Sit-in di protesta dei lavoratori Ata Usb questa mattina sotto gli uffici del Provveditorato agli Studi di Napoli, in via Ponte della Maddalena
di Giuliana Gugliotti
“Se lo Stato vuole tagliare i nostri stipendi allora prenda in carico le nostre famiglie”.
Con questo slogan i lavoratori Ata iscritti al sindacato Usb si sono riuniti questa mattina davanti agli uffici del Provveditorato per protestare contro l’attuazione del decreto del fare, che comporterebbe tagli di almeno il 50% delle ore di lavoro con una conseguente riduzione dello stipendio. Circa 5mila i lavoratori Ata in Campania (11mila in tutto il Sud Italia) che rischiano così di veder passare il loro stipendio da 800 a 500 euro mensili. Circa 5mila famiglie che, probabilmente, non riuscirebbero più a tirare avanti.
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“Con uno stipendio di 800 euro al mese siamo già sotto la soglia di povertà, figuriamoci se ce lo abbassano a 500 euro” spiega Maurizio De Martino, uno dei rappresentanti dell’Usb. La rabbia e l’indignazione sono palpabili tra i manifestanti, che rivendicano il loro diritto all’assunzione pubblica, non più come lavoratori a progetto Lsu, ma come veri e propri collaboratori scolastici, a cui riconoscere uguali diritti e uguale dignità.
“Sono 19 anni che lavoro nelle scuole, mi considero una professionista. E da tale voglio essere trattata” afferma una lavoratrice. “Non ce ne andremo fino a quando non ci ascolteranno”. “Già nel 2001” prosegue De Martino, “all’epoca della nostra assunzione come lavoratori a progetto, facemmo presente le nostre perplessità su questa scelta, sostenendo che la soluzione migliore era assumerci come dipendenti pubblici”.
L’Usb è l’unico tra i vari sindacati a portare avanti questa battaglia. “Noi” spiega il rappresentante, “a differenza di Cgil, Cisl e Uil, abbiamo una proposta. La nostra assunzione diretta infatti non soltanto garantirebbe noi lavoratori, ma eliminando il bando per i progetti porterebbe anche un risparmio per le casse dello Stato di 60 milioni di euro”.
Ma le istituzioni non ascoltano. E tra gli iscritti all’Usb serpeggia l’idea che sotto ci sia una collusione tra la “triade” dei sindacati potenti, Cgil, Cisl e Uil, le ditte che gestiscono l’appalto per i progetti Ata, e le stesse istituzioni, da cui a guadagnarci sarebbero solo le ditte appaltatrici. “Perché loro non portano avanti questa battaglia? Dicono che ci dobbiamo accontentare, meglio questo che niente. Ma noi non vogliamo accontentarci, abbiamo diritto a uno stipendio dignitoso e a un riconoscimento” protestano i manifestanti.
“Abbiamo chiesto anche l’intervento del sindaco” continua Maurizio De Martino, “che si era pubblicamente impegnato per farci avere un incontro con i vertici dell’Anci, del Provveditorato e con l’associazione Presidi Italiani“. Incontro che però, dalla scorsa primavera, non è ancora avvenuto.
“Sembra che il problema sia solo nostro, invece no. Il problema è di tutti, e soprattutto delle scuole“. Ridurre le ore di lavoro del personale Ata infatti significherebbe non garantire più un adeguato servizio di pulizia all’interno delle strutture scolastiche.
Una nuova manifestazione è in programma per il 30 settembre, data in cui l’attuazione del provvedimento nell’ambito del decreto del fare verrà discussa a Roma. “Invitiamo tutti i nostri colleghi a partecipare, e speriamo che le istituzioni ci diano finalmente una mano”.