“Ha detto se ne torni a Napoli. Nel 2015 siamo ancora a questo. Per fortuna che ci sono poche persone così. Peccato che hanno la divisa addosso”. La frase è da brividi, dall’inizio alla fine. Da quell’attacco diretto, razzista, perché tale è. Al ricordo di come nel 2015 si sia ancora a ciò. La sottolineatura di come possa arrivare da un appartenente alle forze dell’ordine è solo il colpo finale. Una sorta di colpo di grazia alle convinzioni di un’Italia unita, che però tale non è.
E’ ciò che succede a un uomo, napoletano, che a Milano viene fermato da un vigile. L’agente, però, all’atto di far valere il suo grado al momento di una richiesta di spiegazioni, non trova, stando alla testimonianza dell’automobilista, niente di meglio da dire se non un invito a ritornarsene nella sua città natale. “Io ho sbagliato, ma una persona educata si pone in maniera diversa, non dice ‘Qua comando io, non si fa come dici tu. Tornatene a Napoli’. Solo perché ha riconosciuto l’accento”.
E l’uomo ha anche pretese, nel pieno dei suoi diritti, che il vigile riportasse, nel verbale, questa sua dichiarazione. “Voglio dichiarare il fatto che hai detto: A Milano si fa come dico io. Tornatene a Napoli. E vaffanculo”. L’offesa finale, che, però, pesa meno e fa senza dubbio meno male dell’atto di razzismo.
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