Sono 7 le persone raggiunte da misura cautelare nell’ambito dell’operazione contro il clan Orlando, attivo a Marano: 4 gli arrestati.
La Guardia di Finanza di Cagliari e Napoli e il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata delle Fiamme Gialle (Scico) hanno eseguito nell’hinterland partenopeo sette misure cautelari disposte dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Dda nei confronti di un gruppo di narcotrafficanti, composto da campani e sardi, che aveva organizzato il trasporto di ingenti quantitativi di hashish sull’asse Napoli-Medio Campidano (Sardegna centro-occidentale).
Tra le misure cautelari quelle a carico di Luigi Del Prete, 31 anni, e Carlo Del Luca, 34, entrambi già detenuti in carcere, che risultano indagati per i reati di trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio con l’aggravante del “metodo mafioso” e della “finalità agevolatrice del sodalizio denominato clan Orlando”, attivo a Marano di Napoli.
Contemporaneamente, per le stesse ipotesi di reato, sono scattati gli arresti domiciliari nei confronti di Pasquale Portarapillo, di 56 anni e Domenico Panella, 41 (solo perturbata libertà degli incanti), per aver interferito – questa l’accusa – sul regolare svolgimento di un’asta giudiziaria in una procedura esecutiva immobiliare, determinando un rialzo del prezzo di vendita di un appartamento a Marano (Napoli), per impedire l’acquisto da parte di una persona che vi partecipava in buona fede. Infine Michele Simeone (42 anni), Ilaria Di Meo, 43, e Kateryna Halych (32, ma solo per trasferimento fraudolento di valori) sono stati raggiunti dalla misura cautelare dell’obbligo della presentazione alla polizia giudiziaria.
I provvedimenti cautelari scaturiscono da indagini coordinate dalla Procura di Napoli, avviate a partire da aprile 2019. Secondo gli investigatori erano state effettuate “molteplici e sistematiche operazioni di acquisto di beni mobili e immobili (anche mediante la turbata libertà degli incanti in procedure esecutive) e di attività commerciali, tra il 2014 e il 2018, riciclando e reimpiegando i proventi dei reati commessi e intestandoli a prestanome”. Gli indagati- spiega la GdF – per “schermare” i beni illecitamente acquistati hanno impiegato un prestanome nell’acquisto di un immobile da una società riconducibile a esponenti di spicco del clan Nuvoletta. (Casal di Principe, un parco dedicato alle vittime del Covid in bene confiscato a clan).