Maria Falcone ospite a Giugliano: L’eroico straordinario dell’ordinario

Educazione alla legalità e alla convivenza civile.

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Costruire una cultura anti mafia è oggi un imperativo imprescindibile, perché grazie alla cultura si possono demolire le condizioni primarie che nutrono la criminalità organizzata grazie al sostegno dei semplici. Per sviluppare questo tema, la scuola dei Fratelli Maristi di Giugliano ha ospitato la Prof.ssa Maria Falcone, sorella di Giovanni Falcone morto il 23 maggio 1992 nella strage di Capaci (Palermo) insieme alla moglie Francesca Morvillo e alla scorta costituita da Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

L’incontro si è svolto nella chiesa dell’Istituto gremita di studenti e adulti pronti a cogliere il valore di questa testimonianza. Durante la conferenza è stato proiettato il filmato “Per Falcone” con musiche di Nicola Piovani e la voce narrante di Luigi Lo Cascio prodotto per Rai 1. Ampio spazio è stato lasciato al dibattito.

Ha aperto l’incontro il Gen. Giuliano De Carlo Presidente e Fondatore dell’Associazione “Rinascere Insieme” che ha caldeggiato l’incontro per incentivare confronti che restituiscano dignità alla città di Giugliano favorendo l’educazione alla legalità. Il De Carlo, infatti, alla presenza della Prof.ssa Maria Falcone e della Presidente del Tribunale Napoli Nord, dott.ssa Elisabetta Garzo, ha centrato il suo discorso introduttivo sul valore della testimonianza personale nel perseguimento costante della legalità.

Non basta, infatti, “proclamare la legalità con le parole, più importante è il praticarla”. Praticare la legalità non significa solo seguire delle regole ma sviluppare una coscienza critica. La legalità, afferma la prof.ssa Falcone, “non si deve ostentare, ma vivere anche a costo di sacrifici”. Difatti, vivere nella legalità è un sacrificio perché significa rinunciare ai soli interessi egoistici per guardare oltre se stessi al bene della comunità.

Gli uomini passano, le idee restano

Questo il testamento morale di Giovanni Falcone “Gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini” quando nel 1985 si accingeva a iniziare il maxi-processo che lo condusse poi alla morte. Egli interpretò con serenità e profondità il suo dovere sociale con il coraggio di riconoscere la propria paura ma di fare di essa la forza motrice della propria azione.

Trasmettere le idee di Falcone significa, quindi, consentire che quelle idee continuino davvero a camminare su gambe altrui; questo l’impegno che Maria Falcone stessa ha assunto sulle sue spalle parlando ai giovani senza mai negare il proprio dolore, ma riconoscendo il valore di un messaggio che deve continuare a essere incarnato e trasmesso.

Capire non è perdonare, dice la Falcone e, ripetendo le parole del fratello Giovanni, aggiunge “l’interrogatorio è come una partita a scacchi, una partita tra intelligenze in cui va sempre rispettata la dignità dell’interrogato” sebbene questo non significhi dimenticare, ma anzi perseguire la via della giustizia e dell’onestà, nonostante la paura e la solitudine.

Il coraggio è nel non lasciarsi condizionare né dalla paura né dalla solitudine lasciando prevalere la consapevolezza del dovere che comporta essere dei cittadini ed essere responsabili di questo. Fare il proprio dovere, cioè sentirsi parte per essere degni di vivere la propria storia pienamente e con dignità. Questo è ciò che rende le persone eroi comuni e responsabili della propria parte nel quotidiano concreto.

La mafia nasce dal desiderio di regole che lo stato non riesce a dare, conclude Maria Falcone, lo stato disattende spesso il suo ruolo di tutela dei cittadini e accresce il disagio di quanti dal basso lottano per conquistare la giustizia e che fece dire a Giovanni Falcone “noi moriamo perché siamo soli”. Via la mafia dallo Stato per essere meno soli e per non morire soli… e forse un nuovo inizio comincia da qui.

di Loredana De Vita