Daniele De Santis ha deciso di rompere il silenzio che dura ormai da svariati mesi, da quel 3 maggio che ha cambiato la sua vita per sempre e distrutto quella di Ciro Esposito. Lo ha fatto inviando un fax (perché scrivere è più facile, permette di ordinare meglio le idee) alla Procura di Roma, in cui si lascia andare a una mezza confessione.
“Ho sparato perché ho avuto paura”. Gastone è crollato dopo mesi di silenzio trascorsi in ospedale, a cercare di guarire il corpo e l’anima da ferite per le quali, purtroppo, non sempre c’è una cura. “Sono stato coinvolto in una rissa” dice De Santis “ho temuto per la mia vita. Ho avuto paura e ho sparato. Ma non sono un mostro. La verità su quanto accaduto sta emergendo” scrive, in quelle due pagine in stampatello inviate agli inquirenti per evitare un nuovo interrogatorio, per il quale De Santis dice di non sentirsi pronto, essendo ancora molto provato sia fisicamente che psicologicamente.
Per la Procura comunque non cambia molto. La sua confessione è stata giudicata “sommaria e non particolarmente dettagliata”, insomma ininfluente ai fini delle indagini. Perché quello che De Santis ha scritto in questa lettera, chi indaga sulla morte di Ciro Esposito lo sapeva già. Gli inquirenti non hanno mai avuto dubbi. È sempre stato Daniele De Santis l’unico indiziato per la morte di Ciro. Nessuna attenuante. Non c’è perizia del Racis che tenga. È lui, solo lui, il (presunto) colpevole, anche se è ancora presto per dimostrarlo.
Ma c’è anche chi non crede alla confessione di Daniele De Santis, alla sua buona fede. Chi non considera quelle due pagine una confessione spontanea, fatta per redimersi, ma una manovra per “commuovere” l’opinione pubblica e influenzare il giudizio degli inquirenti, cercando di ottenere uno sconto sulla pena. Tra quelli che non si fidano c’è Antonella Leardi, la mamma di Ciro Esposito. “È solo una montatura, lui non ha mai avuto paura”. Antonella Leardi non ci crede, che De Santis possa aver sparato a suo figlio perché in preda al panico. Secondo lei si è trattato di un atto di consapevole violenza. Omicidio volontario, lo chiamano.
“Daniele De Santis stava provocando i tifosi napoletani lanciando fumogeni contro gli autobus che li stavano trasportando allo stadio Olimpico. Può dire ciò che vuole, ma ci sono dei testimoni oculari” (e c’è un video) “che hanno visto quello che ha fatto. E poi, non si ammazza una persona per paura”.
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