione di massa a sostegno del popolo vietnamita con quella che sta nascendo a favore del popolo ucraino che è fatta, invece, da una serie di distinguo, nonostante che anche in Ucraina si sta ripetendo lo schema vietnamita: c’è un Paese, ex superpotenza che aggredisce, e un Paese piccolo che è aggredito.
Si vedono all’opera una serie di “terzisti” quasi infastiditi da una invasione che non vogliono neanche definire tale.
È vero che la guerra non si combatte con la guerra, non sempre, ma la teoria secondo la quale la guerra è sempre responsabilità di tutti gli attori in conflitto, è falsa completamente.
A questo si aggiunga che, secondo alcuni soggetti che non hanno ancora smaltito definitivamente dei cascami di estremo furore ideologico, la guerra non è tale quando non sono gli americani ad attaccare.
Per queste persone nulla vale il fatto che la Russia è un Paese tirannico che non ammette alcun dissenso e che uno dei motivi principali della guerra che ha intrapreso contro l’ Ucrania sia da ascrivere al fatto che quest’ ultima è una democrazia. Una forma politica – istituzionale confinante con la Russia che potrebbe essere da esempio e da stimolo per il popolo russo.
La pace è un bene supremo, ma ciò non può far da velo per una situazione che vede un invasore e una vittima.
In questo manca un onere di valutazione che situi nelle categorie del giusto e dello sbagliato le scelte che di volta in volta si fanno e che rilanci i valori della democrazia, della libertà e dei diritti.