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Mina Verde: un film sulla storia della ragazza torturata e bruciata dalla camorra

Sarà Fortunato Cerlino, l’attore che veste i panni di Don Pietro Savastano in Gomorra La serie, il protagonista del film sulla tragica storia di Mina Verde, torturata e bruciata durante la faida di Scampia il 22 novembre 2004 dagli uomini del clan Di Lauro che volevano sapere da lei dove si nascondesse uno Scissionista. Il progetto cinematografico è del Collettivo Mina, laboratorio nato a Scampia e in cui sono impegnati giovani ragazzi e vede come ideatore Gianluca Arcopinto. Il lavoro sarà diretto da Massimiliano Pacifico.

La vicenda di Mina fu raccontata anche all’interno della serie Gomorra. Durante e successivamente la messa in onda delle due puntate che raccontavano la vicenda, in molti si chiesero se, il fatto, fosse realmente accaduto o se fosse una vicenda inventata. Ma la storia di Gelsomina Verde è reale, non è, purtroppo, frutto dall’immaginazione dei registi o degli sceneggiatori di Gomorra e, per questo, va raccontata. Per non dimenticare, mai.

 

Mina Verde, la vera storia

Ugo De Lucia è il nome del killer del clan guidato, durante quegli anni, da Cosimo Di Lauro. Un mostro, e, “mostro“, era esattamente il soprannome affibbiato alla bestia che avrebbe assassinato Mina senza nessuna pietà.

È il 22 novembre 2004. Mina, Gelsomina Verde, ha ventidue anni, i capelli neri lisci, un sorriso grande, che mette allegria, che grida la voglia di vivere. Lavora in una fabbrica di pelletteria ed è una “brava ragazza”. Dopo un po’, forse proprio per quella sua voglia di vivere, perché non fa parte di quel mondo, decide di interrompere la sua relazione con Gennaro Notturno. Lo amava, Mina, voleva stare con lui, ma lui, Gennaro, era entrato a far parte del Sistema. Dopo un paio di lavoretti, aveva scalato la gerarchia e così la storia era finita. La vita di Gelsomina prenderà così una piega diversa. Finito il turno in pelletteria, Mina non va più da Gennaro, il volontariato diventa, invece, un appuntamento fisso. Aiuta anche gli ex detenuti. Uno di loro, Pietro Esposito, sarà quello che la tradirà.

Kojak, un soprannome affibbiatogli perché ha il cranio rasato come l’attore del telefilm. Trentott’anni, e una carriera da criminale intrapresa quando ne aveva sedici. Tentato omicidio, spaccio di droga, furto, ricettazione, detenzione di armi, rapina. Pietro Esposito finisce presto in carcere, non poteva andare diversamente, ma qualcosa cambia il 19 novembre del 2004. Pietro viene scarcerato grazie all’indultino. Il giudice spera che, lasciandolo libero, qualcosa possa cambiare, ma, chi è fedele al Sistema, non cambia e Pietro, non fa eccezione. Ci rientra subito Pietro nel Sistema e, il clan Di Lauro, ha già un lavoro per lui. Vogliono sapere dove si nasconde Gennaro Notturno che, con il fratello Vincenzo, è passato dalla parte di quelli che chiamano Scissionisti o Spagnoli, perché il loro capo si n’è andato in Spagna. Ma cosa c’entra Mina? Lei non ha più nulla a che fare con Gennaro, non si frequentano più, non hanno più nulla in comune o che li leghi, ma questo al clan non interessa. Loro sono sicuri che Gelsomina sappia dove sia Gennaro e devono trovare un modo per farla parlare. E allora qual’è il modo per convincerla a “collaborare” dato che, Mina, corre dalla parte opposta non appena intravede Ugo De Lucia? Il mostro non può nemmeno avvicinarsi a lei, ma Pietro si, loro sono amici e così lui la chiama, è uscito dal carcere, vuole vederla. Mina accetta, è felice, lui le tiene compagnia per un po’, poi va via. Tutto quello che accadrà dopo, sarà un “lavoro” per il “mostro”.

 

Mina Verde, le torture e l’omicidio del mostro

La tortura per ore, il killer del clan Di Lauro. Vuole sapere chi è questo Gennaro Notturno, che faccia ha, e vuole un indirizzo, un quartiere, un luogo, qualsiasi cosa che porti il clan da Gennaro. Mina, però, non lo sa dove sia Gennaro. O forse lo sa ma non vuole dirlo, lei e Gennaro si sono amati, sarà anche finita la loro storia, ma condannarlo a morte, questo no. Mina resiste. Resiste ai calci, ai pugni, alle sevizie. Resiste Mina a quella tortura impossibile anche solo da immaginare. Dopo aver visto le due puntate di Gomorra su Sky in cui viene raccontata la storia di Mina, il pm che indagò sul delitto le definisce “edulcorate“.

La storia di Mina, si conclude con un colpo di pistola alla nuca. Tutto quello che accadrà dopo, Gelsomina, non lo sentirà. Non saprà mai neppure che il mostro dopo la infilerà in una Fiat Seicento e brucerà il suo cadavere all’interno dell’auto per cancellare ogni traccia. A rendere la storia ancora più atroce ci sono due piccoli particolari: Gelsomina ha accudito i figli dell’uomo che l’ha tradita (Esposito) e ha fatto da baby sitter al nipote del suo carnefice (De Lucia).

Mina Verde, la confessione di Pietro Esposito e le condanne

Quattro giorni dopo, il 26 novembre 2004, i carabinieri fanno irruzione a via Parascandolo, rione Perrone, Scampia. Pietro Esposito, Kojak, viene arrestato e seduto davanti al pm Giovanni Corona, afferma: “Io con questa storia non c’entro nulla“. Dopo cinque giorni, il direttore del carcere di Poggioreale Salvatore Acerra telefona al magistrato: “Giovanni vieni, Esposito si è pentito“. Pietro Esposito, nella sala degli interrogatori, aspetta il pm. “Io sono solo un mariuolo, non un camorrista“. Racconta tutto, il pentito, il traditore, quell’uomo che Mina ha cercato di aiutare e che l’ha consegnata nelle mani del mostro. Solo che, quando il 7 dicembre polizia e carabinieri vanno ad arrestare Ugo De Lucia, il mostro è fuggito, prima che dalla giustizia, dalla vendetta degli Scissionisti. S’è rifugiato in Slovacchia. E lì, il 23 febbraio, la polizia lo troverà.

Lo fermano mentre rientra in albergo a Poprad. Ha ventisei anni, capelli rasati, jeans e giubbotto di pelle nera e lo sguardo perso nel vuoto. Non grida, il mostro. Lui che, invece, dopo ogni omicidio amava urlare “ho fatto un altro pezzo“. I pezzi sono i nemici eliminati. Sono persone. Il pezzo è anche Gelsomina Verde. Il resto, è storia giudiziaria. Il 4 aprile 2006 Ugo De Lucia viene condannato all’ergastolo, Pietro Esposito a 7 anni e 4 mesi (poi ridotti a 6 in appello) perché “non voleva uccidere la ragazza“. Il 12 dicembre 2008 condannano all’ergastolo anche Cosimo Di Lauro, accusato di essere il mandante dell’omicidio, e lo stesso Di Lauro risarcisce con 300.000 euro la famiglia di Gelsomina. La sentenza, però, viene ribaltata in appello, e il 12 aprile 2012 il boss viene definitivamente assolto.

Marco D’Amore, dopo aver vestito i panni del carnefice di Mina in Gomorra – La serie, ha affermato: “Ho sofferto profondamente a girare quella scena“. Perché, nonostante sia stata solo finzione, quella, nonostante sia stata una scena girata per una serie televisiva, l’orrore, la violenza, tutto ciò che hanno fatto a Mina, è stato reale e non basteranno nemmeno cento anni per dimenticare la vera storia di Gelsomina Verde.

 

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Redazione Desk

Questo articolo è stato scritto dalla redazione di Road Tv Italia. La web tv libera, indipendente, fatta dalla gente e con la gente.

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