Quando manca la progettualità

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di Vincenzo Vacca.

Per alcuni giorni è circolata la notizia di una probabile candidatura del Dottor Catello Maresca a Presidente della Regione Campania. Come noto, egli è un Magistrato particolarmente distintosi nell’ esercizio delle sue funzioni per la lotta al clan camorristico denominato “casalesi”. Infatti, è stato uno degli uomini di punta tra gli investigatori che, a seguito di anni di duro e professionale lavoro, sono riusciti a disarticolare uno dei clan mafiosi più potenti nel panorama criminale italiano e non solo italiano.

Senza tema di smentita, la biografia professionale del Dottor Maresca costituisce la prova evidente che le mafie non sono invincibili e che uno dei requisiti fondamentali per affrontare la lotta ai poteri criminali sta nel fatto di creare la giusta sinergia tra i vari soggetti in campo, come ribadito dallo stesso Magistrato. Infatti, tra i diversi libri che ha scritto, uno è interamente incentrato sull’attività delle Forze di polizia nel contrasto ai “casalesi”, corredato da numerose foto.

Insomma, stiamo parlando di un valoroso Magistrato che ha contribuito molto al prestigio della Magistratura e ai settori dello Stato impiegati nella difesa dal crimine.

La notizia della candidatura, smentita dallo stesso interessato, ha immediatamente fatto scattare un largo consenso, ma anche molti dissensi e polemiche. Queste ultime anche particolarmente aspre.

Il consenso a una candidatura del Dottor Maresca era molto prevedibile, perché negli ultimi anni anche nella nostra Regione è venuta formandosi una rete sempre più vasta di cittadini consapevoli che la lotta alle mafie non è solo una questione tra “guardie e ladri”, ma deve rappresentare un costante impegno da parte di tutti volto a rispettare la legalità e a esercitare fino in fondo il concetto vero di cittadinanza. Penso a tutte le forme di solidarietà, in particolare a quelle nei confronti di soggetti deboli che sono a rischio e che hanno maggiori probabilità di scivolare in un circuito criminale e/o a quelle finalizzate a recuperare a una vita scevra da illegalità persone, soprattutto giovani, che hanno già avuto problemi con la Giustizia.

È chiaro, quindi, che in gran parte dei settori dell’opinione pubblica campana mobilitata sui temi della lotta al crimine organizzato non poteva non suscitare un forte entusiasmo la candidatura.

Come già detto, quest’ultima ha provocato anche dissensi, come è normale in democrazia. Ma la gran parte dei dissensi sono stati incentrati sulla opportunità o meno da parte del Magistrato di candidarsi per uno schieramento di centro destra, sempre secondo alcune notizie, trascurando un aspetto fondamentale.
Sono ormai tanti anni che le formazioni politiche si rivolgono alla società civile per ottenere candidati capaci di suscitare vasti consensi elettorali. Spesso, in alcune campagne elettorali regionali o comunali, i simboli dei partiti che sostengono il candidato vengono messi “in ombra” o addirittura non esibiti. Il sostegno del partito visto non come una cosa normale, ma quasi come un intralcio. Una vera e propria estremizzazione della personalizzazione della politica.

Questo è un fenomeno che viene da lontano. Dal crollo dei partiti che avevano costituito l’ asse portante del sistema politico – istituzionale fino ai primi anni novanta. Quei partiti morirono non solo per il grave sistema illegale di finanziamento messo in luce da tangentopoli, ma soprattutto perché da tempo non riuscivano più a rappresentare una società profondamente cambiata. Una società complessa con inedite figure lavorative e professionali.

I nuovi partiti che sono nati, quasi tutti espressione di un determinato leader, ma sarebbe meglio definirlo capo, non sono riusciti a dare una giusta rappresentanza alle nuove istanze. Nella migliore delle ipotesi, ne hanno dato una rappresentazione, ma questo non migliora una democrazia come la nostra.
Abbiamo assistito a un vero e proprio divorzio tra politica e cultura. Se la politica, invece, vuole avere una visione complessiva di una trasformazione possibile dell’ ordine esistente delle cose, deve essere fortemente intrecciata con la cultura, altrimenti diventa solo buona amministrazione, nella migliore delle ipotesi.

Ecco perché questo vuoto della politica lo si vuole riempire, in termini di idee e di persone, attingendo dalla società civile: Magistrati, dirigenti delle Forze di polizia, imprenditori, etc..
Questa non può essere una seria risposta a una vera elaborazione di idee e di progetti politici. Cela solo una dichiarazione di impotenza e, quindi, impoverisce sempre più la democrazia che è fatta di confronto continuo di idee e non solo di buona amministrazione.
Se la politica torna a essere fucina di concreta progettualità, riavvicina tutti quei soggetti che nella società costituiscono una intellettualità diffusa. Soggetti che possono contribuire a restituire alla politica una sua lucidità, necessaria per la vitalità della democrazia.

Una democrazia vive e si rafforza quando nel tessuto civile e istituzionale circolano idee e proposte che, sulla gambe degli esseri umani, si confrontano. Se avviene stancamente un mero alternarsi di personaggi politici, la democrazia deperisce e a decidere della cosa pubblica sarà solo quello che avrà la ragione della forza.