Il pensiero luminoso e aperto all’altro, che non ha però timore di mostrare le proprie zone d’ombra. Gli amori vissuti intensamente e poi finiti, le amicizie profonde, i ricordi di famiglia, la povertà e i successi letterari e teatrali, le battaglie culturali e l’impegno, la bellezza di una solitudine operosa che scandisce le giornate. E poi la passione per una lingua come la nostra, sempre viva e mutevole, in trasformazione come le epoche e la società, e l’assoluto rifiuto di piegarsi al servilismo imperante verso la “lingua delle macchine”, l’inglese.
C’è tutto il mondo privato e professionale di Dacia Maraini scandito in 250 parole nel libro “Alfabeto quotidiano”, frutto del dialogo tra Gioconda Marinelli e la scrittrice e in libreria con Marlin Editore dal 17 giugno. Perfetto per una lettura lineare ma anche per “saltare” da una lettera all’altra, il libro ripercorre tutto l’alfabeto usando 250 parole a partire dalle quali Dacia Maraini – che da poco ha ricevuto il Premio Hemingway – si racconta nel corso di una conversazione stimolante e sincera, nata sulla scia della lunga amicizia con Marinelli. In quello che Maraini definisce un “gioco dei vocaboli”, in un libro dotato del “ritmo di una partita di ping pong”, emerge il ritratto autentico di una scrittrice molto amata, che nella sua carriera ha sempre espresso con le parole e nei suoi tanti personaggi la lucidità e la profonda sensibilità di un pensiero mai banale volto sempre a raccontare gli uomini e le donne e il loro tempo.
Da donna a violenza, da amore a battaglie, da immorale a lacrime, e ancora madre, poesia, scrittura, teatro, quarantena: è innegabile che queste siano davvero, come recita il sottotitolo, “le parole di una vita”, attraverso le quali Dacia Maraini parla con semplicità e chiarezza di sé, delle paure e delle emozioni, del mondo visto con i suoi occhi. Il dialogo, a tratti più serio a tratti ironico, spazia tra gli argomenti più diversi. C’è l’amore con Alberto Moravia e quello con Giuseppe Moretti, terminato tragicamente con la morte di lui nel 2009, la maternità mai raggiunta, le amicizie con Pasolini, Elsa Morante e Piera Degli Esposti, i ricordi drammatici del campo di concentramento in Giappone da bambina e la pace della sua casa-rifugio in Abruzzo, l’impegno nella diffusione della cultura come unico antidoto all’inciviltà e alla violenza, alcuni aneddoti del suo quotidiano.
“Si scrive per sfamarsi del tempo?”, chiede Marinelli. La risposta della Maraini offre la possibilità di scrutare dentro i segreti di una narratrice mai paga di costruire mondi nuovi sulla pagina scritta: “Il romanzo è certamente un lungo viaggio intorno al mistero del tempo – afferma – Tutti i romanzi, per struttura, scrutano mimando il passaggio del tempo, quella cosa enigmatica e carnale che è la giornata che se ne va e sparisce nel nulla pur lasciando tanti detriti struggenti”.
Non poteva mancare il consiglio ai giovani autori, gli scrittori di domani, con i quali Dacia Maraini ha un rapporto intenso, tra insegnamento e lettura di manoscritti, per far comprendere quanto la scrittura sia senza dubbio talento, ma anche disciplina, rigore e impegno continui. L’occasione per parlarne è offerta dal riferimento all’ispirazione, “una parola abusata” secondo Maraini, che precisa: “Molti pensano che si scriva per ispirazione aspettando che cali dal cielo: la scrittura invece è una pratica quotidiana e le tecniche, la disciplina, la conoscenza del mestiere sono altrettanto importanti dell’ispirazione”.
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