Dopo che era circolata la notizia della scomparsa dell’avvocato Maria Vecchione, nella serata di ieri è purtroppo arrivata la tragica notizia, del ritrovamento di un corpo di donna sull’asfalto privo di vita, nei pressi di un palazzo situato in via Don Mimì Galluccio, nei pressi della chiesa San Ludovico D’Angiò a Marano di Napoli. Corpo poi rivelatosi proprio quello della 40enne penalista, moglie di un carabiniere e madre di un bimbo di appena quattro mesi. Seconda una prima ricostruzione dei carabinieri, si tratterebbe di suicido.
Post di cordogliò su Facebook di Giorgio Varano, avvocato penalista e Responsabile della Comunicazione presso UCPI – Unione Camere Penali Italiane:
“Che la terra ti sia lieve, dolce Marinella.
Ci sono silenziose tragedie dell’animo, di cui veniamo a conoscenza solo in modo scioccante. La depressione è una malattia che ancora suscita vergogna nel comunicarla e spesso pelosa compassione nell’ascoltarla. Dobbiamo capire che è una malattia al pari delle altre, che può capitare a tutti, e che si può curare. Essere depressi non significa essere diventati uno scarto, inutili o peggio ancora dannosi per chi ci sta accanto, non significa essere meno validi degli altri, non significa essere deboli o tarati. Significa essere più sensibili, significa vivere più intensamente alcuni pensieri che tutti, proprio tutti, in qualche misura hanno, ma non riuscire a posarli ogni tanto da qualche parte, portandoli tutto il giorno sempre con sé. Tutti quanti sono capaci di alzare e abbassare una cassetta di sei bottiglie d’acqua. Nessuno di noi, invece, riuscirebbe a portare in mano una bottiglietta tutto il giorno, senza arrivare a sera con il braccio bloccato. La depressione è una malattia che non va sottovalutata o nascosta, ma affrontata non solo sotto il profilo clinico, ma anche sociale.
Quando ne soffre un avvocato, diventa ancora più difficile parlarne sia per lui, sia per chi gli sta accanto. Perché viviamo in un modo competitivo e anche molto eterogeneo, e tutto questo sta peggiorando vista la crisi economica e morale, e la difficoltà di immaginare il futuro (non un futuro, ma il futuro).
L’avvocatura ancora non ha la maturità di parlare pubblicamente della depressione, di riconoscerla come malattia professionale, di farne oggetto di incontri di studi e di dialogo, di creare veri strumenti di supporto. Occorre rendere questo argomento meno tabù.
Forse dovremmo iniziare ad affrontare questo argomento pubblicamente, chiedendo alle rappresentanze istituzionali e previdenziali di aiutarci ad iniziare un percorso pubblico su questa malattia, per sdoganarla, approfondirla, affrontarla, e combatterla, magari tutti insieme”.