Mentre tutti i media di comunicazione di massa preparano il terreno ideologico su cui legittimare il prossimo intervento preventivo di polizia internazionale in Medio-Oriente, dopo aver destabilizzato l’area con le cosiddette “primavere arabe” e successivamente la fallita invasione della Siria da parte degli Stati Uniti d’America, del Qatar e dei Saudi, proviamo in questo articolo a proporre un esperimento critico per il lettore (davanti la notizia secondo la quale “L’Orientale” di Napoli è una fucina del terrorismo islamico in Italia, un campo fertile per arruolare terroristi), con il quale lo si mette in guardia dall’accettare senza ombra di dubbio la versione ufficiale degli eventi e, oltre qualsiasi dietrologia, cercare di ritornare a utilizzare con metodo critico la propria ragione.
Scandalo ha dato in questi giorni la notizia secondo cui K. H., un algerino di 37 anni, autore della prima versione italiana del manuale del jihadista disponibile sul web, è stato uno studente dell’Istituto Universitario di Napoli “L’Orientale”. Il quotidiano di Roma Il Tempo, ha pubblicato che, in base a certe “fonti interne alla comunità islamica” (per nulla indicate, criticate o verificate), K.H. “potrebbe essere partito verso la Libia per dare manforte all’estensione del Califfato” (di cui ancora oggi si ignorano i capi effettivi e i suoi finanziatori), ma solo dopo essersi iscritto e formato all’ex facoltà di Studi arabi dell’antico e importante istituto universitario napoletano.
Attualmente “L’Orientale”, allontanando da sé qualsiasi sospetto che l’accusi di essere una fucina di cellule terroristiche europee, smentisce, sulla base dei propri registri telematici e non, che vi sia stato un iscritto con il nome di K.H oppure H.K.. Come dichiara in proposito la rettrice de “L’Orientale”, Elda Morlicchio: “le indicazioni disponibili sono molto vaghe. Nella nostra banca dati non risultano studenti ed ex studenti che hanno come iniziali del nome K.H. oppure H.K. e corrispondono alle caratteristiche indicate“.
Roberto Tottoli, professore straordinario di islamistica e direttore del dipartimento Asia, Africa e Mediterraneo, dichiara che in un bacino medio di 10.000 iscritti e di 300 immatricolazioni l’anno per Studi arabi, nel giro di 15 anni solo una media del 5% è di origine estera e, addirittura, “non tutti frequentano le lezioni: una fascia di immigrati punta solo a ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno“. “Il panphlet che ho letto on line è scritto in un buon italiano: potrebbe essere opera di un immigrato di seconda generazione o aiutato da un madrelingua, ma di certo è destinato ai soli musulmani perché dimostra anche un’ottima conoscenza dei detti arabi, attraverso citazioni tecniche“. In altre parole H. K. tanto può essere un linguista jiadista autodidatta, (autore di un panphlet incomprensibile da soggetti cresciuti all’occidentale, per quanto formati in una ideale stazione europea per l’arruolamento di aspiranti terroristi islamici), quanto una identità del tutto fittizia.
Tottoli, sulla base dei dati a sua disposizione, esclude che “L’Orientale” sia un punto di riferimento per creare consensi intorno il Califfato e per arruolare soggetti psicotici affamati di identità o di fede. “Salafiti e jiadisti non si vedono nelle nostre aule universitarie” e, in aggiunta, come spiega Agostino Cilardo, docente di diritto islamico all’Orientale, “un manuale di quel tipo è totalmente fuori dagli schemi e dai rapporti normali tra religione islamica e Stato italiano“.
Anche se si volesse ignorare quanto dichiarato da autorità scientifiche e funzionari accademici, forse troppo esposti per un evidente conflitto di interessi e più interessati a difendere i propri datori di lavoro che a indagare approfonditamente il fenomeno in questione, rimane il fatto che di questi fantomatici terroristi la letteratura mediatica ne è oltremodo satura. Tra i più famosi, ricordiamo quelli della famosa lista dei 15 terroristi arabi che, armati di taglierini, dirottarono tre aerei di linea (nel caso in cui si ammettesse che fossero stati aerei e non droni, aerei cargo o missili) che impattarono nelle Twin Towers e sul Pentagono. Alla fine di tutto si è scoperto che la maggior parte di questi erano vivi e vegeti, non conoscevano alcuna nozione aeronautica e perlopiù erano programmatori informatici residenti tuttora in Egitto e in Arabia Saudita; comprendete meglio ora?
I servizi segreti occidentali, soprattutto quelli statunitensi ed europei, sono maestri in queste “operazioni in nero” o ideologiche, operate al fine di ottenere basi democratiche e di massa a sostegno di interventi militari coloniali. Le primavere arabe sono un altro celebre esempio di operazioni in nero. Attualmente si è completamente ignoranti su chi fossero, ad esempio, i leader a capo delle rivolte del Nord Africa e, come se non bastasse, nessun studioso si azzarda ancora a cercare i responsabili della destabilizzazione africana in contesti più interessati come l’Europa, l’America del nord e l’Asia.
“Fallita” la propaganda delle Primavere arabe e quella dei ribelli contro il regime di Bashar al-Assad, l’ultima trovata mediatica, tipica delle operazioni in nero, è quella del Califfato, di cui tuttora si ignorano i capi effettivi e di cui sono diffuse solo informazioni superficiali e del tutto imprecise sulla loro essenza. Concludendo e citando, addirittura Galilei, affermiamo che davanti a questa notizia, di un’Università di terroristi, bisogna fare attenzione e pensare criticamente, in quanto, come scriveva persino un filosofo precritico come Galilei, “nulla è più fallace dei sensi abbandonati a sé stessi; essi percepiscono, ma non sanno“.
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