di Paquito Catanzaro
Caro lettore ti sfido.
Dopo il successo del romanzo d’esordio, Colpa di chi muore, Gianluca Calvino torna in libreria e lo fa con Se questo è un valzer, edito da Homo Scrivens per la collana Dieci. Un’autentica partita a scacchi tra un promettente giallista e un lettore che desidera a tutti i costi trovare l’assassino prima dell’epilogo.
Il commissario Marcello Orlando, già protagonista del precedente romanzo, indaga sulla morte di Vetril – un nordafricano così soprannominato per la bizzarra abitudine di portare sempre con sé un tergicristalli – assassinato nei pressi dell’università L’Orientale di Napoli. Chi ha compiuto il delitto di una persona mite e, apparentemente, benvoluta da tutti? A Orlano e al suo vice, Egidio Conti, il compito di scoprire la verità. All’autore, invece, quello di svelare la genesi del romanzo. «L’idea» dichiara Calvino «è nata quasi subito dopo la pubblicazione di Colpa di chi muore. Ero un po’ indeciso, inizialmente; non sapevo se tornare a far vivere Marcello Orlando e la sua squadra. I consensi al primo romanzo e l’affetto che ho provato da subito per i miei personaggi mi hanno convinto a scrivere questo secondo lavoro».
Cinico, spesso indolente, Marcello Orlando è un bravo poliziotto dotato di capacità e carisma. Quanto è stimolante – ma al contempo difficile – lavorare a un personaggio del genere? «La verità è che mi diverte tantissimo» confessa l’autore. «Non ho mai amato i poliziotti duri e puri, quelli troppo bravi e ligi al dovere. Mi piacciono le figure ombrose, scontrose, magari nemmeno del tutto limpide. Orlando in realtà è un buono, ma ha i suoi tempi. E le sue sregolatezze».
Veniamo così al teatro dell’omicidio: l’università L’Orientale di Napoli. Scelta dettata dalle necessità narrative, senz’altro, ma pure veicolo di un messaggio di apertura verso le altre culture. Non necessariamente quel che è straniero deve fare paura. Considerazione corretta? «Correttissima. Al di là del fatto che Orlando gioca a fare lo sbirro politicamente scorretto, credo che i riferimenti alla multiculturalità e alla sua ricchezza siano evidenti, nel romanzo. Che resta un poliziesco, quindi senza la volontà esibita di lasciare un messaggio chiaro. Ma insomma, l’idea di chi scrive credo che traspaia sempre, anche in una storia di genere».
Dulcis in fundo la più freudiana delle domande: cosa ti aspetti da questo libro? «Spero innanzitutto di non deludere i lettori del primo romanzo. Ma ovviamente l’obiettivo è quello di coinvolgere molte più persone ancora nelle avventure di Orlando e dei suoi. Credo sia un libro divertente, al di là delle “catene” del genere a cui appartiene. Quindi quello che mi sento di promettere a chi vorrà leggerlo è: non vi annoierete, parola mia».
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