Michele, non è il primo, e forse non sarà nemmeno l’ultimo, che stanco di vivere una vita fatta di illusioni, di precariato, ha scelto il suicidio. Prima dell’estero gesto, compiuto il 31 gennaio scorso, ha scritto una lettera di rabbia, spiegando i motivi che lo hanno spinto a tanto, una lettera che i genitori ritrovato alcuni giorni dopo la morte del figlio e hanno consegnato al Messaggero Veneto per pubblicarla.
«Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza sì, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino», questo quanto scritto dal giovane Michele sul finire della sua lettera, dove trova spazio anche per un duro attacco al Ministro del Lavoro: «Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi».
Una lettera che ha toccato il cuore di tutti. E ieri fuori a Palazzo Giusso, Orientale di Napoli, è stato esposto uno striscione con su scritto: “Michele, 30 anni… la precarietà uccide, uccidiamo la precarietà!”. A pubblicare la foto dello striscione la pagina Facebook ‘Aula Flex Napoli’, che così commenta la morte del giovane grafico friulano: “Le parole di Michele sono come macigni, carichi di verità che la nostra generazione conosce bene, bruciano perché nessuno potrà dire a quest’uomo che ha torto. La nostra generazione vive una strage silenziosa fatta di suicidi, ansia, crisi di panico e depressione. Non abbiamo altra scelta o cambiamo tutti insieme questo mondo o sarà lui a renderci impotenti e capaci solo di annullare noi stessi per non essere complici di un sistema malato”.