Le recensioni di RoadTv Italia – “Aspettando che venga sera” di Gianfrancesco Timpano

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La recensione del romanzo di Gianfranco Timpano “Aspettando che venga sera” a firma di Al Gallo

di Al Gallo

La solitudine appartiene all’uomo; l’uomo appartiene alla solitudine. Se questo chiasmo ci descrive uno schema sentimentale, semplice quanto complesso, come può un Autore raccontarci due mondi inconciliabili eppure uniti proprio dalla solitudine? Un collante strano, infatti, atipico. L’apparente paradosso viene risolto brillantemente dalla penna di Gianfranco Timpano, autore romano, eclettico e virtuoso, artista che spazia dalla letteratura allo sport fino ad arrivare alla musica.

In Aspettando che venga sera, romanzo edito da Letteratura Alternativa, casa editrice di Asti, il mondo che i due protagonisti conoscono è ridotto al lumicino, all’essenziale invisibile agli occhi, per dirla con la celebre frase di Antoine de Saint-Exupéry. Lui-gi è un uomo solo, un disadattato al quale manca la parola. Le sue giornate le trascorre sul lago, in compagnia di pesci silenti e di paesaggi statici, ma suggestivi, nei quali cercare risposte ai tanti perché inespressi. Lei-la è prigioniera in casa sua. Dopo aver servito un padre-padrone, diventa moglie di un uomo malvagio e manesco, che la tiene reclusa in casa, usandola in tutti i modi.

Entrambi i protagonisti sono vittime: vittime del mondo, vittime dei propri limiti e paure, vittime di carnefici meschini. Ma per quegli strani scherzi del destino, che la letteratura mutua a piene mani dalla vita, i due trovano un punto di contatto. Leila, infatti, trascorre la sua vita dietro il fragile vetro della finestra. Ed è proprio così che nota Luigi. Ogni mattina e ogni sera, lui passa puntuale, a testa bassa, sfruttando orari impossibili per non essere scorto. Leila nota le sue mani. “…le mani, nascondiglio delle dita… (le tue mani) mi aiuteranno, un giorno, lo so”. Leila sogna quelle mani, che libere dal manubrio della bici, l’aiuteranno a venir fuori dal suo incubo, come un insperato soccorso alpino.

Nella quiete apparente di questo mondo senza finestre, fatto di corridoi esistenziali, stretti e angusti, accade la tragedia: un cadavere viene ripescato dal lago. La polizia, allora, cercherà la collaborazione di Luigi, reticente più per abitudine che per mancanza di volontà…

Il taglio di Timpano è levigato, pianeggiante come la superficie del lago e di quei paesaggi struggenti che lui rende con pacato e ammirato stupore. Le parole si intrecciano in schemi orizzontali, che sembrano semplici, ma in realtà sottendono a un mondo interiore, e interiorizzato, farcito di pathos e sentimenti. La semplicità è il pilastro di tutto. E allora passaggi significativi e poetici, si susseguono su questo lago immoto, sotto la cui superficie c’è vita e vitalità. “I comignoli alitano densi e lunghi fiati bianchi”, “Poter guardare la luna in due”.
Un minimalismo che non è semplificazione, bensì ricerca del gusto della vita, che solo un viaggiatore esperto delle emozioni, sensibile come Timpano, riesce a rendere nei silenzi, che ricordano le montagne eterne, le pedalata in solitaria, quei silenzi strillati, più chiari delle parole, e quei labirinti in cui si smarrisce ognuno di noi quando nessuno gli tende la mano.

L’AUTORE

Gianfranco Timpano
Fin da giovanissimo manifesta una forte passione per lo sport, che lo porta a frequentare l’ISEF. Scopre, e si dedica, ai cimenti della montagna: per i suoi primi 50 anni si regala la scalata al Monte Bianco. Poi inizia a studiare il basso elettrico. Nel 2011, la Thyrus Editore pubblica un suo racconto ispirato alla montagna. È finalista del concorso “In costiera amalfitana” Edizione 2020, proprio con il romanzo Aspettando che venga sera.