di Giuliana Gugliotti
Il maxi concerto di Bruce Springsteen, con il suo parterre tutto esaurito di oltre 20mila spettatori deve aver toccato il fondo. Quello della pazienza di Giorgio Cozzolino, soprintendente ai beni architettonici di Napoli eletto lo scorso autunno. Napoletano, 51 anni, architetto, sin dall’inizio del suo mandato Cozzolino non ha mai fatto mistero di voler rivoluzionare la gestione del patrimonio architettonico e culturale della città, promettendo a Napoli grandi cambiamenti. Con un solo obiettivo: quello di portare in città – e in Regione – i 15 anni di esperienza maturati alla sovrintendenza di città come Ravenna, Parma, Piacenza, “soprattutto in termini di efficienza e di giusta interpretazione delle leggi”.
Bruce Springsteen potrebbe essere stato l’ultimo ad esibirsi sul palcoscenico di piazza del Plebiscito. La soprintendenza infatti non ha gradito l’installazione di bandonature alte quattro metri, che sono servite a recintare l’emiciclo della chiesa di San Francesco da Paola e garantire l’ingresso allo spettacolo del solo pubblico pagante. Perché, nelle intenzioni del sovrintendente, piazza del Plebiscito è un bene comune al quale deve essere garantito il libero accesso da parte della cittadinanza.
Così, pur dichiarandosi “felicissimo” dell’arrivo di Bruce Springsteen a Napoli, Cozzolino aveva già annunciato, a palco ancora caldo dopo l’esibizione di “The Boss”, l’instaurazione di vincoli più restrittivi per l’utilizzo di piazza Plebiscito. Tutto per garantire una maggiore tutela dei beni architettonici e culturali.
Detto, fatto. All’indomani della querelle con Claudio Trotta, manager italiano di Bruce Springsteen che non ha apprezzato le dichiarazioni del soprintendente in merito alla sua – discutibile – convinzione che “un concerto a pagamento non rappresenti un bene culturale”, accusandolo di protagonismo in una lettera indirizzata direttamente al ministro della Cultura, Giorgio Cozzolino è riuscito nell’intento di bloccare gli eventi di “carattere commerciale” nella piazza più famosa di Napoli.
Un po’ perché la vista di piazza del Plebiscito è un bene collettivo di cui non si può negare la libera fruizione con delle volgari transenne che separano il pubblico pagante da quello non pagante, nemmeno in occasione di un concerto che ha portato un bel po’ di soldi nelle casse del Comune; un po’ perché le troppe vibrazioni provocate dalle onde sonore e dallo scalpiccio della gente non consentirebbero un afflusso di persone superiore a quello “contenibile” in 12mila metri quadrati (il perimetro rettangolare compreso tra prefettura, Palazzo Reale, Palazzo Salerno e Basilica di San Francesco), soglia massima di spazio entro il quale andranno realizzati tutti i prossimi eventi in programma nella piazza.
Che significa dire addio ai concerti di Pino Daniele e Mark Knopfler, rispettivamente in programma per il 12 e il 14 luglio. E se per Knopfler si è riusciti a trovare una sistemazione alternativa all’Arena Flegrea, Pino Daniele (ironia della sorte, proprio lui, che a Napoli ci è nato) se ne andrà ad esibirsi direttamente al Foro Italico di Roma.
La stessa fine che toccherà a qualunque maxi-evento o evento a pagamento. L’approvazione definitiva del nuovo decreto, entrato in vigore il 9 maggio (il concerto di Bruce sarebbe stato una eccezione), non permette infatti di utilizzare il pubblico patrimonio culturale a fini “di carattere commerciale”.
Un provvedimento che decisamente non è piaciuto al Comune, che rischia così non solo di perdere soldi, ma anche di far perdere alla città quella visibilità e quell’affluenza di turisti generata dai grandi eventi. Il Comune si prepara ad impugnare il provvedimento davanti al Tar; chissà se si riuscirà a trovare una soluzione più pacifica. D’altronde, all’indomani della sua nomina, lo stesso Cozzolino dichiarava a “Repubblica”:
“Ho imparato che tutto ciò che viene fatto in maniera condivisa tra enti, diocesi, amministrazioni è foriero di risultati positivi. Cercherò di farlo con il supporto di tutti i funzionari. Sarà questa la sfida”.
Ma la sfida, oggi, sembra piuttosto quella di far restare Napoli un polo di attrazione culturale. E per “cultura” si intendono, come ricorda giustamente Claudio Trotta, “non soltanto le piazze e i musei”, ma anche la musica, di qualunque genere essa sia, e insieme ad essa tutte le manifestazioni artistiche, che sono da considerarsi “una parte significativa e preziosa della cultura dell’umanità che, come tutte le arti umane, va tutelata e protetta”.