Lettera del direttore Roberto Andò al pubblico del Teatro Nazionale-Teatro di Napoli

0
347

“In attesa di conoscere i contenuti del nuovo Decreto del Governo sulla pandemia in corso voglio dire qualcosa sugli ultimi mesi che ho trascorso insieme a chi mi sta a fianco nella conduzione del Teatro Nazionale di Napoli, il direttore operativo, Mimmo Basso, i lavoratori di ogni ordine e grado, il presidente, Filippo Patroni Griffi, e i consiglieri di amministrazione tutti, impegnandoci a riaprire il Teatro, e a renderlo il più possibile sicuro. Sono stati mesi difficili, anche se ci hanno regalato momenti esaltanti. Rivedere al Maschio Angioino, per la nostra rassegna Scena Aperta, un pubblico così numeroso, attento e partecipe ci ha dato la conferma che riaprire era la cosa giusta da fare. Con orgoglio, abbiamo da poco inaugurato le stagioni dei nostri due teatri, Il Mercadante e il San Ferdinando, con due spettacoli molto importanti come I Manoscritti del diluvio, per la regia di Carlo Cerciello, e Tavola tavola, chiodo chiodo, per la regia e l’interpretazione di Lino Musella. Siamo della stessa idea anche oggi, e teniamo a ribadire che la chiusura dei teatri, se confermata, avrà conseguenze gravi, sul piano del lavoro, e sul piano dell’insopprimibile voglia di elaborare il nostro vissuto attraverso l’immaginazione scenica. So che non tutti la pensano come me, personalità illustri come Thomas Ostermeier, alla guida del più importante teatro pubblico di Berlino, ritengono che in questo periodo i teatri debbano rimanere chiusi. Il regista è confortato dalla forza del governo tedesco e da una legislazione che in circostanze come questa garantisce ai lavoratori, siano essi attori o tecnici, un sussidio adeguato, e dignitoso, come d’altronde accade in Francia. Certo, è una tristezza vedere i nostri spettacoli applauditi solamente da duecento spettatori, che talvolta diventano anche meno – tra la gente cresce la paura, questo è indubbio. Ma è l’unica cosa da fare per tenere un filo teso tra la scena e il pubblico, tra chi ha fatto del teatro la propria ragione di vita e la società. In Italia, sino a quando non si metterà mano a una legge che la allinei alla Germania e alla Francia nelle garanzie e nelle tutele per i lavoratori dello spettacolo non ci sono altre strade. E comunque, penso veramente che il teatro, e il cinema, siano luoghi sicuri. A teatro, e al cinema, non si parla, ci si abbandona a una visione, lasciandosi guidare dal flusso e dalla forza dell’immaginazione. La mascherina e la distanza di sicurezza, oltre all’ampiezza dello spazio della sala sono una ulteriore garanzia per gli spettatori. I criteri con cui ho impaginato il programma di questa stagione difficile, se non impossibile, sono ispirati all’idea più alta del teatro pubblico, la stessa che faceva dire a Paolo Grassi parole limpide e indelebili: “Noi vorremmo che autorità e giunte comunali si formassero questa precisa coscienza del teatro considerandolo come una necessità collettiva, come un bisogno dei cittadini, come un pubblico servizio alla stregua della metropolitana e dei vigili del fuoco”.

Roberto Andò