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“Lo street food, il cibo di strada nella storia” nel libro di Giuseppe Bagno

Lo street food nasce con la storia del genere umano. I primi cibi di strada risalgono, senza ombra di dubbio, all’età della pietra e precisamente all’epoca in cui l’Homo Erectus scoprì il fuoco e cominciò a cacciare e arrostire le carni. Ha quindi origini paleolitiche ma, per poterlo ascrivere nell’olimpo delle culture gastronomiche, dobbiamo aspettare il periodo greco-romano. In una scorrevole sintesi dalle origini ai giorni nostri l’autore ci guida in un viaggio alla scoperta delle più interessanti ricette medievali, rinascimentali, del Settecento e dell’Ottocento fino ad arrivare ai giorni nostri e alle nuove frontiere del cibo di strada.

Un interessante capitolo è dedicato alle piazze italiane che per secoli hanno fatto da palcoscenico a generazioni di mercanti e venditori ambulanti dai caratteristici nomi regionali e ancora particolarmente intrigante è il racconto della storia dei più importanti “Caffé” d’Italia: Gambrinus di Napoli, Bicerin di Torino, Florian di Venezia, Spinnato di Palermo, Rivoire di Firenze, Greco a Roma, Pedrocchi di Padova, Specchi di Trieste, Cova a Milano e Mangini a Genova. In questo interessante libro di Giuseppe Bagno possiamo riscoprire le origini del cibo di strada, dall’antichità fino ai nostri giorni, ed è il caso di dire che nulla si crea e tutto ritorna, sia pur con nuove vesti e fruizione per il pubblico.

Un’idea originale dello scrittore che ha così raccontato anche la storia dell’uomo nei secoli e quella di Napoli, dove tuttora lo street food imperversa come pratica comoda di cibarsi per i turisti e non. Le prime tracce dello street food risalgono a circa diecimila anni fa. I greci già avevano l’usanza di friggere il pesce e di venderlo per strada. Questa usanza dalla Grecia è passata all’Antica Roma. Lo street food è sempre stato infatti fondamentale per i viaggiatori che percorrevano le strade romane. Di queste strutture rimangono importanti resti a Roma e a Pompei: sono i resti dei tipici “thermopolia” o “popinae” ossia dei cucinotti direttamente su strada. Nei “thermopolia” venivano preparate zuppe, carni, pesci, frutta secca ecc. che poi veniva venduti ai passanti.

Erano costituiti da un lato da un bancone con grandi recipienti in cui erano conservati i cibi e dall’altro da una zona in cui riscaldarli. Erano delle vere e proprie bancarelle come quelle di oggi. Pochissime erano le case dotate di una vera cucina soprattutto se si trattava delle classi meno abbienti.Un’invenzione, quella dello street food, tanto antica quanto attuale. Lo street food oggi torna a fare tendenza. Basti pensare che diversi chef hanno aperto ristoranti “fast” in cui si mangia in pochissimo tempo, a menù fisso e senza bisogno di prenotare. Secondo i dati della FAO sono circa 2,5 miliardi le persone che oggi mangiano cibo di strada quotidianamente perchè è più economico, più rapido, è un modo per scoprire sapori etnici e diversi dalle proprie abitudini.

Per questi motivi lo street food viene spesso preferito rispetto a modalità di consumo del cibo più formali. Lo Street Food è convivialità, condividere un pasto appena realizzato in allegria e spensieratezza. Si tratta di un fenomeno che va molto al di là del semplice pasto consumato in fretta passeggiando per le città, lo Street Food è molto di più: è emozione, è storia del territorio, è turismo, è cultura, è comunità.

Il volume di Giuseppe Bagno racconta di tutto ciò e lo fa in maniera anche divertente, pieno di curiosità e con un punto di vista dell’autore ben evidente.

Per acquistare il libro clicca QUI: https://www.amazon.it/Lo-street-food-dellantichit%C3%A0/dp/8888623922

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Daniela Merola

Napoletana, giornalista, formatrice culturale, ufficio stampa, scrittrice. Vivo per coltivare sogni. Amo lo spettacolo della vita.

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