La recensione del libro “La pelle dal mare” di Gino Giaculli, a firma di Vincenzo Vacca
di Vincenzo Vacca
Leggendo il bel libro “La pelle dal mare” di Gino Giaculli si rimane particolarmente colpiti dalla toccante narrazione di una vera e propria “meglio gioventù” che, mediante la conoscenza, ha introiettato l’ empatia. Un sentimento per il quale i protagonisti, ne fanno una ragione di vita. Il libro di Giaculli, caratterizzato da uno stile letterario scorrevole e avvincente, è un riuscito inno alla resistenza rispetto alla barbarie. Al rifiuto di ritenere una parte considerevole dell’ umanità come una umanità di “scarto” e, soprattutto, a far emergere nella coscienza di noi tutti la sincera consapevolezza che siamo tutti parte di una unica specie, quella degli esseri umani.
Il libro non vuole a tutti i costi formulare un messaggio speranzoso, infatti descrive in modo crudo l’ indifferenza e il cinismo che pure pervadono la nostra società in ordine al dramma delle migrazioni. Infatti, l’ autore, senza mai fare perdere la caratteristica tipica di un romanzo al suo testo, mette a confronto gli effimeri desideri di una parte opulenta della nostra popolazione, e nel libro in argomento si affronta quello dell’ estetica, ovvero la disperante ricerca di avere una pelle sempre smagliante per apparire costantemente giovani, con il desiderio dei migranti di avere una vita minimamente dignitosa. Questo è uno dei punti centrali del libro, ma come accennato all’inizio, un’ altra centralità del libro è rappresentato da tre giovani, Giacomo, Dacia e Bartolo. Questi tre ragazzi rimangono affascinati e se ne lasciano catturare dai grandi ideali che emergono tra gli anni sessanta e settanta. Tra l’ altro, si fa riferimento al golpe militare cileno del 1973. Chi scrive ricorda molto bene come quella feroce operazione ebbe un enorme impatto sulle nuove e nuovissime generazioni di quegli anni, suscitando forti proteste e creando importanti azioni di solidarietà nei confronti degli oppositori.
Non voglio dire altro del libro per non rovinare la curiosità al lettore, ma mi limito a dire che le tre menzionate persone, grazie alle emozioni e agli ideali acquisiti, nonché in virtù degli studi che faranno, non tradiranno nell’ età della maturità il sentimento della solidarietà, smentendo il luogo comune che ci vuole rivoluzionari a venti anni, conservatori a quaranta anni e reazionari a sessanta.
Il libro di Giaculli ci ricorda che ogni fase della nostra vita può avere un senso solo se la consideriamo intrecciata con quella degli altri e, soprattutto, con quella degli ultimi.