“Mio figlio è gay? Lo devo curare!”: il difficile cammino verso la parità di genere

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"Mio figlio è gay? Lo devo curare!": il difficile cammino verso la parità di genere

Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, cogli l’occasione per comprendere” diceva qualche tempo fa un certo Pablo Picasso …

Ma perché la società tende ad escludere sia socialmente e sia lavorativamente l’omosessualità e attribuisce alla diversità solo negatività? Ripenso spesso a questi miei interrogativi, difficilmente posso trovare una risposta, il termine “diversità” rimanda sempre a qualcosa di negativo: tutto ciò che non conosciamo incute timore, e quindi spesso il diverso viene rifiutato solo perché non conosciuto. Ma cosa succede quando a discriminare è proprio la famiglia, quando l’odio cresce dentro le mura di casa? Le storie di non accettazione, sia palese che subdola, sono all’ordine del giorno. E’ di poco tempo fa un episodio di cronaca che mi ha lasciato senza parole: Il tribunale di Torino ha condannato i genitori di un ragazzo di 14 anni minacciato e punito perché colpevole di essere omosessuale. I fatti risalgono al 2020, quando il padre della vittima aveva scoperto, leggendo di nascosto il diario del figlio, questa sua “malattia”. Da quel giorno la vita del ragazzo era praticamente diventata un incubo, tra divieti e ordini da rispettare severamente per curare questa sua devianza, tra cui quella di avere forzatamente dei rapporti sessuali con donne o addirittura di non radersi la barba, simbolo di virilità. Assurdo ma vero. Tutto fino ad un paio di anni fa, quando il ragazzo si ribella parlandone con lo psicologo della scuola: da quel momento scatta l’allarme, fino ad arrivare al processo ed ora, per fortuna, alla condanna ( due anni per il padre e un anno e quattro mesi per la madre, rea di non essersi opposta al marito ). Immenso sarà stato il dolore di questo ragazzo, nel fiore della sua adolescenza, età critica per chiunque, nel sapere di non poter contare sul sostegno dei suoi genitori, coloro che dovrebbero essere la guida per un figlio ma che, a conti fatti, hanno rappresentato esclusivamente il suo trauma nel trauma. Per un genitore potrebbe essere difficile capire magari, abituato ad una mentalità “vecchio stampo” dove la normalità è esclusivamente ciò che è conforme ai canoni imposti dalla società e non dalla natura ( etero, bello, giovane, sano ), ma non per questo non deve accettare e addirittura provare a curare ciò che non è assolutamente una malattia! Un genitore ha il compito anzi di aiutare il figlio ad accettarsi e farsi accettare dalla società, capire e far capire che, alla fin fine, amare il proprio stesso sesso invece del sesso opposto, non rappresenta alcun reato. Null’altro si può fare se non continuare ad amare quel figlio con lo stesso amore che si è provato per lui fino a quel momento, e se è possibile bisogna amarlo ancora di più, perché fuori non è detto che per lui sarà sempre facile.

Al giorno d’oggi, in piena epoca moderna, chi vive una sessualità diversa dal canone imposto dalla tradizione, è costretto ancora a condurre una vita in salita, questo è un dato di fatto; la società, non tutta per fortuna, eredita da una cultura omofoba la convinzione che essere gay sia qualcosa di assolutamente sbagliato, innaturale e contrario alle norme del vivere comune … Ciò che manca a chi prova ostilità verso gli omosessuali è la solidarietà, la capacità di uscire dal proprio mondo di chiusura e di calarsi nei panni dell’altro, capire le differenze, ma anche le somiglianze, capire che l’altro è un nostro simile.