Lo stragismo neofascista

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Strage di Bologna, il ricordo 43 anni dopo

di Vincenzo Vacca.

La strage di Bologna del 2 agosto 1980 è stata la strage italiana che ha prodotto più vittime, 85 i morti e circa 200 i feriti, ma è anche quella che ha visto condannati gli esecutori materiali di questo tremendo atto criminale: Luigi Ciavardini, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Gilberto Cavallini. Inoltre, fu condannato per depistaggio anche Licio Gelli. Da recenti studi fatti su inediti documenti, sembrerebbe che Gelli potrebbe essere considerato uno dei mandanti della strage come rilevato da Miguel Gotor in un suo articolo apparso sul settimanale L’ Espresso.
Non a caso, la Procura Generale di Bologna ha notificato quattro avvisi di fine indagine nei confronti di Paolo Bellini, ex militante di Avanguardia Nazionale, ritenuto esecutore della strage di Bologna che avrebbe agito in concorso con il menzionato Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi. Gli ultimi quattro sono deceduti e vengono ritenuti, appunto, mandanti e finanziatori.

Una ennesima strage fascista che scosse la città e il Paese intero e che si inquadrava in quella che a giusta ragione fu definita la strategia della tensione. Una strategia volta a ingenerare paura, terrore nella popolazione al punto tale di spingere l’ opinione pubblica a chiedere misure eccezionali, anche liberticide, per ripristinare un certo “ordine”.

In realtà, le stragi neofasciste, a partire da quella di Piazza Fontana, rientravano in un clima torbido, fatto di scellerate alleanze o quanto meno di tolleranza di entità eversive allo scopo di bloccare l’ evoluzione politica del Paese.
Infatti, dalla fine degli anni sessanta fino alla metà del decennio successivo le sinistre italiane, e in particolar modo il Partito Comunista, diventavano sempre più elettoralmente forti in Italia a dimostrazione che era in corso un cambiamento profondo nella società italiana, la quale guardava con crescente fiducia e speranza alle forze politiche di sinistra.

Inoltre, c’era stato il movimento studentesco del ’68 e l’ autunno caldo del 69 che aveva scosso il mondo politico, ma anche quello imprenditoriale, mettendo fortemente in discussione i rapporti interni alle fabbriche e riducendo, quindi, lo strapotere aziendale nei confronti dei lavoratori. Ma lo scossone aveva riguardato l’intera società italiana in una misura tale che non c’era alcun segmento della stessa che, anche se con intensità diverse, non risentisse del nuovo, e per certi versi, dirompente clima politico e sociale.

Tutto ciò aveva fortemente spaventato i settori conservatori e reazionari del nostro Paese, mobilitando una serie di “reazioni” a quello che veniva considerato un grosso pericolo per l’Italia ovvero uno spostamento a sinistra del quadro politico e Istituzionale. Questi timori avevano una dimensione nazionale, ma anche internazionale.
Non dimentichiamo che sostanzialmente l’Italia era un Paese a sovranità limitata, perché facevamo parte dello schieramento atlantico contrapposto a quello sovietico e, quindi, una sinistra forte, egemonizzata da un Partito Comunista che si avvicinava sempre più all’ area di Governo, costituiva un fenomeno politico osservato con forte preoccupazione dalla Nato e, soprattutto, dagli Stati Uniti. Per la posizione strategica che l’ Italia rappresentava in quel momento storico a causa della contrapposizione mondiale bipolare, non era assolutamente concepibile la presenza nel Governo italiano del Partito Comunista. Anzi, era già fonte di preoccupazione che in Italia ci fosse il Partito Comunista più forte dell’intero Occidente.

Sarebbe interessante capire i motivi per i quali il PCI, diversamente da tutti gli altri Paesi occidentali che vedevano i comunisti largamente minoritari, era diventato così forte e autorevole, ma per motivi di spazio non verrà approfondita tale tematica ovvero l’ originalità del comunismo italiano.

Tornando alle stragi nere, alle stragi indiscriminate, perpetrate con tempi e modalità tali che chiunque poteva rimanere vittima e, pertanto, generavano ancora più angoscia, tenendo conto di quante cose stavano cambiando in un senso non ritenuto positivo, ecco che gruppi neofascisti con la “disattenzione” o con la “copertura” di settori deviati dello Stato diedero inizio a una serie di attività criminali per arginare in qualche modo i cambiamenti elencati. Il loro vero obiettivo era quello di creare le condizioni per un golpe militare in Italia sul modello di quello greco. Ma l’Italia, come già avvenuto durante la Resistenza, non era la Grecia e questo disegno reazionario fu fermato anche dall’ imponente mobilitazione dei cittadini nelle piazze e di tutte le forze antifasciste.

Dalla fine degli anni 60 fino al 1980, abbiamo avuto un numero enorme di morti e di feriti a seguito di attentati di quel genere di matrice in totale spregio del valore della vita umana. Una stagione, quindi, contraddistinta da tre elementi costanti: la presenza di apparati dello Stato, un evento stragista e il ruolo di militanti neofascisti. Elementi che non sempre trovarono un equilibrio tra loro, anzi, come è stato accertato, alcune stragi furono fatte come forma di avvertimento a non rescindere patti precedentemente stipulati. Basti pensare alla strage di Peteano.

Della storia repubblicana fanno parte tragicamente anche queste cose e, quindi, bisogna costantemente ricordarle per non farle cadere in un oblio. Un oblio dovuto alla mancanza di Istituzioni virtuose in grado di fornire al Paese verità e giustizia. Occorre tornare urgentemente alla conoscenza storica che non va confusa con la memoria. Quest’ultima può essere tanto sovrabbondante quanto confusa. Solo la conoscenza sistemica dei fatti storici può evitare tanto l’ ignoranza di quanto avvenuto quanto il mero ricordo personale o quello trasmesso dalla famiglia di origine.

Abbiamo caricato di responsabilità il ruolo assunto dalle Associazioni dei familiari delle vittime delle stragi che è certamente nobile e prezioso, ma che non può e non deve riempire un vuoto in ordine a quello che devono fare tutte le agenzie educative a partire dai ricercatori storici.
Anche perché, se la Giustizia per tutta una serie di ragioni non è riuscita a individuare le responsabilità penali (questo è avvenuto soprattutto per le stragi fasciste), deve essere la storia a illuminare quegli eventi delittuosi che hanno colpito in profondità la carne del nostro Paese.
Termino queste mie modeste osservazioni, riportando un recente sondaggio fatto nelle nostre scuole. Secondo tre studenti su quattro, la strage di piazza Fontana è stata perpetrata dalle Brigate Rosse.
Questo per evidenziare quanto sia urgente mettere in campo tutti gli strumenti atti a costruire una conoscenza storica.