Mi ero promesso di non guardare trasmissioni, ricordi, commemorazioni, ma semplicemente perché non avrei accettato di sentir parlare di Lui al passato. Credo sia da sempre un errore quando si parla di Michelangelo, di Beethoven, di Troisi al passato. E lo stesso vale per Lui. Poi sui social ho letto che qualcuno, in un momento di infinita tristezza per tre popoli era riuscito a cogliere anche questa occasione per schizzare fango, e questa volta contro chi pensavano non potesse più difendersi. E allora sono stato costretto ad accendere la tv, mi sono bastati pochi minuti per adottare una decisione che da più di trent’anni il Governo italiano non è riuscito a prendere. Oggi risolvo io: cancello Rete 4, Canale 5 e Italia 1!
Non voglio parlare di calcio con chi non ha visto giocare Diego con gli occhi di un napoletano o di un argentino e che non può capire cosa sia il Calcio perché non ha visto il goal di Diego ad Acerra. Voglio parlare di altro.
Cominciamo a parlare di Fisco. Chi fa giornalismo, prima di definire “evasore” un qualsiasi cittadino, dovrebbe documentarsi, magari dare prova delle accuse che hanno messo una nazione intera contro un uomo, fischiando l’inno di una nazione durante una finale di Coppa del Mondo. Quelle carte io le ho lette. Quei milioni di euro sono relativi ad un accertamento per tre giocatori del Napoli: Lui, Careca e Alemao, ai quali veniva contestato il mancato versamento dell’Irpef per un contratto che li legava alla società partenopea: attraverso società terze, i giocatori ricevevano dalla società dei corrispettivi per i diritti d’immagine, come avviene tutt’ora per tanti sportivi. Quei soldi furono considerati come stipendi extra dall’Agenzia delle Entrate, che aprì una verifica. Ai due brasiliani e alla società calcio Napoli le notifiche del fisco arrivarono nel 1994, la notifica a Lui non fu mai fatta. Sulla relata di notifica, l’ufficiale giudiziario scrisse: ”sloggiato” dall’appartamento e ”sconosciuto”! Cioè Diego Armando Maradona risultava “Sconosciuto”!
E in virtù di una notifica inesistente di un accertamento fiscale per tasse non dovute, un uomo, lasciamo stare per un attimo che sia Maradona, è stato perseguitato da 30 anni dal Fisco italiano e dagli italiani deficienti con gli occhi foderati di inutile odio, e trattato come un delinquente. Sì, la notifica non era neppure nulla, era inesistente! Così come quelle tasse non erano dovute, tant’è che in secondo e terzo grado, Careca, Alemao e la società calcio Napoli furono prosciolti ( il Napoli, intanto, era ormai fallito, ma questo è un dettaglio). La giustizia tributaria, infatti, per chi ebbe la possibilità di difendersi, appurò che i diritti d’immagine che ricevevano dalle società intermediarie non erano stipendi aggiuntivi versati dal Napoli. Lui, invece, che era già tornato in Argentina, non avendo ricevuto alcuna notifica dell’indagine, non poté fare ricorso. E così l’Ente di riscossione del nostro Paese, ha per anni sbandierato al mondo un presunto credito di 39 milioni di euro, di cui 11,4 per presunte tasse non pagate dall’85 al ’90, e i restanti 28 per more e interessi!
E per questo aborto metagiuridico Diego veniva fermato ogni volta che veniva in Italia, subendo delle vessazioni che non sono state pensate nemmeno per i peggiori criminali: tipo pignorargli l’orecchino in aeroporto, circondato da fotografi e telecamere. E si permettono di giudicare il gesto dell’ombrello di Diego nella trasmissione di Fazio? E dei cerebroscesi che ritagliano parole dal dizionario e le azzeccano a caso in frasi senza senso si vorrebbero permettere di giudicare il popolo partenopeo che fece il tifo per Napoli e non per l’Italia al San Paolo? Noi non facemmo il tifo per l’Argentina, precisiamolo, noi siamo italiani, noi facemmo il tifo per la nostra città, che in quel momento era rappresentata da Diego Armando Maradona, che insieme a noi, su ogni campo del Belpaese veniva apostrofato: “Coleroso”, “Terremotato”, “Terrone”. Ma non che noi ci sentissimo offesi dall’essere chiamati così, noi siamo orgogliosi di essere terroni, e purtroppo non è colpa nostra se siamo stati vittime di alcune calamità naturali o pestilenze, ma è il significato che danno a certe frasi chi ci accoglieva con gli striscioni “Benvenuti in Italia” e con i cori: “Senti che puzza…” che ci indigna da sempre e ci fa sentire prima napoletani e poi anche italiani. E ai tempi del liceo, nel fine settimana di Verona-Milan e Bologna-Napoli, ho visto bruciare la nostra bandiera sul balcone del nostro hotel a Verona.
E vogliamo parlare di doping? Con chi? Con quelli che celebrano la squadra che ha vinto l’unica Champions con i valori di ematocrito alti di tutta la rosa e che ha vinto diversi scudetti usando sostanze proibite che il medico sociale aveva comprato a spese sue, riempiendo la farmacia del suo club? Vogliamo parlare del processo in cui veniva condannato in primo grado solo il medico e poi alla fine la Cassazione era costretta semplicemente a costatare che “Era tutto prescritto”. No, non la creatina, e nemmeno, l’epo. Solo il processo. Vogliamo parlare di coca? Da dove vogliamo iniziare? Vogliamo fare l’elenco di tutti i calciatori delle altre squadre d’Italia e del mondo che l’hanno usata e continuano ad usarla? O vogliamo cominciare a fare una distinzione tra sostanze proibite che migliorano le prestazioni sportive, come l’eritroproietina, e quelle, come la cocaina, che le peggiorano? Il male, il signor Diego Armando Maradona lo ha fatto sempre e solo a se stesso. Un ragazzo venuta dal nulla si era ritrovato ad essere un personaggio di fama mondiale, circondato inevitabilmente anche da gente di merda. E, come tanti ragazzi, è caduto in un vortice dal quale è impossibile uscire fuori. Eppure lui ci era riuscito, dando un esempio almeno a quelli che neppure ci hanno mai provato. E quanti attori, musicisti, politici, imprenditori, avvocati sono entrati in quel maledetto tunnel o in quello dell’alcool? Nessuno si è mai permesso di giudicarli. E nessuno dovrebbe permettersi mai, perché all’inizio di ogni scelta del genere c’è sempre un problema grave di cui non sappiamo nulla e che non siamo in grado di commentare.
Per una sola cosa, per anni, non riuscivo ad assolvere Diego, ma neppure a condannarlo, perché da uomo e da avvocato sono abituato a parlare solo di ciò che conosco bene. Ma anche per quella vicenda amara, dopo tempo Diego ha capito il suo errore ed ha rimediato. Non conosciamo i motivi per cui non ha potuto farlo prima, quindi dovremmo semplicemente farci i fatti nostri. Se lo ha perdonato suo figlio e la madre di Diego jr, vuol dire che c’erano gli estremi per poterlo perdonare. E allora mi chiedo: chi siamo noi per poter giudicare un uomo che ha già pagato, uno per uno, tutti i suoi errori? Ma soprattutto mi chiedo: sentivate tutto questo bisogno di schizzare fango su un uomo in un giorno così? Avevate tutto questo odio compresso nei vostri fegati, solo perché quell’uomo ha indossato le maglie sbagliate, riuscendo a vincere con gli Invisibili contro i potenti? A proposito, solo una cosa voglio dire di calcio: smettetela di dire che ha vinto un campionato del mondo. Diego ne ha vinti due. Io me lo ricordo ancora il rigore che diedero alla Germania in finale. Chi diede quel rigore era un figlio de puta, come quelli che fischiarono il suo inno nazionale. A parlare di sportività possono essere solo quelli che appartengono a Paesi la cui capitale non si è resa protagonista di tale inqualificabile gesto. Ciao Diego, Dio ha bisogno di una mano!
di Gianni Puca
Gianni Puca
Giovanni Puca, detto Gianni, nasce a Casoria il 25 luglio del 1973, laureatosi in Giurisprudenza, presso l’Università di Napoli Federico II, esercita la professione di avvocato civilista, specializzato involontariamente in separazioni e divorzi. Da sempre appassionato di scrittura ispirato da paradossali esperienze professionali decide di essere l’autore di una commedia teatrale dal titolo Finché l’avvocato non vi separi, edita dalla Kairòs. Ma non sarà l’unica commedia infatti sciverà a quattro mani con Gino Rivieccio dal titolo “Intrigo al caravan petrol”. Autore inoltre di numerosi testi che spaziano “Io sono un altro” giallo noir a tinte rosa ambientato in una città tutta grigia, ai libri di favole per bambini (ed ex bambini) scrive” Il Principe Quasiazzurro e la password maledetta”. (Il Mattino)